Percezione e tempo: le illusioni del cervello

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Percezione e tempo: le illusioni del cervello
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Un quadro sulla percezione e l’esame degli studi psicologici che, nel tempo, hanno tentato di darne una definizione. Esiste uno scollamento tra realtà soggettiva e realtà oggettiva? Lo scorrere del tempo può influenzare il significato di ciò che la nostra coscienza attribuisce a un determinato fenomeno? Possiamo davvero fidarci delle nostre percezioni?

La percezione consiste nell’elaborazione soggettiva di tutti i dati circostanti il nostro ambiente e reperibili dagli organi di senso: oggetti, odori, rumori, sapori e persino il nostro corpo così come questo si muove nel tempo e nello spazio. Siamo convinti che tutto quello che percepiamo corrisponda perfettamente alla realtà oggettiva, ma questo, invece, non accade.

La scuola della Gestalt

percezione

Figura 1. Un’immagine ambigua della scuola della Gestalt raffigurante un dalmata.

Affascinante e delicato, il tema della percezione è da sempre al centro dell’interesse della psicologia, ma anche di altre scienze come la filosofia, la biologia o le neuroscienze. Diversi sono stati i tipi di approccio allo studio di questo misterioso fenomeno tra cui, in particolare, quello tramandatoci dalla scuola della Gestalt che più di altri ha lasciato il segno. Secondo la psicologia della Gestalt, l’esperienza umana non va intesa come suddivisibile in parti distinte, quindi una semplice somma di più segmenti, ma è considerata invece un’organizzazione indivisibile e complessa. Allo stesso modo,anche la percezione viene definita come un processo unitario che, per essere compreso, deve esser studiato e analizzato nella sua interezza. La mente, infatti, non riceve passivamente le informazioni dagli organi di senso, ma le analizza attivamente, organizzandole in un unico insieme percettivo, basandosi su principi interni innati. L’individuo, per esempio, non fa esperienza di un dipinto o di una melodia scomponendo l’uno nelle singole pennellate e l’altra nelle singole note, ma gode della bellezza delle opere in maniera completa e immediata.

Figura ambigua del vaso di Rubin

Figura 2. Immagine ambigua del vaso di Rubin

Prendiamo in esame le figure ambigue. Secondo la Gestalt, ogni figura è intesa come distaccata da uno sfondo e, quando ci troviamo di fronte a immagini che per la loro ambiguità non rispondono a suddett legge visiva, il nostro cervello incontra delle difficoltà nel decodificarla. Infatti, se una figura presenta uno stimolo non distinto dallo sfondo, non ci permette di attribuire immediatamente un significato a ciò che stiamo vedendo. Un esempio è dato dalla prima immagine che ritrae un dalmata ma che, data la mancanza di linee di contorno, neppure l’occhio più attento sarebbe in grado di distinguere a un primo sguardo. Un altro tipo di figura ambigua si ritrova nella seconda immagine che rappresenta il vaso di Rubin: l’alternanza di due figure diverse sullo sfondo, due profili e un vaso, crea un’illusione percettiva. In questo caso, il nostro cervello ci porta a percepire le due immagini come distinte e separate e, in base alle aspettative soggettive e al significato che vi attribuiamo, ognuna di esse ci trasmette uno stimolo univoco.

Percezione e tempo: le illusioni di movimento

L’illusione sensoriale influenza anche la consapevolezza che abbiamo di noi stessi in rapporto allo scorrere del tempo. Siamo convinti di vivere ogni momento della nostra vita in tempo reale; la realtà che si manifesta davanti ai nostri occhi viene percepita come sincronica, un flusso continuo e univoco, come se ogni informazione sensoriale venisse tradotta nello stesso tempo in percezione cosciente. Ma siamo davvero sempre consapevoli di quello che stiamo osservando?

Per confutare le teorie che definiscono la percezione dei movimenti come un processo continuo è utile riportare l’esempio del Flash-lag Effect.

Il Flash-lag Effect è un’illusione per cui un breve stimolo statico come un flash, presentato spazialmente allineato a uno stimolo in movimento, viene sistematicamente percepito apparire dietro quest’ultimo, dislocandolo spazialmente.

Possiamo dire che in questi casi si crea un’illusione di movimento: lo stimolo visivo del flash resetta l’integrazione dei due movimenti in un’unica percezione unitaria.

Fenomeno phi

Esempio di fenomeno phi

Anche il c.d. fenomeno phi rappresenta uno degli esempi che maggiormente si contrappongono alle teorie continue. Tale illusione consiste nel percepire due figure colorate vicine, presentate in rapida successione, come un singolo stimolo in movimento.

Uno recente studio ha inoltre dimostrato, attraverso la stimolazione magnetica transcranica (TMS), che esiste un lasso di tempo (di circa 400 ms) che separa l’elaborazione inconscia dalla percezione cosciente e in cui gli stimoli (inconsci) – presentati in rapida successione – possono fondersi insieme in un unico (illusorio) stimolo: la fusione avviene proprio perché la percezione cosciente non si verifica prima dei 400 ms dalla presentazione dello stimolo. Ad esempio, due cerchi, uno rosso e uno verde, presentati in una successione rapida di 60 ms potrebbero dar vita all’illusione di percepire un solo cerchio di colore giallo.

Il modello a due stadi

Gli studiosi della Swiss Ecole Polytechnique Fédeérale de Lausanne (EPEL), dopo studi condotti tramite elettroencefalografia (EEG) e risonanza magnetica funzionale (fMRI), hanno ipotizzato un modello a due stadi per il funzionamento della percezione cosciente:

  1. La prima fase, della durata di circa 400 ms, consiste in una percezione inconscia dello stimolo, cioè un periodo in cui il cervello raccoglie le informazioni necessarie e le elabora al fine di restituire una percezione cosciente e significativa, eliminando tutti i possibili problemi di percezione.
  2. La seconda fase, invece, consiste nel momento di restituzione dell’iniziale percezione inconscia dello stimolo in una percezione cosciente e ricca di significato. L’elaborazione dello stimolo inconscio viene resa cosciente nel momento in cui questo confluisce in uno “stato attrattore” – un momento di chiarezza – che orienta lo stimolo a esplicitarsi e a diventare consapevole.

Nonostante gli stessi scienziati non manchino di sottolineare l’esigenza di ulteriori approfondimenti sulle differenze esistenti tra gli stati coscienti e gli stati inconsci, il modello a due stadi apre comunque nuove porte allo studio della percezione e della coscienza: affermando che l’elaborazione della realtà non è immediata ma è filtrata dai significati soggettivi di cui noi stessi la dotiamo, si pone in netto antagonismo con le teorie del flusso continuo. Realtà oggettiva e realtà soggettiva costituirebbero, dunque, due momenti distinti della nostra coscienza.

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