Materia ed energia oscura, il 96% dell’universo che non conosciamo. Materia oscura ed energia oscura rappresentano il 96% dell’universo, eppure sono davvero poche le cose che sappiamo a riguardo.
La materia a cui siamo abituati, come ad esempio la persona che vi piace o l’auto con cui andate a lavoro, e anche la materia a cui siamo meno abituati, l’antimateria, fanno parte di una stessa categoria: la materia ordinaria. Abbiamo ancora molte domande, sulla materia ordinaria, ma è abbastanza sicuro dire che, specialmente negli ultimi decenni, siamo arrivati a conoscerla sufficientemente bene.
La cara e vecchia materia ordinaria, quante ne abbiamo passate insieme? Eppure dovrebbe sconvolgervi sapere che tutto questo lavoro di approfondimento è stato fatto su qualcosa che rappresenta soltanto il 4% circa dell’universo. Materia oscura ed energia oscura, due cose completamente diverse tra loro come vedremo, rappresentano insieme il 96% circa del nostro universo. E non ne sappiamo quasi nulla.
«“Quarantadue!” urlò Loonquawl. “Questo è tutto ciò che sai dire dopo un lavoro di sette milioni e mezzo di anni?” “Ho controllato molto approfonditamente,” disse il computer, “e questa è sicuramente la risposta. Ad essere sinceri, penso che il problema sia che voi non abbiate mai saputo veramente qual è la domanda.”»
Nella Guida Galattica per gli Autostoppisti si racconta di quella volta in cui gli umani hanno costruito un computer per trovare la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto. Dopo 7 milioni e mezzo di anni di calcoli, il computer risponde “42“.
Una risposta che lascia più domande di prima ma comunque non diversa da quella a cui sono giunti i fisici quando si sono chiesti perché le galassie ruotassero così velocemente; molto più velocemente, infatti, di quello che prevedevano i calcoli. Materia oscura. In che senso? La causa sarebbe una materia invisibile, di cui non sappiamo assolutamente nulla, che non siamo neanche sicuri al 100% (ma quasi) che esista veramente. E quando invece i fisici si sono chiesti perché l’universo si espandesse ad una velocità sempre superiore (in aumento), l’esatto contrario di quello che ci saremmo aspettati dai calcoli? Energia oscura. Altra cosa di cui sappiamo ancora meno. 42, praticamente. Vediamole entrambe e cerchiamo di capire perché ci siamo dovuti inventare proprio questo 42, e non un altro.
Materia oscura
Nel 1933 l’astronomo Fritz Zwicky stava studiando due cluster di galassie, l’ammasso della Chioma e quello della Vergine (nelle due immagini). Zwicky stimò la massa di ogni galassia del cluster basandosi sulla sua luminosità e sommò tutte le masse galattiche per ottenere la massa totale. Ottenne poi una seconda stima indipendente della massa totale, basata sulla misura della dispersione delle velocità individuali delle galassie nell’ammasso; questa seconda stima di massa dinamica era 400 volte più grande di quella basata sulla luce delle galassie. Nonostante ci fossero prove sperimentali già ai tempi di Zwicky, fu solo negli anni settanta che gli scienziati iniziarono ad esplorare questa discrepanza in modo sistematico e a considerare l’esistenza della materia oscura.
Le galassie. Ammassi di stelle che ruotano intorno ad un centro comune (che si pensa possa, generalmente, essere un buco nero supermassiccio). Ce ne sono di molte forme e dimensioni diverse e tutte, anche la nostra cara Via Lattea, hanno una anomalia interessante. Infatti, è abbastanza intuitivo, più ci avviciniamo al centro di una galassia e più ci aspettiamo che le stelle ruotino velocemente e, più ci allontaniamo, più ci aspetteremmo di vederle ruotare lentamente. Questo è sempre vero, solitamente. Pensate a Mercurio ad esempio, il pianeta più vicino al sole: ha un anno di 87,979 giorni. 0,241 dei nostri anni. Una velocità orbitale media di 47,36 km/s.
