
NEL 2050, secondo le previsioni della Ellen MacArthur Foundation, il peso della plastica nei mari supererà quello dei pesci. E l’Italia è sul podio degli inquinatori mediterranei: siamo al terzo posto, dopo Turchia e Spagna. Gettando in mare 90 mila chili giornalieri di rifiuti di plastica, diamo un buon contribuito alle 700 tonnellate di rifiuti di plastica che si accumulano quotidianamente nel Mediterraneo.
L’80 per cento del flusso continuo di buste, bottiglie, cassette, flaconi, tappi viene portato a mare dai fiumi. Una proposta per arginare questa invasione è stata presentata da Castalia – il consorzio che lavora alla salvaguardia del mare in convenzione con il ministero dell’Ambiente – a Ecomondo, alla Fiera di Rimini.
Il sistema brevettato da Castalia è costituito da una barriera in polietilene che intrappola e raccoglie la plastica galleggiante: non comporta problemi per le specie vegetali e animali e può restare attivo per lunghi periodi. “E’ uno strumento selettivo”, spiegano i tecnici del consorzio, “studiato per ridurre l’input di plastiche trasportate dai fiumi senza alterarne la portata e la velocità delle acque e senza interferire con il passaggio dei pesci e dei detriti fluviali”.
Secondo uno studio di Nature pubblicato nel giugno 2017, tra 1,15 e 2,41 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica vengono scaricati ogni anno dai corsi d’acqua negli oceani. I 20 fiumi più inquinanti rappresentano il 67 per cento del totale globale del flusso di plastica in mare. Un flusso che rappresenta una grave minaccia per la biodiversità perché molti animali marini inghiottono plastica scambiandola per cibo. E anche per la nostra salute perché la plastica, spesso carica di contaminanti, può risalire la catena alimentare fino ad arrivare alla nostra tavola.
Un’altra tecnologia per sbarazzarsi della plastica che invade il paesaggio è annunciata in un libro sull’economia circolare scritto da un imprenditore, Luca Dal Fabbro, e presentato oggi a Ecomondo: “L’economia del girotondo”. Si tratta di un sistema basato sulla pirolisi, un processo di trasformazione termica in assenza di ossigeno, dunque senza combustione e senza emissioni inquinanti: consente di trasformare la plastica in idrocarburi liquidi simili al cherosene e al diesel. Il carburante prodotto in questo modo – scrive Dal Fabbro – costa il 50 per cento in meno rispetto a quello che si può comprare dalle raffinerie e si possono utilizzare tutte le plastiche tranne quelle clorurate. A livello globale una decina di aziende ha impianti dimostrativi o commerciali che utilizzano questo sistema. In Italia i primi impianti verranno costruiti il prossimo anno da Grt Group, un’azienda svizzera specializzata in energie rinnovabili e trattamento delle acque.
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