Il primo ministro inglese esclude qualunque parziale associazione con l’Europa e punta a un negoziato che punti a un rapporto “tra uguali, fra una Gran Bretagna Globale, indipendente e sovrana, e i nostri amici e alleati della Ue”. E lancia una velata minaccia: “Se ci punirete abbasseremo imposte e attireremo investimenti”.
Fuori dall’Unione Europea, fuori dal mercato comune, fuori da tutto. E’ l’intenzione di Theresa May per il negoziato con la Ue che comincerà a fine marzo: una “hard Brexit”, una Brexit dura, anzi durissima. “Non vogliamo nessuna parziale appartenenza alla Ue, nessuna associazione con la Ue, niente che ci lasci metà dentro, metà fuori”, ha detto il primo ministro britannico nell’atteso discorso di oggi sui suoi obiettivi per la trattativa con Bruxelles.
“Non vogliamo adottare un modello già adottato da altri paesi”, ha affermato: quindi niente modello Norvegia (fuori dalla Ue ma dentro il mercato comune), modello Svizzera (una forma di associazione al mercato comune) o modello Turchia (fuori dal mercato ma dentro l’unione tariffaria doganale). “Non vogliamo mantenere dei pezzi di Ue, nel momento in cui la lasciamo”, ribadisce la premier una volta per tutte. Anche se poi, quasi all’ultimo lascia aperta la porta di un accordo sulle merci senza dogana, simile a quello turco. E il discorso contiene una notizia inattesa: l’impegno a sottoporre l’accordo finale con la Ue, prevedibilmente fra un paio d’anni, nella primavera 2019, al termine della trattativa, a un voto del parlamento britannico. Che, in teoria, potrebbe bocciare l’accordo e lasciare tutto com’è. Ma lei non è preoccupata: “Il parlamento ha votato per indire il referendum, ha votato per iniziare il negoziato sulla Brexit, sono certa che voterà anche per realizzare la volontà popolare di uscire dalla Ue”.
Ci sarà dunque la ricerca di un accordo con la Ue fatto su misura per il Regno Unito, la cui aspirazione è quella di creare una “Global Britain”, una Gran Bretagna globale, “il migliore amico dei nostri partner europei, ma che cerca amici, rapporti e alleati oltre i confini dell’Europa, nel mondo”. Questo, secondo Theresa May, è il mandato conferitole dal referendum del giugno scorso, in cui il popolo britannico ha votato “per il cambiamento, per uscire dall’Unione Europea e per abbracciare il mondo”. E ha così votato, aggiunge la premier, “con gli occhi aperti, consapevole che la strada da fare sarà talvolta incerta, ma convinto che conduca a un brillante futuro per i nostri figli e i nostri nipoti”. Compito del governo, osserva May, “è realizzare questa volontà e questo significa qualcosa di più che semplicemente negoziare una nuova relazione con la Ue, significa chiederci che tipo di paese vogliamo essere”.
La sua risposta è priva di dubbi: “Un Regno Unito sicuro, prospero, tollerante, un magnete per i talenti internazionali e una casa per innovatori e pionieri”. Il fatto che il voto per la Brexit abbia prevalso 52-48 per cento, riflettendo di fatto un paese diviso a metà, non pare avere troppo rilievo per la donna che ha preso il posto di David Cameron e considera Margaret Thatcher la sua eroina. La premier non vede le divisioni: “Il paese si sta unendo”, sostiene. Di diverso avviso l’opposizione, i liberaldemocratici già protestano che il referendum non conteneva alcuna domanda sull’uscita dal mercato comune. “Il nostro voto per uscire dall’Unione Europea non è un rifiuto dei valori che condividiamo con l’Europa”, prosegue May. “La decisione di andarcene dall’Europa non rappresenta un desiderio di essere più distanti da voi, che siete i nostri amici e i nostri vicini. Continueremo a essere partner affidabili alleati disponibili e buoni amici. Vogliamo comprare le vostre merci e che voi compriate le nostre, commerciando con voi nel modo più libero possibile”. Ma perseguendo “una nuova partnership tra uguali, fra una Gran Bretagna Globale, indipendente e sovrana, e i nostri amici e alleati della Ue”.
Nel discorso di stamane il primo ministro ha elencato 12 priorità per il negoziato con Bruxelles con cui realizzare “una nuova, costruttiva, equa partnership con la Ue”, guidata da 4 principi chiave: certezza e chiarezza; una Gran Bretagna più forte; una Gran Bretagna più giusta; una Gran Bretagna veramente globale”. Le priorità includono: controllo dell’immigrazione, uscita dalla Corte di Giustizia Europea, mantenimento dell’unità nazionale britannica e il diritto per i 3 milioni di europei residenti in Gran Bretagna di restarci a tempo indeterminato, così per il milione e mezzo di cittadini britannici residenti in Europa. E ha chiuso con una velata minaccia: “Se in Europa qualcuno vuole punirci per l’uscita dalla Ue, attenzione, sarebbe un errore innanzi tutto per l’Europa, noi cambieremmo modello economico, abbasseremmo le imposte, attireremmo investimenti”. Quasi un ricatto all’Europa: se ci maltrattate, diventeremo un paradiso fiscale appena al di là della Manica..
Naturalmente, la “Global Britain” che non vuole mantenere neanche “un pezzetto” di Ue è solo la posizione iniziale di Downing Street in un negoziato che durerà due anni. Fattori esterni potranno modificarla: come la sentenza della Corte Suprema sul diritto del parlamento britannico di dire la sua (attesa per i prossimi giorni), l’ipotetico voto del parlamento medesimo, peraltro riaffermato da May, l’andamento dell’economia (in dicembre l’inflazione è salita all’1,5 per cento rispetto all’1,2 di novembre) possibili elezioni anticipate a livello nazionale. Intanto le elezioni anticipate ci saranno in Irlanda del Nord, il 2 marzo, e già quelle potrebbero influire sugli umori di Londra riguardo all’Europa. Ma per ora Theresa May pronuncia un addio alla Ue senza “se”, senza ma” e senza rammarichi, fiduciosa di poter costruire una “nazione globale, forte, rispettata nel mondo e unita in casa propria”. Vedremo se sarà ancora fiduciosa alla fine della trattativa.
Trump elogia Brexit, Rampini: “America rema contro Ue, e fa un regalo a Putin”
Lascia un commento