Cioè vale a dire che fa un giro intorno al sole molto più velocemente di noi, Terra, che ci mettiamo 365 giorni e 6 ore, circa 1 anno (le 6 ore le recuperiamo con l’anno bisestile. Ogni 4 anni, 24 ore in più), con una velocità orbitale media di 29,789 km/s. E ad esempio il “pianeta” più lontano, Plutone? 91201,35 giorni, vale a dire 249,7 dei nostri anni. Una velocità orbitale media di 4,669 km/s. L’andamento è chiaro. Ed è l’andamento che, grosso modo, ci saremmo aspettati anche per la rotazione delle stelle intorno al centro della loro galassia. Quello che invece troviamo potete osservarlo nel grafico poco sopra. In rosso la predizione, in verde i dati sperimentali. La differenza non è poca. Ma se immaginiamo la galassia al centro di una sfera abbastanza grande (molto più della galassia stessa) di materia, la materia oscura, allora i conti tornano.
Ed è l’unica prova? No.
Il caro Einstein, tra le tante cose su cui ha lavorato, ha predetto un fenomeno fisico dovuto alla teoria della relatività generale, che prende il suo nome: la lente gravitazionale di Einstein. In particolare sappiamo che, in presenza di una massa, lo spazio curva.
Quello che invece risulta solitamente meno intuitivo è che qualsiasi cosa attraversi questa regione di spazio (curvata) segue la curvatura. Che sia una particella di materia oppure un fotone. La luce curva quindi non perché attratta gravitazionalmente (visto che non ha massa), ma perché nel suo viaggio in linea retta si trova ad andare dritta in uno spazio curvato. E questo ci permette di vedere molto più di quanto potremmo, oggetti che sarebbero magari nascosti dietro a cluster di galassie. Nella foto qua sotto, ad esempio, tutti i dischi blu sono la stessa galassia, nascosta dietro al cluster di galassie, la cui luce arriva a noi da più punti grazie alla curvatura dello spazio dovuta alla presenza del cluster stesso.
Curvatura che non è però spiegabile prendendo in considerazione soltanto la massa delle galassie visibili, manca anzi moltissima massa all’appello, per generare un fenomeno del genere. Ed ecco che introducendo la materia oscura, che permea ogni cosa, i conti improvvisamente tornano.
Ma cosa sappiamo della materia oscura?
Quasi nulla. Sappiamo che non interagisce elettromagneticamente. Cioè non assorbe e non emette in nessuna frequenza dello spettro elettromagnetico, che è ciò che usiamo solitamente per vedere gli oggetti: è genuinamente invisibile. Sappiamo però che c’è perché ne vediamo gli evidenti effetti gravitazionali. Possiamo addirittura affermare che la materia oscura domina le forze gravitazionali di tutto l’universo.
Sappiamo che rappresenta il 26/27% dell’universo (considerando massa ed energia) e l’86% di tutta la massa. A tal proposito, nel 2001, l’astronomo dell’Università di Washington Bruce H. Margon ha dichiarato al New York Times: «È una situazione alquanto imbarazzante dover ammettere che non riusciamo a trovare il 90% [della materia] dell’Universo.» E come dargli torto? D’altra parte non riusciamo a trovarla in alcun modo.
In letteratura sono comparse numerose teorie per spiegare la natura della materia oscura (perché se sappiamo di cosa è fatta possiamo elaborare un sistema per rivelarla, magari), legate a diversi fenomeni. La materia oscura sarebbe localizzata nel “nero” che circonda le stelle e viene distinta fondamentalmente in 2 sottotipi: barionica e non barionica.
La materia oscura barionica è quella composta da materia del tutto simile a quella che costituisce le stelle, i pianeti, la polvere interstellare, ecc., che però non emette radiazioni. Altri possibili costituenti della materia oscura barionica sono stati indicati nei MACHO (Massive Compact Halo Objects), oggetti compatti di grande massa dell’alone galattico.
