Scoperti 44 potenziali esopianeti su Kepler

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Quarantaquattro mondi in fila scoperti su Kepler e confermati grazie ai dati della missione K2. Confermata in un colpo solo la natura planetaria di 44 candidati esopianeti. Lo studio, guidato da John Livingston dell’università di Tokyo e pubblicato su The Astronomical Journal, è firmato anche da due astronomi dell’università di Torino, Oscar Barragán e Davide Gandolfi.

Quarantaquattro nuovi mondi confermati in un colpo solo. Quarantaquattro pianeti extrasolari estratti con un lavoro di analisi certosino dai dati della missione K2 – il “piano B” della missione Kepler della Nasa, quello messo in atto in condizioni di emergenza nel 2013, con tenacia e ingegno, a seguito del malfunzionamento di due delle quattro ruote di reazione. Quarantaquattro esopianeti dei quali almeno 18 appartenenti a sistemi planetari. Questo il bottino scientifico di un team guidato da John Livingston, dottorando all’università di Tokyo, del quale fanno parte anche due astronomi dell’università di Torino, Davide Gandolfi e il suo studente di dottorato Oscar Barragán.

Schema dei 44 pianeti confermati, con dimensioni approssimative, orbite e temperature superficiali. Crediti: John Livingston
Schema dei 44 pianeti confermati, con dimensioni approssimative, orbite e temperature superficiali. Crediti: John Livingston

«I pianeti che abbiamo scoperto hanno raggi compresi tra 1 e 3 raggi terrestri», dice Gandolfi a Media Inaf, «e orbitano attorno a stelle di tipo spettrale F, G, K ed M. Quattro di questi oggetti appartengono alla categoria dei cosiddetti ultra-short period planets: pianeti con periodi orbitali più corti di un giorno». «In altre parole», spiega Livingston, «un anno su ciascuno di quei pianeti è più breve di un giorno qui sulla Terra. Ed è stato gratificante confermare la natura di un numero elevato di piccoli pianeti: 16 appartengono alla stessa classe di dimensioni della Terra, e uno in particolare si è rivelato estremamente piccolo – delle dimensioni di Venere: un bel risultato, vicino al limite di ciò che è possibile osservare».

Tuto partendo dai dati sui transiti raccolti da Kepler, dicevamo, ma che hanno richiesto un notevole lavoro successivo di verifica. La firma del transito, un segnale caratteristico dovuto all’abbassamento temporaneo della luminosità di una stella, si può infatti confondere con le firme di altri fenomeni astrofisici che possono causare segnali simili. Per confermarne la natura planetaria ed escludere i falsi positivi, Livingston si è recato all’osservatorio di Kitt Peak, in Arizona, e in seguito in Texas, per raccogliere attraverso i telescopi terrestri ulteriori dati con una tecnica chiamata interferometria a macchie. La combinazione di analisi dettagliate dei dati da questi telescopi terrestri con quelli acquisiti dallo spazio da K2 e Gaia ha permesso di determinare con precisione le dimensioni e le temperature dei pianeti.

I risultati ottenuti dal team, pubblicati su The Astronomical Journal, includono anche 27 ulteriori candidati – oggetti che potrebbero essere veri pianeti – destinati a diventare oggetto di future ricerche.

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astronomical Journal l’articolo “44 Validated Planets from K2 Campaign 10”, di John H. Livingston, Michael Endl, Fei Dai William D. Cochran, Oscar Barragan, Davide Gandolfi, Teruyuki Hirano, Sascha Grziwa, Alexis M. S. Smith, Simon Albrecht, Juan Cabrera, Szilard Csizmadia, Jerome P. de Leon, Hans Deeg, Philipp Eigmüller, Anders Erikson, Mark Everett, Malcolm Fridlund, Akihiko Fukui, Eike W. Guenther, Artie P. Hatzes, Steve Howell, Judith Korth, Norio Narita, David Nespral, Grzegorz Nowak, Enric Palle, Martin Pätzold, Carina M. Persson, Jorge Prieto-Arranz, Heike Rauer, Motohide Tamura, Vincent Van Eylen e Joshua N. Winn

Guarda il video dell’università di Tokyo:

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