Via libera del Giappone ai test sugli embrioni ibridi uomo-animale. Lo scopo è quello di farli sviluppare in altri animali surrogati, come i maiali, per ottenere organi per i trapianti.
Il Giappone ha approvato i primi esperimenti sugli embrioni ibridi uomo-animale, ottenuti inserendo cellule umane in embrioni di topo e ratto. Lo scopo è quello di farli sviluppare in altri animali surrogati, come i maiali, per ottenere organi per i trapianti. La ricerca, condotta da Hiromitsu Nakauchi di Università di Tokyo e Stanford University, è la prima a ottenere l’approvazione da marzo di quest’anno, cioè quando il divieto su questo tipo di test è stato eliminato dal governo giapponese.
“I dati presentati non sono una novità, ma è senz’altro una strada interessante da percorrere”, spiega all’Ansa Cesare Galli, fondatore e direttore di Avantea, laboratorio per la riproduzione animale e la ricerca biotecnologica. “Tuttavia le applicazioni sono ancora molto lontane, più degli xenotrapianti (trapianti di tessuti o organi provenienti da una specie diversa): c’è parecchio lavoro da fare – aggiunge Galli – prima di poter passare da animali relativamente semplici a quelli più complessi e utili per l’uomo, come il maiale”.
La strategia che seguiranno i ricercatori guidati da Nakauchi, come riportato su Nature, sarà creare un embrione animale che manca di un gene necessario per lo sviluppo di un determinato organo, ad esempio il pancreas. Successivamente, nell’embrione animale verranno iniettate cellule staminali umane (iPS), cioè cellule riprogrammate per dare vita a qualsiasi tipo di cellula adulta. In questo modo, i ricercatori sperano che l’embrione, durante lo sviluppo, utilizzi le cellule staminali umane per costruire l’organo mancante. Nakauchi e colleghi hanno già condotto un esperimento di questo tipo nel 2017: hanno iniettato cellule staminali di topo in un embrione di ratto, che le ha utilizzate per produrre il pancreas.
Lo stesso gruppo di ricerca ha tentato anche di passare al livello successivo, come annunciato nel 2018, inserendo cellule staminali umane in embrioni di pecora, ma stavolta senza successo: dopo 28 giorni di crescita, l’embrione ibrido conteneva pochissime cellule umane e non era riuscito a sviluppare l’organo mancante. Un altro ostacolo che incontrerà la ricerca di Nakauchi e colleghi sarà quello di evitare che le cellule umane si diffondano oltre l’organo mancante, ad esempio viaggiando fino al cervello e influenzandone lo sviluppo cognitivo. “Evitare che le cellule arrivino al cervello”, conclude Galli, “richiederà altre modifiche genetiche”.
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