Nel futuro saremo curati dal robot dottore?

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L’intelligenza artificiale si laurea in medicina. Un sistema di AI (intelligenza Artificiale) cinese ha superato l’esame per esercitare la professione medica. Ma ci faremmo curare davvero da un robot?

Il dottor Xiaoyi è un giovane medico cinese decisamente brillante: qualche giorno fa ha superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione medica con la votazione di 456 punti, 96 oltre il livello minimo richiesto dalla normativa del proprio paese. Un risultato notevole.

Ma ciò che sorprende è che Xiaoyi non è un medico in carne e ossa bensì un sistema di intelligenza artificiale. E ora anche il primo medico non umano in possesso di una formale autorizzazione a effettuare diagnosi.

IL ROBOT CHE TI LEGGE ESAMI. Xiaoyi è stato realizzato dalla iFlytech Co. Ltd con lo specifico obiettivo di raccogliere e analizzare i dati anamnestici dei pazienti, la loro storia clinica, i referti degli esami. E in base a queste informazioni, formulare diagnosi.

Liu Quingfeng, CEO dell’azienda, dalle pagine di China Daily ha spiegato che Xiaoyi sarà operativo dal prossimo mese di marzo. Ma, tranquillizza, il suo compito non sarà quello di sostituirsi ai medici, bensì di aiutarli in modo da rendere più efficiente il loro lavoro.

MEDICO DI CAMPAGNA. In molte zona della Cina, soprattutto in quelle rurali, i medici sono pochissimi e Quingfeng è convinto che grazie all’intelligenza artificiale la parte più povera della popolazione cinese avrà più facilmente accesso alle cure sanitarie.

Dal punto di vista pratico il robot sarà utilizzato nella diagnosi e nella cura del cancro e per addestrare i giovani medici generici.

Ma Xiaoyi rappresenta per la Cina anche un importante obiettivo politico, poiché sembra stabilire la superiorità del paese asiatico rispetto agli Stati Uniti nel settore dell’ AI.

E se il tuo prossimo medico fosse un robot? | GERD / FLICKR
E se il tuo prossimo medico fosse un robot? | GERD / FLICKR

AMAZON IN SALA OPERATORIA. Le applicazioni dell’intelligenza artificiale nel settore clinico non sono una novità assoluta. Già da tempo in alcuni ospedali degli Stati Uniti si sta sperimentando con successo Alexa, l’assistente vocale di Amazon.

Grazie al suo sistema di riconoscimento del linguaggio naturale, Alexa è in grado di aiutare i pazienti rispondendo alle loro domande, ma anche collaborando in sala operatoria con il chirurgo, per esempio nel portare a termine la lista dei controlli di sicurezza che vengono effettuati prima di un intervento.

In modo analogo anche Watson di IBM collabora con i medici giapponesi nella corretta diagnosi dei casi di cancro che, in alcuni casi, sfuggono ai procedimenti diagnostici tradizionali. In Italia, invece, Watson aiuta gli studenti  della Humanitas University (la facoltà di medicina legata alla clinica Humanitas di Milano) a esplorare situazioni complesse e a scegliere tra diverse informazioni cliniche.

COME FUNZIONA. Ma come riescono i sistemi di AI a diagnosticare una malattia? Tutto merito della loro capacità di analizzare grandi quantità di dati in poco tempo: questi software vengono addestrati inserendo nei loro database i risultati degli esami e i sintomi di migliaia e migliaia di pazienti sia sani sia ammalati.  In questo modo i software, estremamente precisi nel catalogare i dati, imparano a riconoscere gli schemi connessi alla malattia.

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