Il World Economic Forum di Davos ha sul tavolo il tema “Creare un futuro condiviso in un mondo frammentato” e sul vertice che riunisce la crema della finanza mondiale piombano i numeri dell’ong britannica Oxfam, una delle più autorevoli, sulle permanenti fratture tra ricchi e poveri. Sempre più ricchi i primi, sempre più poveri i secondi. Un trend che riguarda il mondo intero come l’Italia, sppure in proporzioni meno clamorose. Mentre i giovani socialisti preparano le proteste contro Donald Trump, Oxfam ci ricorda alla vigilia del Forum che l’1% più ricco della popolazione mondiale continua a possedere quando il restante 99%. Ma si arricchisce sempre di più: l’82% dell’incremento di ricchezza netta registrato nel mondo tra marzo 2016 e marzo 2017 è andato in tasca a questi Paperoni. Nemmeno un centesimo, invece, è finito alla metà più povera del pianeta, che conta 3,7 miliardi di persone. Il contrasto è evidente visto che, conti alla mano, ogni due giorni si registra l’arrivo di un nuovo miliardario.
“Ricompensare il lavoro, non la ricchezza”, è il titolo del report che utilizza i dati elaborati dal Credit Suisse tenendo conto di nuove informazioni che arrivano sui nuovi ricchi di Russia, Cina e India.
L’Italia è parte integrante della fotografia mondiale che vede contrasti. La ricchezza è sempre più concentrata in poche mani. A metà 2017 il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta, il successivo 20% ne controllava il 18,8%, lasciando al 60% più povero appena il 14,8% della ricchezza nazionale.
La sezione italiana dell’organizzazione, in vista delle elezioni politiche italiane, ha inviato una lettera ai candidati premier: un’indagine realizzata da Demopolis per l’organizzazione indica che il 61% degli italiani percepisce una crescita della disuguaglianza nel Paese. Per questo la lettera propone interventi su fisco, lavoro, spesa pubblica.
In Italia – è un’altro dei dati allarmanti – la quota di ricchezza dell’1% più ricco degli italiani supera di 240 volte quella detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. Il divario, poi, cresce. Nel periodo 2006-2016 la quota di reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuita del 28%, mentre oltre il 40% dell’incremento di reddito complessivo registrato nello stesso periodo è andato al 20% dei percettori di reddito più elevato. Così nel 2016 – gli ultimi dati confrontabili disponibili – l’Italia occupava la ventesima posizione su 28 paesi Ue per la disuguaglianza di reddito disponibile.
L’indice di Oxfam, in quest’ultimo rapporto, è puntato sul lavoro, sempre più sotto-retribuito e precario, pieno di abusi e rischi. Un dato rende bene il paradosso di un lavoro meno pagato della ricchezza. Nel settore dell’abbigliamento gli azionisti dei cinque principali “marchi” hanno riscosso nel 2016 dividendi per 2,2 miliardi di dollari: basterebbe un terzo di questa cifra per garantire un salario dignitoso a 2,5 milioni di vietnamiti che lavorano nello stesso settore, producendo un capo che magari ora stiamo indossando. Ma il divario è anche tra lavoro e lavoro: basta un giorno da amministratore delegato in Usa per guadagnare quanto un lavoratore della stessa compagnia in un solo anno. Proprio per questo, tra le proposte di Oxfam, c’è quella di porre un tetto ai superstipendi dei top manager per impedire che il divario superi il rapporto 20 a 1. Altra frattura, che rilancia il recente allarme dell’Onu, tra uomini e donne: le donne subiscono in media un divario retributivo del 23%, e questo vale per tutte le fasce di ricchezza se si pensa che 9 miliardari su 10 sono uomini. Inoltre sono loro a subire le maggiori vessazioni.
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