Il cervello invechia perché la sua centrale produce meno energia

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Con l’età cala il rendimento delle centrali energetiche del cervello: spiegate così le demenze? Una nuova tecnica di studio cellulare ha permesso di individuare un difetto di produzione energetica nei neuroni anziani: potrebbe spiegare l’alta incidenza di demenze e malattie neurodegenerative in età avanzata.

Un ridotto rendimento dei mitocondri, le “centrali energetiche” delle cellule, potrebbe spiegare almeno in parte perché il cervello umano risulti così suscettibile a malattie legate all’età che avanza.

È la conclusione di uno studio del Salk Institute for Biological Studies (California), che si è avvalso di una nuova tecnica di coltura cellulare per constatare che i mitocondri dei neuroni anziani risultano meno efficienti nel convertire il cibo in energia chimica per le cellule. Questa condizione potrebbe esporre i neuroni ad alcune malattie neurodegenerative tipiche dell’anzianità, e spiegare perché il cervello, più di altri organi, diventi vulnerabile con il passare degli anni.

Una nuova tecnica. Il merito del lavoro pubblicato su Cell Reports sta nell’aver studiato quello che succede ai mitocondri che invecchiano naturalmente: di solito ci si limita, invece, a simulare l’invecchiamento esponendo le cellule a fonti di stress, e osservando ciò che accade. È noto che i mitocondri diventano meno efficienti con il passare degli anni, e che questo può favorire malattie tipiche dell’anzianità. Occorreva però un modo per studiare, nello specifico, l’evoluzione dei mitocondri nelle cellule nervose.

La maggior parte dei metodi usati per ricavare neuroni dalle cellule di un paziente passa attraverso uno stadio intermedio – quello delle cellule staminali pluripotenti indotte – che tuttavia “resetta” i marcatori cellulari legati all’invecchiamento. I ricercatori del Salk’s Laboratory of Genetics avevano in precedenza sviluppato una tecnica per ricavare neuroni direttamente dalle cellule della pelle (i “neuroni indotti”): questi mantengono intatti i segni legati al passare del tempo, come i cambiamenti dell’attività genetica o del nucleo cellulare.

 Mitocondri nel pieno delle forze e mitocondri ormai sfioriti: un'immagine concettuale. | Veronika Mertens
Mitocondri nel pieno delle forze e mitocondri ormai sfioriti: un’immagine concettuale. | Veronika Mertens

Motori usurati. Nel nuovo lavoro, i ricercatori si sono chiesti se anche i mitocondri avessero mantenuto queste tracce “di anzianità”. Hanno raccolto cellule della pelle da volontari di età compresa tra 0 a 89 anni  e ottenuto neuroni indotti per ciascun donatore. Quindi, hanno analizzato le caratteristiche dei loro mitocondri. Quelli delle cellule della pelle mostravano pochi cambiamenti dovuti all’età, ma in quelli dei neuroni da esse derivati, le differenze sono parse evidenti.

I mitocondri nei neuroni dei donatori più anziani mostravano difetti morfologici, genetici e funzionali. Erano meno densi, più frammentati nella struttura e avevano i geni deputati alla produzione di energia “disattivati”; in sostanza, producevano meno energia.

Per i ricercatori, i mitocondri neuronali sono più consumati di quelli della pelle perché le cellule nervose vi fanno più spesso ricorso, per soddisfare i loro – esosi – fabbisogni. «Se avete una vecchia auto con un motore malandato, che resta in garage tutto il giorno, poco importa», dice Jerome Mertens, tra gli autori. «Ma se con quell’auto dovete fare i pendolari, il motore diventa un grosso problema».

Prospettive. Il prossimo passo sarà utilizzare la stessa tecnica per studiare le cellule nervose di pazienti con malattie legate all’età, come quella di Alzheimer o di Parkinson: già in passato si è parlato di un possibile ruolo di mitocondri difettosi nella loro insorgenza. Raccogliendo cellule della pelle dai pazienti e trasformandole in neuroni indotti, si potrebbero confrontare i mitocondri delle loro cellule cerebrali con quelli di coetanei sani.

La risonanza magnetica di un cervello con Alzheimer.
La risonanza magnetica di un cervello con Alzheimer.
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