Onde gravitazionali, confermata la rilevazione diretta

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Nel corso di una conferenza stampa in contemporanea ai due lati dell’Atlantico, le collaborazioni LIGO e VIRGO hanno annunciato oggi la prima rilevazione diretta delle onde gravitazionali, previste da Einstein esattamente un secolo fa. Le onde rilevate sono state generate dalla fusione di due buchi neri, osservata contemporaneamente dai due interferometri di LIGO il 14 settembre scorso di Giovanni Spataro

Ancora una volta Albert Einstein ha avuto ragione. Le onde gravitazionali previste per via teorica del fisico tedesco nel 1916 sono state rilevate in modo diretto per la prima volta da tutti e due gli strumenti gemelli Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory (LIGO), negli Stati Uniti, a Livingston, in Louisiana, e a Hanford, nello Stato di Washington.

I due osservatori hanno registrato l’arrivo delle onde gravitazionali entro una finestra temporale di coincidenza di dieci millisecondi. L’osservazione, i cui risultati sono stati pubblicati oggi sulla rivista “Physical Review Letters”, è avvenuta il 14 settembre 2015.

Le onde gravitazionali rilevate sono state prodotte nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri in un unico buco nero ruotante più massiccio. I due buchi neri avevano masse rispettivamente di circa 29 e 36 masse solari e sono collassati uno sull’altro dando origine a un unico buco nero ruotante più massiccio di circa 62 masse solari. Le 3 masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all’energia emessa durante il processo di fusione dei due buchi neri, sotto forma di onde gravitazionali.

L’annuncio di oggi pone fine a una caccia iniziata negli anni sessanta con la costruzione dei primi rivelatori di onde gravitazionali ma anche alle tante anticipazioni coniugate al condizionale che nei giorni scorsi hanno preceduto l’annuncio ufficiale, arrivato nel corso di una conferenza stampa tenuta contemporaneamente dalle collaborazioni LIGO, a Washington, D.C., e VIRGO, nella sede dell’European Gravitational Observatory a Cascina, vicino a Pisa.

Questo traguardo epocale è stato ottenuto grazie ai dati dei due rivelatori LIGO, dalle Collaborazioni Scientifiche LIGO (che include la Collaborazione GEO600 e l’Australian Consortium for Interferometric Gravitational Astronomy) e VIRGO, che fa capo allo European Gravitational Observatory (EGO), fondato dall’Istituto nazionale di fisica nucleare italiano e dal Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) francese.

Per capire meglio di che cosa si tratta, facciamo quattro passi nella relatività generale. In base a questa teoria resa pubblica da Einstein nel 1915, quindi prima della sua ipotesi sulle onde gravitazionali, la presenza della materia curva lo spazio e il tempo. Per dirla in modo più preciso, la massa curva lo spazio-tempo, in modo simile a un oggetto che curva un lenzuolo su cui viene posto. Ed è proprio questa deformazione che noi percepiamo come gravità.

Se la materia in questione è in movimento, allora ci possiamo aspettare una perturbazione oscillatoria dello spazio-tempo, come le onde che increspano la superficie di uno stagno su cui si sposta un oggetto. Nel regno dello spazio-tempo, queste perturbazioni oscillatorie sono chiamate onde gravitazionali, viaggiano alla velocità della luce e interagiscono in modo trascurabile con la materia che incontrano.

In teoria qualunque massa in movimento genera onde gravitazionali. Queste onde però sono assai deboli, poiché la gravità è la più debole delle quattro forze fondamentali che agiscono in natura. Quindi per sperare di rilevarle è fondamentale che le sorgenti siano masse in movimento di dimensioni astronomiche, per esempio due buchi neri che collassano uno sull’altro, proprio l’evento osservato da LIGO, che era stato previsto per via teorica, oppure eventi estremamente energetici, per esempio l’esplosione di supernove.

Per rilevare le vibrazioni dello spazio-tempo, LIGO e VIRGO usano fasci laser che percorrono avanti e indietro coppie di bracci disposti ad angolo retto parallelamente alla superficie terrestre e lunghi tre chilometri ciascuno nel caso dell’osservatorio costruito vicino a Pisa, quattro chilometri ciascuno per i due osservatori di LIGO costruiti negli Stati Uniti, a Livingston e Hanford.

I fasci laser sono riflessi da specchi, la cui posizione può cambiare se lo spazio in cui si trovano è attraversato da onde gravitazionali. In questo caso lo spostamento lascia traccia anche sul percorso dei fasci e questo cambiamento, impercettibile all’occhio umano, è rilevato da appositi strumenti.

Se il principio alla base della caccia alle vibrazioni dello spazio-tempo è relativamente semplice, la sua applicazione tecnologica e lo studio di eventuali segnali ha richiesto un impegno continuo. Negli anni passati sia LIGO sia VIRGO hanno aggiornato le strumentazioni per aumentare la sensibilità degli osservatori.