La materia oscura non barionica è rappresentata principalmente dalle ipotetiche particelle WIMP (Weakly Interacting Massive Particles), dotate di massa, composte da materia intrinsecamente diversa dalla abituale barionica e debolmente interagente con essa, e quindi estremamente difficile da rivelare.
Si ipotizza possa trattarsi di particelle supersimmetriche quali neutralini, o neutrini massicci, o assioni o altre particelle mai osservate e soggette solo alla forza gravitazionale e all‘interazione nucleare debole.
Tre tipi di esperimenti cercano di rivelare queste particelle: nel primo provano a riprodurle negli acceleratori di particelle, nel secondo osservano l’energia che dovrebbero rilasciare quando urtano con la materia ordinaria, mentre nel terzo cercano le annichilazioni fra particelle di materia oscura presenti attorno al centro della galassia o del sole che potrebbero generare particelle normali, quali neutrini, positroni, anti-protoni.
Inoltre la scoperta che il neutrino ha massa, seppur estremamente bassa, lo rende candidato a rappresentare almeno una quota della materia oscura e potrebbe, in parte, spiegare l’eccesso di massa degli ammassi e superammassi di galassie, ma non quello delle singole galassie.
Si pensa poi che almeno il 90% della materia oscura sia non barionica. Questo perché, essendo il deuterio un elemento estremamente abbondante nell’universo (un atomo di deuterio per ogni 100.000 di idrogeno) ed estremamente sensibile ai barioni, una densità barionica maggiore avrebbe come conseguenza una presenza di deuterio molto più bassa di quella riscontrata. Viene fatta poi una distinzione anche tra Materia oscura fredda, rappresentata essenzialmente dalle ipotetiche particelle “lente” WIMP, e Materia oscura calda, rappresentata dai neutrini.
Nella teoria delle stringhe, in particolare nelle varianti del mondo-brana e dell’universo ecpirotico, la materia oscura rappresenta la forza di gravità della materia ordinaria di un’altra brana, vicina ma invisibile, costituita da stringhe. Una soluzione estremamente affascinante.
Ad oggi, tuttavia, nessun esperimento per la rivelazione diretta di materia oscura è stato conclusivo. E l’energia oscura?
Energia Oscura
Qualche cenno storico preliminare. Albert Einstein (ancora lui), per contrastare gli effetti della “nuova” gravità da lui stesso delineata, che portava a un universo dinamico (quindi o in contrazione o in espansione), soprattutto per evitare l’idea di un collasso gravitazionale, inserì nelle equazioni di campo della relatività generale la famosa costante cosmologica, simile qualitativamente a una forza antigravitazionale su larga scala.
Quando nel 1929 Edwin Hubble scoprì che l’universo era in espansione Einstein ritrattò la sua idea, definendola “il mio più grande errore“. Con lo sviluppo della teoria quantistica della materia tra gli anni venti e trenta del Novecento, si evidenziò che anche il vuoto possiede una sua ben definita energia, determinata dalle coppie di particelle e antiparticelle che si formano e annichiliscono continuamente. Nel 1967 fu rilevato l’effetto Sachs-Wolfe, consistente in uno spostamento verso il blu della radiazione cosmica di fondo quando attraversa i forti campi gravitazionali generati da grandi ammassi di materia. Tale guadagno di energia, anche se al momento non ne avevano idea, sarebbe stato considerato, in futuro, un segno diretto dell’esistenza di un’energia oscura.
Ora prendiamo tre galassie. Se le osserviamo oggi, domani, tra un milione di anni, tra un miliardo di anni, ci accorgiamo che si allontanano tra di loro. Non nel senso che si spostano fisicamente attraverso lo spazio, ma è piuttosto lo spazio stesso, tra di esse, a dilatarsi (mindblowing).
Ora, come ha menzionato anche Stephen Hawking, dopo il Big Bang, c’è stata una rapida espansione dello spazio. Dato, però, che all’interno è presente la materia, che genera una forza gravitazionale attrattiva, questa tende a rallentare l’espansione, che quindi, a questo punto, si fa più lenta nel tempo.
