La storia della prima bolla speculativa di sempre. Scoppiò nel 1637 nei Paesi Bassi e non riguardò beni dotati di un particolare valore: è passata alla storia come la “febbre dei tulipani”.
Nel 1637 nei Paesi Bassi un bulbo di tulipani arrivò a costare l’equivalente di 4 buoi, o 8 maiali, o 12 pecore, o 2 botti di vino o 24 tonnellate di grano: un prezzo incredibilmente alto per un bene la cui unica funzione è quella di far nascere fiori decorativi.
In quegli anni però i tulipani erano di gran moda e c’era tantissima domanda, tanto che i bulbi diventarono un vero e proprio bene d’investimento: si creò un mercato organizzato, che ben presto diventò oggetto di speculazione e distorsioni; i prezzi dei bulbi aumentarono in modo insensato fino a che non “scoppiò” la prima bolla speculativa della storia.
Una bolla speculativa è un fenomeno che ha origine da una forte richiesta di un determinato bene o servizio, che ne causa un rialzo del prezzo così sostenuto da perdere nella maggior parte dei casi qualsiasi giustificazione razionale e aderenza alla realtà. La bolla poi “scoppia” quando – per motivi anche casuali, come nel caso di un’asta andata deserta nella storia della bolla dei tulipani – vari operatori si rendono improvvisamente conto che le quotazioni sono alte in modo assurdo e ingiustificato.
Decidono quindi di disfarsi del bene prima che i prezzi crollino e iniziano a vendere in massa il bene o il servizio su cui c’è stata speculazione. A quel punto si crea una sorta di panico nel settore: gli operatori sono disposti a vendere a qualsiasi prezzo pur di liberarsi dei beni e di limitare le perdite, e così le quotazioni calano rapidamente. Si chiamano bolle perché il valore di mercato cresce a dismisura finché non “scoppia”, proprio come una bolla.
Nonostante le bolle speculative più note della storia recente riguardino cose con un valore intrinseco più elevato, come quelle immobiliari e quelle finanziarie, la prima bolla della storia fu proprio quella del mercato dei tulipani dei Paesi Bassi, tra il 1636 e il 1637. Allora i tulipani avevano talmente successo che diventarono il quarto principale prodotto d’esportazione dopo il gin, le aringhe e il formaggio.
I tulipani non nascono come un prodotto tipico olandese: iniziarono a essere importati in Europa dalla Turchia nella seconda metà del 1500 e i Paesi Bassi divennero il principale distributore di bulbi di tulipani e di fiori nel continente.
Erano fiori di grande tendenza e diventarono subito molto richiesti negli ambienti nobili e borghesi: la domanda di nuovi fiori superò ben presto l’offerta perché i fiori avevano bisogno di tempo per crescere dal bulbo e sul mercato se ne trovavano sempre meno rispetto a quelli che venivano richiesti; gli esemplari più ricercati diventarono subito esclusivi e le quotazioni salirono molto.
I Paesi Bassi allora erano un paese la cui economia stava crescendo e sviluppandosi molto rapidamente, grazie anche a una florida rete commerciale marittima verso le Indie orientali, termine con cui si indicavano i paesi del Sud Est asiatico. Ben presto questa “febbre dei tulipani” – come chiamano gli storici l’enorme domanda di tulipani di quel periodo – coinvolse non solo gli intenditori e gli esperti più ricchi, ma anche i semplici commercianti che cercavano opportunità di investire i buoni guadagni che stavano iniziando ad avere grazie ai loro affari. Si svilupparono così aste sistematiche e organizzate.
Comprare un bulbo di tulipano iniziò a essere considerato come un solido investimento, dato che avrebbe in futuro generato nuovi fiori, che sarebbero poi stati venduti a un buon prezzo sul mercato, vista l’enorme richiesta. Si sviluppò anche l’abitudine di prenotare in anticipo dai coltivatori i bulbi ancora in terra: l’acquirente stipulava con il venditore un contratto con cui si impegnava a comprare alla scadenza i tulipani a un prezzo prefissato.
Senza esserne consapevoli stavano facendo i primi investimenti in titoli derivati, in particolare in titoli che oggi in gergo finanziario si chiamano future: negoziavano di fatto diritti sui bulbi e il diritto di comprare a un determinato prezzo i tulipani che sarebbero nati. Questa pratica permise di allungare il periodo delle compravendite dai mesi estivi a tutto l’anno.
Ben presto si creò un mercato secondario di questi contratti e iniziò la speculazione: dato che la consegna fisica dei tulipani avveniva dopo mesi, i fioristi e commercianti si sentirono liberi di iniziare a vendere e a comprare questi contratti già stipulati. Si crearono quindi lunghe catene di impegni di cui si faticava persino a capire l’origine. Gli acquisti di questi contratti avvenivano solo in termini speculativi per poter lucrare sui costanti aumenti dei prezzi: le aspettative di continui guadagni continuarono a “drogare” il mercato, i prezzi crescevano senza interruzione e ben presto iniziarono a essere totalmente sconnessi dalla realtà.
Si arrivò addirittura a vendere immobili per poter acquistare i diritti sui bulbi più grandi e pregiati, come racconta in una famosa scena anche Gordon Gekko, lo spregiudicato operatore finanziario interpretato da Michael Douglas nel film Wall Street – Il denaro non dorme mai.
La bolla dei tulipani ebbe il suo culmine il 5 febbraio 1637: durante un’asta nella cittadina olandese di Alkmaar centinaia di lotti di bulbi furono venduti per 90 mila fiorini (l’equivalente di circa 5 milioni di euro, secondo una ricostruzione della Consob, l’organo italiano di vigilanza dei mercati finanziari). In media ciascun bulbo fu venduto a un prezzo pari al reddito di oltre un anno e mezzo di un muratore dell’epoca.
Dopo quel giorno la bolla si sgonfiò. Come nel caso della maggior parte delle bolle speculative, bastò relativamente poco perché gli investitori si rendessero conto dell’insensatezza dei prezzi dei tulipani: ad Haarlem – una cittadina olandese poco fuori Amsterdam – un’asta di bulbi andò deserta e da quel momento gli investitori iniziarono a vendere spinti dal panico che il mercato crollasse e dal timore di perdere i soldi che avevano investito.
Il mercato dei tulipani effettivamente crollò del tutto: chi aveva acquistato i bulbi attraverso i contratti si ritrovò vincolato a pagarli una cifra molto più elevata dei valori reali del momento; ne trassero vantaggio i contadini che li avevano piantati, che fecero profitti molto alti con dei bulbi che ormai non valevano quasi più nulla.
A prescindere dall’oggetto, ciò che accumuna le bolle speculative è l’irrazionalità del comportamento degli operatori, che pur di guadagnare si illudono che il prezzo di un bene o un servizio continuerà a crescere all’infinito, fino a raggiungere un livello totalmente ingiustificato. A questa fase, poi, segue sempre il panico tra gli investitori, che si rendono improvvisamente conto che le quotazioni sono troppo alte, come quasi se si risvegliassero da un sogno.
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