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Guerra di conti per la brexit, Londra ha 100 miliardi di debito con l’Europa

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Guerra di conti per la brexit, Londra ha 100 miliardi di debito con l'Europa
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Brexit ad alta tensione: “Per Londra nessuna punizione, ma dove onorare gli impegni finanziari”. E ora si parla di 100 miliardi. Michel Barnier illustra la bozza del suo mandato per la Ue di negoziare con Londra. Sullo sfondo la richiesta dei soldi che il Regno Unito dovrà versare ai 27. Finora si parlava di una cifra intorno ai 50, 60 miliardi di euro, ma il Financial Times ipotizza un conto molto più salato. Il negoziatore Ue: “Né castigo, né tassa, è solo questione di responsabilità”. Il ministro inglese incaricato delle trattative: “Pagheremo quanto legalmente dovuto, non quello che decide la Ue”.

Più che un negoziato, le prime schermaglie sulla Brexit sembrano già una guerra, a colpi di una battaglia al giorno. L’ultima è rivelata stamane dal Financial Times: in base a nuovi calcoli e indiscrezioni raccolti a Bruxelles, il quotidiano della City stima il “conto del divorzio” che la Gran Bretagna dovrà pagare all’Unione Europea in circa 100 miliardi di euro. Molto di più, in effetti quasi il doppio, dei 50-60 miliardi di euro indicati finora dal presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, e da altri negoziatori di Bruxelles.

La cifra che verrà richiesta a Londra considera la percentuale britannica di progetti a lungo termine concordati nell’ambito della Ue, il contributo del Regno Unito al pagamento di pensioni e benefici per i dipendenti dell’Unione e altre spese comuni. In pratica è appunto come se due coniugi, nel momento della separazione, decidessero chi deve pagare cosa a chi e quanto. La stima rivista al rialzo tiene conto in particolare di contributi per l’agricoltura che da soli aumenterebbero di 10-15 miliardi di euro il totale di quanto la Gran Bretagna dovrà versare alla Ue.
Si tratta di un punto cruciale del negoziato, perché insieme ad altre due questioni (i diritti dei 3 milioni di residenti europei nel Regno Unito e il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord) è la premessa per poter poi negoziare ogni ipotesi di futuri accordi commerciali privilegiati tra Londra e Bruxelles. In sostanza, la Ue ha già reso noto che non inizierà a discutere con il governo britannico dei futuri accordi commerciali fino a quando Londra non avrà risolto le questioni in sospeso. Significa, in pratica, che prima bisogna negoziare le condizioni di “uscita” del Regno Unito dalla Ue e solo a quel punto si tratterà sul rientro per quel che riguarda commerci, dazi e altre forme di cooperazione.
Non è la formula preferita da Theresa May. Per questo Juncker, dopo la “cena delle beffe” dei giorni scorsi a Downing Street, avrebbe detto – secondo indiscrezioni pubblicate da un giornale tedesco – che la leader conservatrice vive “in un’altra galassia” e che, dopo averla incontrata, si sente “10 volte più scettico” sulla possibilità di un accordo fra Ue e Gran Bretagna. Indiscrezioni a cui la premier britannica ha risposto alzando a sua volta il tono, avvertendo Juncker che lei sarà una negoziatrice “bloody difficult”, maledettamente difficile: ed è da tenere presente che, in inglese, il termine “bloody” è appena meno forte di “fucking”, del quale rappresenta spesso un sostituto un po’ più soft.
Ma da Bruxelles è giunta subito una risposta anche a questo: la Ue “vieterà” a May di negoziare con gli altri leader europei. Potrà farlo solo con Michel Barnier, il capo negoziatore europeo, anche lui presente alla cena a Downing Street, che oggi ha illustrato le linee generali del suo mandato negoziale. Precisando subito che “la somma che il Regno Unito dovrà pagare per uscire dall’Unione europea “non è un castigo né una tassa” ma risponde alla necessità che Londra rispetti gli impegni che ha assunto. “Sono stati presi degli impegni e si devono rispettare, è una questione di responsabilità”, così Barnier in conferenza stampa. .
E’ intanto uno dei negoziatori britannici, il ministro della Brexit David Davis, a rispondere a quanto pubblica il Financial Times: “Una cosa è certa, non pagheremo 100 miliardi di sterline”. Poi, su altri media, precisa: “Pagheremo quanto è ‘legalmente dovuto’, non ‘semplicemente ciò che l’Ue vuole'”. E il ministro britannico aggiunge: “Prendiamo sul serio sia i nostri diritti sia i nostri obblighi”, anche se “la Ue ha avviato la partita in modo “duro e ruvido”, ma non ha comunque ancora messo cifre ufficiali sul tavolo.
E il negoziato vero e proprio sulla Brexit, o meglio la guerra, non è nemmeno cominciato: inizierà formalmente solo dopo le elezioni anticipate britanniche del prossimo 8 giugno.

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