L’Italia nel progetto del radiotelescopio a bassa frequenza Ska-Low

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Una stazione/prototipo completa di 256 antenne a bassa frequenza presso il Murchison Radio-astronomy Observatory di Csiro, nell’Australia Occidentale. Le antenne fanno parte del progetto Ska. Crediti: Icrar / Università di Curtin
Una stazione/prototipo completa di 256 antenne a bassa frequenza presso il Murchison Radio-astronomy Observatory di Csiro, nell’Australia Occidentale. Le antenne fanno parte del progetto Ska. Crediti: Icrar / Università di Curtin

Verso Ska: ingegneri nel deserto australiano. Caldo, insetti e ore interminabili di lavoro: questo e molto altro è lavorare nell’Outback in Australia Occidentale. Tutto per installare antenne a bassa frequenza del progetto Square Kilometre Array. Sono le prime 256 di 130mila e l’installazione verrà completata nei prossimi anni. L’Italia è uno dei partner principali del consorzio che si occupa di queste antenne, dalla simpatica forma ad albero di Natale.

«Non è stato un compito semplice, oltre ad abituarci alle condizioni climatiche estreme e a milioni di mosche, abbiamo avuto problemi tecnici importanti. Ma con l’aiuto dei colleghi di Icrar abbiamo completato l’array principale». Con queste parole Jader Monari, ingegnere dell’Istituto nazionale di astrofisica (sede di Bologna), racconta la straordinaria e complessa esperienza nell’arido deserto in Australia Occidentale per portare a termine l’installazione della prima stazione prototipo di Ska-Low (Aperture Array Verification System 1 – AAVS1) composta da 256 antenne a bassa frequenza (simili ad alberi di Natale) operanti fra 50 e 350 MHz. Si tratta del braccio australiano del telescopio Square Kilometre Array (Ska), che conterà (oltre alle altre in Sudafrica) 130mila antenne del consorzio Low Frequency Aperture Array (Lfaa) disegnate per “raccogliere” i segnali a bassa frequenza provenienti dal cosmo. Il team di ingegneri e scienziati che si occupa di questa fase cruciale ha recentemente completato con successo l’installazione di una stazione composta da prototipi, situato nell’outback australiano.

Sotto la direzione di Pieter Benthem di Astron, le antenne sono state installate nel corso di molti mesi di lavoro da un team internazionale di ingegneri provenienti da Australia, Italia, Malta, Paesi Bassi e Regno Unito, a volte in condizioni difficili e proibitive. Capitanato da Monari, il gruppo italiano composto da ingegneri e tecnici del Radiotelescopio di Medicina, ha completato il deploy presso il Murchison Radio-astronomy Observatory (Mro) lo scorso novembre con molta determinazione e competenza.

«Aavs1 è un passo molto importante per il progetto Ska-Low in quanto ha permesso di mettere a fuoco aspetti critici che ora verranno applicati al sistema Lfaa. Abbiamo imparato moltissimo, dalla preparazione dei bandi nazionali, alla produzione, la preparazione dei test, la fase di accettazione, spedizione, preparazione per l’installazione e alla missione vera e propria», racconta Monari aggiungendo che «fra alti e bassi abbiamo dovuto anche gestire l’umore del gruppo, molto importante in questi luoghi remoti».

L’Istituto nazionale di astrofisica ha disegnato, progettato e prodotto 800 catene riceventi nonché i sistemi di acquisizione in collaborazione con i colleghi dell’Osservatorio di Arcetri, Catania, Iasf-Milano, Università di Bologna, Firenze e Ferrara e Cnr-Ieiit.

Il consorzio di Ska Lfaa è guidato dall’Olanda e riunisce esperti da Australia, Regno Unito, Malta e Italia; si tratta di uno dei 12 consorzi il cui compito è quello di progettare e costruire le numerose antenne che andranno a formare, fra qualche anno, lo Square Kilometre Array tra Africa e Australia. La piattaforma di prova Aavs1 si trova a 800 chilometri a nord di Perth, dove ci sono anche le antenne dell’Australian Ska Pathfinder, uno strumento formato da 36 antenne a parabola, e quelle del Murchison Widefield Array (Mwa) – composto da 2048 unità in funzione dal 2013.

Per gli ingegneri coinvolti, vedere un prototipo completato è un grande risultato dopo molti anni di lavoro. «È la prima volta che mi occupo di un progetto così grande, quindi per me è stata una grande esperienza», sottolinea Marco Poloni, ingegnere Inaf che ha partecipato alla campagna di installazione.

«Unire la complessità progettuale con alti volumi di produzione non è una cosa banale per un ente di ricerca che tipicamente è abituato a sviluppare pochi prototipi. Ora le attività di collaudo sono passate al gruppo di validazione scientifica che sta effettuando le prove di calibrazione e le prime radiomappe», spiega Monari che conclude dicendo: «Non ci rimane che installare “solo” 125mila antenne».

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