I batteri sulla Stazione spaziale internazionale stanno mutando. L’analisi del genoma svela come i microrganismi si stiano adattando alla vita in orbita, rafforzando anche alcuni tratti patogenici.
Ovunque ci siano essere umani ci sono anche batteri. Ce li portiamo dietro, è inevitabile. Ed è così che microrganismi che si sono evoluti con noi sulla Terra hanno “conquistato” anche lo Spazio, e si stanno adattando.
Lo confermano le ricerche degli scienziati del Jet propulsion laboratory della Nasa, che da un decennio circa raccolgono e analizzano campioni dalla Stazione spaziale internazionale (Iss) per monitorare i cambiamenti e assicurarsi che non ci siano minacce per gli astronauti in orbita. Ecco cosa hanno scoperto finora.
Batteri a confronto
I ricercatori hanno isolato molte specie batteriche dai campioni prelevati in diversi ambienti della Iss – specie che, ovviamente, esistono anche sulla Terra. Mettendo il materiale genetico a confronto, però, hanno notato che i microbi che hanno vissuto nella bassa orbita terrestre si stanno differenziando dai loro parenti sul pianeta natale, sviluppando adattamenti che li aiutano a sopravvivere in condizioni estreme.
Nel loro ultimo lavoro, Kasthuri Venkateswaran e colleghi hanno studiato specie batteriche scoperte sulla Iss di recente, in particolare Microbacterium mcarthurae, Microbacterium meiriae, Paenibacillus vandeheii, Arthrobacter burdickii e Leifsonia williamsii. Questi microbi – sostengono i ricercatori – hanno sviluppato caratteristiche comuni tra di loro, ma diverse da quelle degli stessi batteri sulla Terra.
Si sono adattati alla vita nello Spazio modificando alcune proteine così da renderle più funzionali in condizioni di microgravità e il loro sistema di riparazione del dna è più attivo per contrastare gli effetti dell’aumentata esposizione alle radiazioni. Inoltre, gli scienziati hanno osservato la presenza di elementi genetici mobili che ne hanno migliorato il metabolismo.
I batteri spaziali mutanti sono una minaccia?
A destare in modo particolare l’attenzione degli esperti, però, è il fatto che nelle specie batteriche vissute sulla Iss siano emersi tratti genetici collegati a potenzialità patogene: alcuni geni associati alla virulenza (come quelli che aiutano a eludere o danneggiare il sistema immunitario) sono più attivi. In più, sembra che i microbi spaziali siano in grado di costituire dei biofilm sulle superfici della Iss – capacità che li rende più resistenti ai disinfettanti e agli antibiotici.
Se ad oggi ciò rappresenti un rischio concreto per la salute degli astronauti non è ancora chiaro (non c’è comunque nessun allarme), ma si conferma come studiare gli adattamenti dei microbi allo Spazio sia di estrema importanza in previsione di viaggi spaziali di lunga durata. Innanzitutto ora siamo consapevoli come sia necessario mettere in pratica azioni più incisive per prevenire la proliferazione dei batteri sulle superfici (per esempio controllare meglio l’umidità degli ambienti sulla Iss); poi, quelle stesse mutazioni potrebbero diventare bersaglio per nuovi farmaci, qualora i batteri modificati si rivelassero un rischio per la salute.
Ma – concludono gli scienziati – potremmo anche scoprire che questi superbatteri sono una risorsa.
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