L’intelligenza planetaria che salverà la Terra, il nostro pianeta è nella fase di tecnosfera immatura. Tre scienziati, tra cui un astrofisico, spiegano perché l’intelligenza planetaria è necessaria per affrontare questioni globali come il cambiamento climatico.
Il quadro delineato può risultare utile anche per comprendere i possibili percorsi dell’evoluzione a lungo termine dei pianeti abitati, compreso ciò che potrà accadere alla vita sulla Terra e le caratteristiche dell’evoluzione intelligente su altri mondi. Tutti i dettagli su International Journal of Astrobiology.
Ogni attività vitale sul pianeta – da quella dei microbi, delle piante o degli animali – ha contribuito e contribuisce a cambiare il pianeta stesso. Con la fotosintesi le piante hanno “inventato” un modo per migliorare la loro sopravvivenza, ma così facendo hanno rilasciato ossigeno che ha cambiato le funzionalità del nostro pianeta. Questo è solo un esempio semplice di come forme di vita individuali, svolgendo i propri compiti, collettivamente hanno avuto un impatto su scala planetaria.
Adam Frank della University of Rochester, David Grinspoon del Planetary Science Institute e Sara Walker dell’Arizona State University hanno pubblicato su International Journal of Astrobiology i risultati di un “esperimento mentale” che combina l’attuale conoscenza scientifica della Terra con domande di più ampio respiro, come ad esempio il modo in cui la vita e la tecnologia alterano un pianeta. Nell’articolo, i ricercatori discutono di quella che chiamano intelligenza planetaria – ossia l’idea di un’attività cognitiva collettiva che opera su scala planetaria – per sollevare nuove idee sui modi in cui gli esseri umani potrebbero affrontare questioni globali come il cambiamento climatico.
Convenzionalmente, l’intelligenza è vista come una proprietà degli individui. Tuttavia, è noto che esiste anche un’intelligenza collettiva. Ecco, gli autori hanno allargato l’idea di intelligenza collettiva, estendendola a scala planetaria. In particolare, hanno considerato i modi in cui l’apparizione dell’intelligenza tecnologica può rappresentare una sorta di transizione su scala planetaria, e quindi potrebbe essere vista non come qualcosa che accade a un pianeta bensì del pianeta stesso.
L’approccio parte dal presupposto che la scala corretta per comprendere gli aspetti chiave della vita e della sua evoluzione sia quella planetaria, in contrapposizione alla più tradizionale focalizzazione sulle singole specie. Gli autori hanno esplorato i modi in cui il concetto può rivelarsi utile per tre domini distinti: sistemi terrestri e studi sugli esopianeti, Antropocene e studi di sostenibilità, e lo studio delle firme tecnologiche e della ricerca di vita extraterrestre intelligente (Seti), arrivando alla conclusione che esplorare le possibilità dell’intelligenza planetaria può rivelarsi un utile quadro per comprendere i possibili percorsi dell’evoluzione a lungo termine dei pianeti abitati, compreso ciò che potrà accadere alla vita sulla Terra.
Frank, Grinspoon e Walker hanno attinto le loro idee dall’ipotesi Gaia, formulata per la prima volta nel 1979 dallo scienziato James Lovelock, secondo la quale gli organismi viventi sulla Terra interagiscono con le componenti inorganiche circostanti per formare un complesso sistema sinergico e autoregolante che aiuta a mantenere e perpetuare le condizioni per la vita sul pianeta, per spiegare che anche specie non tecnicamente capaci possono mostrare intelligenza planetaria. La chiave è che l’attività collettiva della vita crea un sistema che si automantiene.
Ad esempio, spiega Frank, molti studi recenti hanno mostrato come le radici degli alberi in una foresta si collegano tramite reti sotterranee di funghi note come reti micorriziche. Se una parte della foresta necessita di nutrienti, le altre parti inviano alle parti stressate i nutrienti di cui hanno bisogno per sopravvivere, attraverso la rete micorrizica. In questo modo, la foresta mantiene la propria vitalità.
In questo momento, la nostra civiltà è ciò che i ricercatori chiamano una tecnosfera immatura, ossia un conglomerato di sistemi e tecnologie generati dall’uomo che sta avendo un impatto diretto sul pianeta ma che non è in grado di automantenersi. Per esempio, la maggior parte del nostro consumo energetico comporta il consumo di combustibili fossili che degradano gli oceani e l’atmosfera terrestre.
La tecnologia e l’energia che consumiamo per sopravvivere stanno distruggendo il nostro pianeta, che a sua volta distruggerà la nostra specie. Per sopravvivere come specie, dobbiamo lavorare collettivamente nel migliore interesse del pianeta. Purtroppo, afferma Frank, «non abbiamo ancora la capacità di rispondere collettivamente nel migliore interesse del pianeta. C’è intelligenza sulla Terra, ma non c’è intelligenza planetaria».
Per illustrare come l’intelligenza planetaria potrebbe svolgere un ruolo nel futuro a lungo termine dell’umanità, i ricercatori ipotizzano quattro fasi del passato e del possibile futuro della Terra, e mostrano come queste fasi dell’evoluzione, guidate dall’intelligenza planetaria, possano essere una caratteristica di qualsiasi pianeta nella galassia, nel quale si stia evolvendo la vita e una civiltà tecnologica sostenibile.
