Vita estrema sulla Terra? Il segreto di Danakil

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Nella depressione vulcanica di Danakil un gruppo di ricercatori ha scoperto che ci sono almeno tre ecosistemi estremi che possono aiutarci a capire come potrebbe formarsi la vita su altri pianeti o magari su lontane lune. I microbi estremofili interessano particolarmente gli astrobiologi perché eventualmente potrebbero sopravvivere anche su suoli ostili come quello di Marte o Titano.

Sistema idrotermale nella depressione di Danakil. I depositi di colore giallo sono una varietà di solfati e le aree rosse indicano depositi di ossidi ferrosi. Crediti: Felipe Gomez/Europlanet 2020 RI

Sistema idrotermale nella depressione di Danakil. I depositi di colore giallo sono una varietà di solfati e le aree rosse indicano depositi di ossidi ferrosi. Crediti: Felipe Gomez/Europlanet 2020 RI

E chi l’ha detto che per studiare i pianeti bisogna per forza inviare astronauti nello spazio o utilizzare potenti telescopi! A volte basta guardare nel proprio “giardino” per trovare le risposte. E così molti gruppi di ricerca si recano nei posti più estremi della Terra per studiare come sia nata (chissà) la vita su Marte. Una delle regioni recentemente studiate si trova tra l’Etiopia e l’Eritrea ed è una delle località più ostili nonché scenografiche e mozzafiato al mondo. Parliamo della depressione vulcanica di Danakil, dove – pensate! – la temperatura è talmente elevata (42° di giorno e 30° di notte) che l’acqua che sgorga dal sottosuolo arriva quasi a ebolizone. Questa zona dell’Africa è particolarmente affascinante per le sue distese saline dai colori sgargianti, ma la zona è più che mai invivibile viste le elevate concentrazioni di vapori di cloro e zolfo nell’aria.

Un gruppo di ricercatori (tra geologi e biologi) ha scoperto che proprio in questa zona ci sono almeno tre ecosistemi estremi che possono aiutarci a capire come potrebbe formarsi la vita su altri pianeti o magari su lontane lune. Secondo gli esperti i microrganismi che vivono qui sono microbi estremofili che interessano particolarmente gli astrobiologi perché si tratta di organismi che eventualmente potrebbero sopravvivere anche su suoli ostili come quello di Marte o Titano (la luna più grande di Saturno).

Un ricercatore mentre raccoglie campioni dalle piscine di acqua ricche di rame e depositi di solfato. Crediti: Felipe Gomez/Europlanet 2020 RI

Un ricercatore mentre raccoglie campioni dalle piscine di acqua ricche di rame e depositi di solfato. Crediti: Felipe Gomez/Europlanet 2020 RI

Tra i ricercatori della spedizione anche Barbara Cavalazzi, docente di astrobiologia all’Università di Bologna. La missione aveva tre obiettivi principali: caratterizzare la geologia, la geomorfologia e la composizione geochimica di questa regione; cercare diversi ambienti metabolici in cui le popolazioni batteriche possano aver proliferato; estrarre il DNA da eventuali batteri per sviluppare un modello metabolico. All’inizio di aprile, il team ha utilizzato diverse stazioni in tutto il sito per misurare una serie di parametri fisici e chimici, tra cui il pH, la temperatura, l’umidità e le concentrazioni di ossigeno. Il team ha anche raccolto campioni di batteri e testato una nuova tecnica per l’estrazione del DNA.

Felipe Gómez Gómez del Centro de Astrobiologia (INTA-CAB) di Madrid ha guidato la missione e ha detto: «Dopo aver analizzato i minerali, sapremo di che tipo di materiali e batteri si tratta e saremo in grado di identificare i siti più interessanti per studi di astrobiologia. Ora stiamo iniziando l’analisi dei nostri campioni e stiamo programmando una nuova spedizione».

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