Quanto è più lenta l’espansione oggi rispetto ad un miliardo di anni fa, ad esempio? L’annuncio di un universo in accelerazione fu dato da Saul Perlmutter del Berkeley Lab l’8 gennaio 1998; il lavoro ottenne il Premio Nobel per la fisica nel 2011.
La velocità con cui lo spazio si espande sta aumentando, non diminuendo. È più veloce oggi piuttosto che un miliardo di anni fa, un risultato completamente sorprendente e inaspettato. Non c’era nessuna teoria scientifica che riusciva a giustificare perché questo accadesse, nessuno avrebbe assolutamente potuto prevederlo. Quindi ci serviva qualcosa che ci permettesse di dare una spiegazione a questo risultato.
Le opzioni sono fondamentalmente due. O la gravità non funziona come crediamo che funzioni o c’è una forza che non stiamo considerando che permette questa accelerazione. I fisici, data l’alta precisione con cui avevamo verificato la relatività generale (e al giorno d’oggi ancora di più), hanno optato per questa seconda idea. E se si fanno i calcoli, viene fuori che c’è un termine che si può aggiungere, che ha le dimensioni di un’energia, un tipo di energia completamente diverso da tutto quello che conosciamo. La chiamiamo energia oscura, rappresenta il 67/68% circa dell’universo ed è la causa diretta dell’aumento della velocità della sua espansione.
Un lavoro pubblicato nel 2012 dall’università di Portsmouth e dalla LMU di Monaco, basato sulla sovrapposizione di mappe di regioni dell’universo con quelle della radiazione di fondo, ha migliorato la veridicità rispetto a precedenti analoghi studi di conferma dell’effetto Sachs-Wolfe, sostenendo una probabilità dell’esistenza di un’energia oscura del 99,9996% (lo stesso valore di 5 sigma raggiunto dalla scoperta del bosone di Higgs).
I due modelli più importanti per spiegare l’energia oscura sono la costante cosmologica e la quintessenza.
La spiegazione dell’energia oscura più semplice e più condivisa fra i fisici e i cosmologi è che essa sia “il prezzo di avere spazio“: ovvero un volume di spazio possiede un’energia intrinseca, chiamata energia del vuoto.
L’energia del vuoto assumerà pertanto il ruolo di costante cosmologica positiva antigravitazionale. Uno, però, dei più grandi problemi irrisolti della fisica è che la maggior parte delle teorie quantistiche dei campi prevedono un valore molto elevato per la costante dell’energia del vuoto quantico, fino a 123 ordini di grandezza rispetto alla costante cosmologica stimata come energia oscura. Ciò significherebbe che gran parte di tale energia dovrebbe essere annullata da un’altra energia uguale e di segno opposto. In alternativa alcune teorie supersimmetriche richiedono che la costante cosmologica sia esattamente zero. Dati così discordanti costituiscono il problema della costante cosmologica.
In alternativa l’energia oscura potrebbe derivare dall’eccitazione di particelle in alcuni tipi di campi scalari dinamici (previsti dal modello standard e dalla teoria delle stringhe), chiamata quintessenza. Questa differisce dalla costante cosmologica soprattutto perché può variare nello spazio e nel tempo. Non vi sono prove dell’esistenza della quintessenza, ma l’ipotesi non può essere eliminata a priori. Generalmente prevede un’accelerazione minore dell’espansione dell’universo, rispetto alla costante cosmologica.
Materia oscura e energia oscura. Due entità così diverse, ma così enigmatiche da essersi entrambe meritate l’appellativo di oscuro (dark, in inglese), certamente due dei più grandi misteri che l’uomo si sia mai trovato ad affrontare, il nostro 42 personale, la nostra risposta assurda. Le sfide che abbiamo davanti sono estremamente avvincenti e gli studi che cercano di indagare ciò che rimane ancora da scoprire di questo universo sono innumerevoli. Non rimane che aspettare, d’altronde viviamo nella migliore era possibile da questo punto di vista: ancora così tanto da scoprire, e moltissimi strumenti per farlo!
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