Fase 1 – Biosfera immatura: caratteristica della Terra primordiale, miliardi di anni fa e prima dell’avvento di una specie tecnologica, quando erano presenti i microbi ma la vegetazione non si era ancora formata. Esistevano pochi meccanismi di retroazione a livello globale – il meccanismo mediante il quale i sistemi dinamici sono in grado di rinviare al punto di inizio di un processo ciclico un’informazione sul processo stesso che possa essere utilizzata per migliorarlo o correggerne l’andamento – perché la vita non aveva influenza sull’atmosfera terrestre, sull’idrosfera e su altri sistemi planetari.
Fase 2 – Biosfera matura: caratteristica della Terra, anche prima dell’avvento di una specie tecnologica, da circa 2.5 miliardi a 540 milioni di anni fa. Si formarono continenti stabili, si svilupparono vegetazione e fotosintesi, si accumulava ossigeno nell’atmosfera ed emerse lo strato di ozono. La biosfera in questa fase ha esercitato una forte influenza sulla Terra, forse aiutando a mantenere l’abitabilità.
Fase 3 – Tecnosfera immatura: caratteristica della Terra in questo momento, con sistemi interconnessi di comunicazione, trasporto, tecnologia, elettricità e computer. La tecnosfera è ancora immatura, tuttavia, perché non è integrata in altri sistemi terrestri, come l’atmosfera. Estrae materia ed energia dai sistemi terrestri in modi che porteranno a un nuovo stato che probabilmente non include la tecnosfera stessa. In altre parole, la nostra attuale tecnosfera, a lungo termine, sta lavorando contro sé stessa.
Fase 4 – Tecnosfera matura: quello a cui la Terra dovrebbe puntare per rimanere tale anche nel futuro, con sistemi tecnologici che agiscono a beneficio dell’intero pianeta, inclusa la raccolta di energia a livello globale in forme che non danneggiano la biosfera. La tecnosfera matura è quella che si è co-evoluta con la biosfera in una forma che consente sia alla tecnosfera che alla biosfera di prosperare.
«I pianeti si evolvono attraverso stadi immaturi e maturi e l’intelligenza planetaria è indicativa di quando un pianeta arriva alla maturità», dice Frank. «La domanda da un milione di dollari è capire che aspetto ha l’intelligenza planetaria e che cosa significa per noi in pratica, perché non sappiamo ancora come passare a una tecnosfera matura».
Sebbene non sappiamo come potrebbe manifestarsi l’intelligenza planetaria, i ricercatori osservano che una tecnosfera matura implica l’integrazione dei sistemi tecnologici con la Terra attraverso una rete di circuiti di retroazione che costituiscono un sistema complesso. In parole povere, un sistema complesso è qualsiasi cosa costruita da parti più piccole che interagiscono in modo tale che il comportamento generale del sistema dipenda interamente dall’interazione. Esempi di sistemi complessi includono le foreste, Internet, i mercati finanziari e il cervello umano.
Per sua stessa natura, un sistema complesso ha proprietà completamente nuove che emergono quando i singoli pezzi interagiscono. È difficile discernere la personalità di un essere umano, per esempio, solo esaminando i neuroni nel suo cervello. Ciò significa che è difficile prevedere esattamente quali proprietà potrebbero emergere quando gli individui vanno a formare un’intelligenza planetaria. Tuttavia, un sistema complesso come l’intelligenza planetaria, secondo i ricercatori, avrà due caratteristiche distintive: un comportamento emergente e dovrà automantenersi.
«La biosfera ha scoperto come ospitare la vita da sola miliardi di anni fa, creando sistemi per muoversi intorno all’azoto e trasportare il carbonio», afferma Frank. «Ora dobbiamo capire come avere lo stesso tipo di caratteristiche di automantenimento con la tecnosfera».
Nonostante alcuni sforzi, inclusi i divieti globali imposti per alcune sostanze chimiche che danneggiano l’ambiente e una spinta verso l’utilizzo di più energia solare, «non abbiamo ancora l’intelligenza planetaria o una tecnosfera matura», afferma. «Ma l’intero scopo di questa ricerca è quello di indicare la direzione verso la quale dovremmo andare».
Sollevare queste domande, conclude Frank, non solo fornirà informazioni sulla sopravvivenza passata, presente e futura della vita sulla Terra, ma aiuterà anche nella ricerca della vita e delle civiltà al di fuori del Sistema solare. Frank è il principal investigator di una sovvenzione della Nasa per la ricerca di firme tecnologiche di civiltà su pianeti in orbita attorno a stelle lontane. «Stiamo affermando che le uniche civiltà tecnologiche che potremmo mai vedere – quelle che dovremmo aspettarci di vedere – sono quelle che non si sono suicidate, il che significa che devono aver raggiunto lo stadio di una vera intelligenza planetaria», dice. «Questo è il potere di questa linea di indagine: unisce ciò che dobbiamo sapere per sopravvivere alla crisi climatica con ciò che potrebbe accadere su qualsiasi pianeta in cui la vita e l’intelligenza si sono evolute».
Per saperne di più: Leggi su International Journal of Astrobiology l’articolo “Intelligence as a planetary scale process” di Adam Frank, David Grinspsoon e Sara Walker
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