LA PAROLA Ecstasy nell’immaginario collettivo non richiama alla mente l’idea di un medicinale prescritto dallo specialista. Eppure, oggi, l’ente statunitense che detta legge sui farmaci, l’Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali – sigla inglese Fda-, ha designato il composto Mdma (3,4-metilendiossimetamfetamina), sostanza nota come droga Ecstasy, come breakthrough therapy nel disturbo postraumatico da stress, un disturbo d’ansia che può insorgere in seguito ad un trauma. L’Mdma è ancora da studiare clinicamente, dunque non è disponibile per i pazienti, ma la dicitura inglese breakthrough therapy assegnata dalla Fda vuol dire che in base ai primi risultati ottenuti nella sua sperimentazione, questa terapia può offrire maggiori vantaggi nella cura rispetto ai trattamenti già esistenti ed in uso. Ma non è tutto. Dopo i primi step positivi delle ricerche, l’Agenzia statunitense Fda, infatti, ha approvato due studi clinici di fase 3, l’ultimo stadio della sperimentazione, che serve per valutare l’efficacia e la sicurezza di un farmaco. Tali studi potrebbero iniziare nella prossima primavera e terminare entro il 2021.
Ma a cosa serve la designazione di breakthrough therapy? Le terapie contrassegnate da questo titolo hanno una sorta di priorità, un po’ come quella che in aeroporto abbrevia la coda per l’imbarco. Insignito di questo titolo, dunque, l’Mdma potrebbe ricevere un’approvazione più rapida e seguire un percorso più veloce nel raggiungere il mercato. E il titolo dato dalla Fda non è arrivato a caso: negli studi già conclusi di fase 2, stadio intermedio della sperimentazione clinica, questa sostanza, a dosaggi e modalità di somministrazione controllate, è risultata efficace contro la patologia. In tali studi, prendendo in considerazione 107 pazienti con disturbo postraumatico da stress, dopo tre sessioni di psicoterapia combinata con l’assunzione della molecola Mdma, ben il 68% dei partecipanti, al follow up a distanza di 12 mesi, non aveva più il disturbo postraumatico da stress. E tutti i pazienti esaminati soffrivano di questo disturbo in media da quasi 18 anni. Gli effetti avversi – hanno riferito in un comunicato gli esperti del consorzio MAPS, che ha finanziato la sperimentazione – sono stati transitori, dipendenti dal dosaggio ed hanno riguardato un aumento del battito cardiaco, della pressione e della temperatura corporea: si tratta di manifestazioni generalmente non problematiche per individui in salute, mentre eventi avversi di grado severo sono stati rari e non hanno minacciato la sopravvivenza del paziente. Ma la sperimentazione clinica non è conclusa ed ora si va avanti: i successivi studi previsti – l’ultima fase – coinvolgeranno stavolta dai 200 ai 300 pazienti negli Stati Uniti, Canada e in Israele, e dureranno 12 settimane.
Un primo risultato promettente, questo odierno, secondo gli esperti, che apre la strada al potenziale utilizzo di questo composto per uso medico. Una sorpresa? Non per tutti. Secondo il neuropsicofarmacologo David Nuttdell’Imperial College London, “non siamo davanti ad un grande salto scientifico – come ha spiegato a Science – dato che è noto da 40 anni che queste droghe sono anche delle medicine”. Un gradino profondo è rappresentato invece, secondo l’esperto, dalla capacità di accettarlo. L’Ecstasy è stata ed è considerata una droga e come tale è illegale. “Questo – ha spiegato a Repubblica lo psichiatra Pietro Pietrini, direttore della Scuola IMT Alti Studi di Lucca – proprio perché la sua diffusione è avvenuta nel mondo delle droghe per i suoi effetti euforizzanti, di riduzione dell’ansia e di facilitazione dei rapporti sociali, peraltro associati a potenziali effetti collaterali rischiosi, da vertigini a svenimenti fino a convulsioni e aritmie cardiache anche fatali”. Tuttavia, un altro conto, chiarisce l’esperto, è l’impiego dell’Mdma, approvato dalle istituzioni, all’interno di uno studio clinico e combinato con la psicoterapia. “La storia della medicina – prosegue Pietrini – è piena di sostanze che di per sé sono tossine o veleni presenti in piante o animali, ma che presentano benefici farmacologici utili in determinate patologie. Da un punto di vista neurochimico e psicofarmacologico, l’Mdma potrebbe facilitare l’azione della psicoterapia, dato che va ad agire sui sistemi chimici che modulano l’affettività e le emozioni. Con modalità simili o diverse, sugli stessi sistemi agiscono anche numerosi farmaci impiegati nel trattamento dell’ansia e della depressione”.
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