SONO oltre 700 le persone che ogni anno in Italia perdono un arto superiore, per incidenti stradali, domestici o sul lavoro, e con esso anche la capacità di compiere movimenti in apparenza banali, come impugnare un oggetto o portare alla bocca una tazzina di caffè. Ma adesso, grazie a un sofisticato tipo di intervento chirurgico (reinnervazione muscolare mirata), condotto al Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma su una ragazza di 27 anni – che ha perso il braccio destro a seguito di un grave incidente stradale avvenuto un anno e mezzo fa, e che fino ad oggi ha dovuto indossare una protesi cosmetica incapace di eseguire alcun movimento – questi pazienti potranno presto tornare a eseguire questi movimenti. L’obiettivo della sperimentazione è creare un centro di alta specializzazione per questo tipo di interventi che, per la prima volta in Italia, possa aprire un percorso di protesizzazione analogo anche a tutti gli altri soggetti con lo stesso tipo di amputazione.
• UN INTERVENTO INNOVATIVO
A condurre l’intervento è stato Vincenzo Denaro, Ordinario emerito di Ortopedia e Traumatologia dell’Ateneo, affiancato dalla sua équipe e da Oskar Aszmann, chirurgo viennese che ha già effettuato interventi di questo tipo. Si tratta di un’operazione complessa che ha l’obiettivo di reinnervare i fasci del grande pettorale – un muscolo non più utile nei soggetti amputati all’altezza della spalla – per trasformarli in ‘amplificatori biologici’ dei segnali nervosi che originariamente controllavano il distretto amputato, consentendo così un controllo simultaneo della protesi.
“Un intervento avveniristico, con pochissimi precedenti nel mondo e che rappresenta la prima tappa di un percorso che prevede ora lo studio dei processi di stimolazione, seguito dall’apposizione degli elettrodi di superficie e infine della protesi intelligente – spiega Vincenzo Di Lazzaro, Ordinario di Neurologia presso il Campus e co-responsabile della sperimentazione.
Tra circa sei mesi alla ragazza potrà essere applicata una protesi di arto superiore che, mossa da sensibili elettrodi di superficie, attivati dai vari fasci del muscolo grande pettorale e da altri muscoli del tronco adeguatamente rieducati, le consentirà di prendere e manipolare gli oggetti: “Questo grazie agli impulsi che dal cervello arriveranno ai muscoli – spiega Denaro – dove degli speciali elettrodi di superficie trasmetteranno gli impulsi cerebrali al braccio bionico, con un’intensità mille volte superiore al nervo vero e proprio. Viceversa, degli stimolatori applicati sulla pelle consentiranno di trasmettere al cervello le sensazioni tattili sulla consistenza degli oggetti impugnati dall’arto artificiale, consentendone una più efficace presa e manipolazione”.
• LA PROTESI BIONICA
Per imparare a muovere in modo appropriato l’arto bionico, la ragazza dovrà seguire una fase di training intensivo, che durerà circa sei mesi, successivamente a quelli di riabilitazione. Per la prima volta, un paziente operato in Italia con amputazione di questo tipo, potrà controllare anche a livello dell’articolazione di spalla la protesi che sarà applicata dal Centro Protesi Inail di Budrio.
“Questo intervento – conclude Angelo Andretta, direttore del Centro Protesi Inail – costituisce uno snodo cruciale del progetto di ricerca che stiamo realizzando in partnership con l’Università Campus Bio-Medico di Roma e che ha come obiettivo quello di sviluppare pratiche cliniche che permettano di utilizzare appieno le più avanzate soluzioni protesiche rese oggi disponibili dalle nuove tecnologie, utilizzando metodiche innovative nel trattamento delle amputazioni di arto”.
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