Embrioni in provetta: “Vogliamo salvare quei rinoceronti condannati all’estinzione”. I rinoceronti bianchi del nord sono “funzionalmente estinti”. Restano in vita in Kenya solo due femmine incapaci di riprodursi. A Cremona lo scienziato italiano Cesare Galli ha ottenuto alcuni embrioni con la fecondazione artificiale. Ma ci sono ancora ostacoli da superare prima di far nascere i cuccioli. I risultati pubblicati su Nature Communications.
L’ultimo maschio, Sudan, è morto a marzo. Le due femmine rimaste vivono in una riserva del Kenya, ma sono incapaci di avere cuccioli. Il rinoceronte bianco del nord è decisamente una specie alle corde, ma una fine che sembra già scritta potrebbe essere ribaltata a sorpresa.
Nei refrigeratori pieni di azoto liquido dell’Avantea di Cremona, un’azienda specializzata in tecnologie riproduttive per grandi animali, Cesare Galli e sua moglie Giovanna Lazzari, entrambi scienziati veterinari, hanno calato le provette che potrebbero cambiare l’ultimo capitolo della storia.
A quasi 200 gradi sottozero sono conservati alcuni embrioni degli animali più a rischio del mondo. “Tecnicamente, sono pronti per essere impiantati. Ma le difficoltà sono grandi. La riproduzione assistita in un animale come il rinoceronte è un campo di cui conosciamo molto poco” spiega Galli, “padre” del primo toro e della prima cavalla mai clonati al mondo: Galileo e Prometea.
Più di un metro e mezzo al garrese, 4 tonnellate di peso, un metro e mezzo fra vagina e ovaie: la distanza da coprire per raccogliere gli ovuli nelle femmine. La stazza di questi animali è sicuramente uno degli ostacoli. Poi ci sono i campioni di sperma conservati: scarsi (appartengono a quattro maschi in tutto) e di cattiva qualità. Né esistono informazioni sui tempi di maturazione dei gameti o sulle sostanze nutritive necessarie a far sviluppare gli embrioni. “Siamo andati avanti per tentativi e grazie alla nostra esperienza ventennale sui cavalli, che sono evolutivamente prossimi ai rinoceronti. Abbiamo iniziato nel 2015 e siamo riusciti a ottenere il primo embrione solo a marzo del 2017” racconta Galli. I loro risultati (ottenuti con i colleghi degli zoo di Berlino e di Dvur Kralove, nella Repubblica Ceca) sono pubblicati su Nature Communications.
E adesso? Il lavoro di fecondazione assistita a Cremona prosegue, ma sul futuro degli embrioni non ci sono ancora risposte chiare. La prima opzione prevede la collaborazione della sottospecie sorella del rinoceronte bianco del nord: il rinoceronte bianco del sud. I due animali sono molto simili, a eccezione dell’area di diffusione. Parte degli embrioni dell’Avantea sono ibridi: ottenuti da ovuli del sud fecondati con spermatozoi del nord. E proprio le cugine meridionali – 20mila esemplari, la maggior parte in Sudafrica – potrebbero essere arruolate come madri surrogate per portare avanti le eventuali gravidanze.
La seconda opzione (ma i tempi di ricerca e sperimentazione si aggirano sui dieci anni) passa invece per l’uso delle staminali. Le cellule della pelle (nei freezer di vari zoo del mondo esistono campioni provenienti da 13 esemplari diversi), pur essendo adulte e mature, possono essere riportate al grado di staminali con una tecnica recente – premiata con il Nobel per la medicina nel 2012 – che si chiama “Ips”.
Le staminali hanno la proprietà di poter essere trasformate in qualunque tessuto dell’organismo, gameti inclusi. Solo nel topo, fino a oggi, queste cellule sono state indotte a svilupparsi in ovuli e spermatozoi. Ma tentare l’esperimento anche sui rinoceronti non appare impossibile e un gruzzolo di queste preziose staminali sono state prodotte e conservate nei congelatori dell’Avantea.
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