LIGO è tornato in funzione a settembre scorso, VIRGO è atteso tra qualche mese. E dal 2007 è stato stabilito che i dati raccolti delle due collaborazioni siano condivisi e analizzati insieme, indipendentemente da chi e quando siano stati ottenuti. Le increspature dello spazio-tempo sono un osso duro per chiunque.

A onor del vero, lo stesso Einstein aveva cambiato idea sulle onde gravitazionali, che aveva ipotizzato in base a calcoli sulla sua teoria generale della relatività. In un articolo del 1936, inviato alle “Physical Review Letters” ma mai pubblicato, il fisico tedesco aveva concluso che le vibrazioni spazio-temporali non potessero esistere e che quindi la previsione formulata vent’anni prima era un errore.

Ma le generazioni successive di scienziati non si sono arrese. Soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, hanno proseguito nello studio della relatività generale e delle implicazioni della teoria pubblicata nel 1915. Anche contro le stesse convinzioni dell’autore, che scomparve nel 1955.

E così sono arrivati i primi indizi indiretti, come quello scovato da Russell Hulse e Joseph Taylor, entrambi della Princeton University, mentre studiavano un sistema binario di pulsar, stelle particolari in rapida rotazione al loro asse, caratterizzate da brevi emissioni di radiazione elettromagnetica a intervalli temporali regolari, un po’ come i fari terrestri insomma.

Per i loro studi su questo sistema binario, nel 1993 Hulse e Taylor ottennero il Nobel per la fisica, anche se nella motivazione ufficiale è citata la gravità ma non le onde gravitazionali. L’analisi dei loro dati però lasciava pochi dubbi. Mentre orbitavano sempre più vicine l’una attorno all’altra, le due pulsar dovevano generare oscillazioni spazio-temporali.

Ma sono arrivati anche i falsi allarmi. A marzo 2014 la collaborazione BICEP2, che usa un telescopio per microonde al Polo Sud, aveva annunciato di aver rilevato impronte di onde gravitazionali nella radiazione cosmica di fondo, l’eco del big bang che pervade l’universo.

Dopo un severo esame dei risultati di BICEP2, annunciati senza essere stati prima verificati da scienziati non coinvolti nella collaborazione, si è però scoperto che le tracce rilevate da BICEP2 non erano impronte lasciate dalla vibrazione dello spazio-tempo. L’effetto trovato era invece compatibile con la presenza di polvere interstellare nella Via Lattea, la nostra galassia.

Questa volta però, a cent’anni dall’ipotesi sulle vibrazioni dello spazio-tempo partorita del genio di Einstein, è tutto vero. La prima rilevazione diretta delle onde gravitazionali apre le porte a una nuova era per lo studio dell’universo e della sua evoluzione.

Il ruolo dell’Italia nella scoperta delle onde gravitazionali
L’Italia e i suoi centri di ricerca hanno avuto un ruolo di primissimo piano nella scoperta delle onde gravitazionali, a partire dall’esistenza stessa di VIRGO, nato dall’idea dell’italiano Adalberto Giazotto dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN) e del francese Alain Brillet, e che oggi è una collaborazione scientifica internazionale che conta circa 250 fisici e ingegneri provenienti da 19 laboratori europei, di cui circa metà dell’INFN.

“Ho accolto questa notizia con grande gioia – ha infatti commentato oggi Giazotto – sono molto contento di questo risultato, che rappresenta il coronamento di una linea di ricerca che avevamo iniziato noi di VIRGO decine di anni fa. Siamo stati i primi a dire che era necessario costruire un rivelatore capace di osservare onde gravitazionali anche di bassa frequenza: è stato il più grande avanzamento nella tecnologia degli interferometri da quando si sono iniziati a realizzare questi rivelatori, negli anni ’80 del Novecento. VIRGO è stato, infatti, il primo rivelatore al mondo capace di scendere alle basse frequenze, cui ha fatto seguito il progetto americano Advanced LIGO”.

“Questo risultato rappresenta una pietra miliare nella storia della fisica, ma ancor più è l’inizio di un nuovo capitolo per l’astrofisica, – ha spiegato Fulvio Ricci, ricercatore dell’INFN e docente della Sapienza Università di Roma, che coordina la collaborazione internazionale VIRGO – perché nei prossimi anni continueranno ad arrivare altri importanti risultati dagli interferometri LIGO e VIRGO, che oggi sono organizzati in un’unica rete globale di rivelatori di onde gravitazionali”.

Grande  soddisfazione è stata inoltre espressa dal presidente dell’INFN Fernando Ferroni, secondo il quale “questo risultato rappresenta un regalo speciale per il 100° compleanno della Relatività Generale, il sigillo finale sulla meravigliosa teoria che ci ha lasciato il genio di Albert Einstein” ma è anche “una scoperta che premia il gruppo di scienziati che ha perseguito questa ricerca per decenni, cui l’Italia ha dato un grande contributo, figlio di quella scuola che negli anni ‘70 del secolo scorso si formò intorno alle figure di Edoardo Amaldi, Guido Pizzella, Adalberto Giazotto.”

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