Domande e risposte su Breakthrough Starshot, il progetto lanciato da Stephen Hawking per inviare nanosonde verso la stella più vicina.
Pionieri
Il miliardario russo Yuri Milner e il fisico britannico Stephen Hawking alla presentazione dell’iniziativa.
Sei un miliardario della Silicon Valley e vuoi visitare la stella più vicina. Che fai? Ti procuri un bel po’ di soldi e un po’ di amici che possano aiutarti, tra cui il boss di Facebook Mark Zuckerberg e il grande fisico Stephen Hawking. Così almeno ha fatto l’imprenditore russo Yuri Milner, che nei giorni scorsi ha lanciato il suo progetto Breakthrough Starshot, allo scopo, appunto, di raggiungere per la prima volta lo spazio interstellare. Ecco quello che c’è da sapere su questa ambiziosa impresa.
Dimmelo in un nanosecondo: in che cosa consiste?
L’obiettivo è inviare nanosonde delle dimensioni di un francobollo verso Alpha Centauri, il sistema composto da tre stelle che, a soli quattro anni luce di distanza, è il più vicino al nostro pianeta. Ciascuna nanosonda, detta StarChip, sarà dotata di telecamere, propulsori, sistemi di navigazione e di comunicazione, naturalmente ideati e miniaturizzati dalle aziende della Silicon Valley. Ma una volta nello spazio, ciascuna sonda non sarà spinta da un qualsiasi combustibile, ma dalla luce, grazie a una vela laser, sottilissima e larga forse un metro.
Una vela laser? E che cos’è? Le distanze tra le stelle sono talmente vaste che per avere anche una remota possibilità di percorrerle bisogna ideare veicoli in grado di raggiungere una frazione consistente della velocità della luce. A differenza delle vele solari, che vengono spinte dal gentile “soffio” dei fotoni provenienti dal sole, le vele previste da Starshot riceverebbero la loro propulsione da un raggio laser dalla potenza di 100 miliardi di watt, emesso da un complesso di dispositivi posti a terra. (Guarda l’animazione). In questo modo raggiungerebbero una velocità pari al 20 per cento di quella della luce. Anche così serviranno quasi vent’anni per raggiungere il sistema di Alpha Centauri, dove le sonde scatteranno le loro immagini e le spediranno verso la Terra.
Che succede se una sonda urta qualcosa?
A quella velocità l’impatto di una sonda con un oggetto anche piccolo come un granello di polvere avrebbe soltanto una conseguenza: la totale disintegrazione. Ma lo spazio è quasi completamente vuoto, e i promotori del progetto ritengono che le probabilità di collisione siano bassissime.
Fantastico! Allora quando vedremo le prime immagini? Beh, è difficile a dirsi. Plausibilmente, i primi lanci potrebbero avvenire nel giro di un decennio o due. Per ora il progetto è nella fase della progettazione e degli aggiustamenti. È una scommessa da 100 milioni di dollari, perché servono assolutamente risorse aggiuntive – almeno qualche miliardo – per arrivare a una spedizione vera e propria.
Perché investire tutte queste risorse solo per andare su Alpha Centauri?
In teoria, dovrebbe essere solo il primo passo verso un futuro di viaggi interstellari. In termini cosmici, il sistema di Alpha Centauri è a due passi: solo 4,37 anni luce, vale a dire circa 40 mila miliardi di chilometri. È composto da tre stelle, quindi c’è molto da osservare. La più vicina alla Terra (4,24 anni luce) è Proxima Centauri, una nana rossa, dalla luce molto fioca. Le altre due, chiamate A e B, sono più vicine al nostro Sole, e quindi potenzialmente più interessanti dal punto di vista scientifico. Costituiscono un sistema binario, orbitando l’una intorno all’altra in un periodo di circa 80 anni.
Ci sono pianeti che orbitano attorno alle stelle di Alpha Centauri?
È possibile. Nel 2012 un gruppo di scienziati annunciò di aver individuato le tracce di un possibile pianeta roccioso in orbita attorno ad Alpha Centauri B, la più piccola delle due stelle del sistema binario. Da allora però nessuna delle osservazioni successive è più riuscita a individuare l’attrazione gravitazionale che dovrebbe segnalare l’esistenza di quel pianeta.
Alpha Centauri è visibile dalla Terra?
Assolutamente sì, ma solo dall’emisfero meridionale. A occhio nudo appare come un’unica stella bluastra, vicina alla Croce del Sud. Fa parte della costellazione del Centauro ed è la terza stella più luminosa del firmamento. Dall’emisfero settentrionale è più difficile da individuare, perché non si leva molto sopra l’orizzonte, ma alle basse latitudini, se si sa dove guardare, risulta a volte osservabile.
Come saranno le immagini raccolte dalle nanosonde?
Su questo punto c’è ancora molto lavoro da fare. In fin dei conti, le StarChip viaggeranno ad altissima velocità, coprendo ogni ora una distanza equivalente a quella tra la Terra e il Sole. Come evitare che le loro fotografie non mostrino altro che una grossa macchia sfuocata? Il team di Starshot promette di mettere a punto un sistema ottico in grado di scattare immagini dettagliate anche a queste velocità. In più, per arrivare a Terra quelle immagini impiegheranno più di quattro anni, visto che naturalmente viaggeranno al massimo alla velocità della luce.
Peccato. Si possono facilitare le cose sparando i laser dallo spazio?
È un’idea che circola da decenni: a proporla per primo è stato uno studioso di nome Robert Forward, che ipotizzò di mettere in orbita “cannoni laser” in modo da evitare l’effetto di assorbimento della luce causato dall’atmosfera terrestre. I promotori di Starshot hanno però scartato questa ipotesi: mettere in orbita un laser da 100 miliardi di watt potrebbe essere politicamente problematico, oltre che immensamente costoso. Per minimizzare gli effetti distorsivi dell’atmosfera oggi si può usare la cosiddetta ottica adattativa, già impiegata per le osservazioni astronomiche. Per massimizzare il segnale dei laser, il team ipotizza di posizionarli in un luogo elevato e asciutto, come il deserto di Atacama in Cile, già oggi sede di numerosi telescopi.
Questa nuova tecnologia è applicabile anche a esplorazioni più vicine?
Perché no? Se davvero si riuscirà a costruire nanosonde laser funzionanti, forse sarà possibile inviarle a esplorare il nostro sistema solare: viaggiando al 20 per cento della velocità della luce, impiegherebbero un solo giorno per raggiungere Encelado, la luna di Saturno che nasconde un oceano sotto la crosta ghiacciata, e solo tre per arrivare a Plutone, contro i quasi dieci anni impiegati dalla sonda New Horizons.
Insomma, funzionerà?
Forse. È possibile. Intanto chiunque può esprimere la sua previsione – e monitorare quelle degli altri su questo sito.
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