I rischi delle armi genetiche. Oggi è relativamente facile creare in provetta virus e batteri letali: il Governo degli Stati Uniti avvia una riflessione sui rischi e sulle capacità di disinnescare i potenziali pericoli.
Le nuove tecniche di editing genetico e biohacking fanno sempre più paura: costano relativamente poco e chiunque abbia una qualche base scientifica può produrre in vitro virus e batteri letali. Lo scorso anno fece molto discutere la notizia di un gruppo di scienziati canadesi riuscito a ricreare in laboratorio il virus del vaiolo equino, geneticamente non troppo diverso dalla sua variante umana, a partire da stringhe di DNA acquistate online per cifre relativamente modeste.
Qual è lo stato dell’arte delle tecniche di manipolazione genetica? Se finisse in mani sbagliate, in che modo ci si potrebbe difendere? Se lo sono domandato i vertici del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che hanno commissionato uno studio sull’argomento all’Accademia Nazionale delle Scienze.
Genetica per tutti. La fotografia scattata dagli scienziati, e pubblicata in un corposo report in vendita online, non è delle più rassicuranti: conferma la facilità con cui oggi è possibile ricostruire virus patogeni, anche estinti, o potenziare batteri al fine di aumentarne la pericolosità.
L’unica strada per proteggersi in maniera efficace sembra essere la prevenzione: non potendo fermare lo sviluppo della tecnologia, occorre investire nella sanità pubblica perché sia pronta a reagire a eventuali attacchi con armi biologiche, per esempio sviluppando tecniche che consentano una rapida messa punto e produzione di cure (cioè risposte a posteriori), se non di vaccini.
Pronti a tutto? Non ancora. Secondo quanto emerge dal rapporto, gli Stati Uniti, ma anche tutti gli altri Paesi, oggi non sarebbero in grado di reagire in maniera efficace a un attacco biologico su larga scala. Molti sistemi sanitari, incluso quello americano, ancora oggi faticano a fronteggiare una stagione influenzale più aggressiva del solito, figuriamoci un attacco a base di virus o batteri sintetici.
In uno scenario ideale, spiegano gli esperti, qualunque medico che noti sintomi insoliti in un paziente dovrebbe essere in grado di allertare il sistema di sicurezza sanitaria e avviare la caccia al paziente zero, così da isolarlo, ridurre la diffusione del contagio e sviluppare più velocemente una terapia efficace.
Il supermarket del DNA. Il report mette in discussione anche le attuali regole, per le quali chiunque, negli Stati Uniti, può procurarsi sequenze di DNA potenzialmente pericolose. Oggi esistono aziende specializzate che commercializzano sequenze di genoma per scopi scientifici. Le stringhe che derivano da virus o batteri potenzialmente pericolosi sono soggette a controlli piuttosto severi, ma quelle formate da meno di 200 coppie di basi sono in “libera vendita”.
Ciò significa che scienziati, ma anche semplici hobbisti dell’editing genetico, possono acquistare piccole sequenze di DNA che opportunamente smontate e rimontate possono dare vita ad agenti patogeni anche letali. Le transazioni legate a questi acquisti oggi non sono controllate: sarebbe sufficiente l’impiego di un sistema informatizzato per identificare a monte la vendita di sequenze potenzialmente pericolose, per neutralizzare gran parte dei rischi.
Scienziati sotto la lente. Come pensa di agire il Dipartimento della Difesa a stelle e strisce per proteggere i suoi cittadini? L’idea è quella di mettere a punto un sistema di controllo sulle attività di ricerca, che, pur salvaguardando gli interessi scientifici, oltre che economici delle grandi aziende, permetta di tenere traccia di che cosa avviene nelle provette. Una soluzione pratica al problema non è insomma ancora stata trovata, ma è significativo che il Dipartimento della Difesa di una superpotenza abbia cominciato a farsi qualche domanda.
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