Libero arbitrio: cosa dicono le neuroscienze

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Il principio di minima azione e il finalismo in meccanica. Siamo convinti che il libero arbitrio esista, ma una nuova ricerca suggerisce che sia solamente il frutto di un autoinganno del nostro cervello. Lo facciamo centinaia di volte al giorno: spegniamo la sveglia, prendiamo una camicia dall’armadio, andiamo a prendere una birra in frigo. In tutti questi casi, concepiamo noi stessi come agenti liberi, che controllano consapevolmente il proprio corpo per raggiungere uno scopo. Ma che cosa può dire la scienza sulla vera fonte di questa esperienza?

In un classico articolo pubblicato quasi vent’anni fa, gli psicologi Dan Wegner e Thalia Wheatley hanno avanzato un’ipotesi rivoluzionaria: l’esperienza di compiere intenzionalmente un’azione spesso non è altro che l’inferenza causale post hoc del fatto che i nostri pensieri abbiano causato alcuni comportamenti. La sensazione in sé, tuttavia, non ha alcun ruolo causale nella produzione di quel comportamento. Questo a volte può indurci a pensare di aver fatto una scelta quando in realtà non l’abbiamo fatta, o di aver fatto una scelta diversa da quella che abbiamo fattomin realtà.

Ma qui c’è un mistero. Supponiamo, come propongono Wegner e Wheatley, di osservare (inconsciamente) noi stessi che effettuiamo qualche azione, come prendere una scatola di cereali al supermercato, e di arrivare solo dopo a dedurre che lo abbiamo fatto intenzionalmente. Se questa è la vera sequenza degli eventi, come potremmo essere ingannevolmente indotti a credere di aver voluto fare quella scelta prima di avere osservato le conseguenze di quell’azione? Questa spiegazione del modo in cui pensiamo il nostro agire sembrerebbe richiedere una sorta di soprannaturale causalità a ritroso, in cui la nostra esperienza di volontà cosciente sarebbe sia un prodotto sia una causa apparente del comportamento.

In uno studio appena pubblicato su “Psychological Science”, Paul Bloom e io abbiamo esplorato una soluzione radicale, ma non magica, a questo enigma. Forse, nel preciso momento in cui sperimentiamo una scelta, la nostra mente sta riscrivendo la storia, inducendoci a pensare che questa scelta – che è stata effettivamente completata dopo che le sue conseguenze sono state percepite inconsciamente – sia stata una scelta che avevamo fatto fin dall’inizio.

Anche se il modo esatto in cui la mente potrebbe farlo non è ancora pienamente compreso, fenomeni simili sono già stati documentati. Per esempio, vediamo il moto apparente di un punto prima di vedere quel punto raggiungere la sua destinazione, e sentiamo un tocco fantasma che si sposta lungo il braccio prima di percepire un tocco reale in un punto più in là su di esso.

Le illusioni “postdittive” di questo tipo in genere sono spiegate notando che c’è un ritardo nel tempo impiegato dalle informazioni per raggiungere la consapevolezza cosciente: essendo leggermente in ritardo rispetto alla realtà, la coscienza può “prevedere” eventi futuri che non sono ancora entrati nella nostra coscienza, ma che inconsciamente sono stati già codificati, creando così l’illusione che un evento futuro alteri un’esperienza passata.

In uno dei nostri studi, ai partecipanti sono stati più volte mostrati sul monitor di un computer cinque cerchi bianchi in posizioni casuali e sono stati invitati a scegliere mentalmente, e in fretta, uno dei cerchi prima che uno di essi si illuminasse di rosso.

Se il cerchio diventava rosso così velocemente che i soggetti avevano la sensazione di non essere stati in grado di completare la loro scelta, potevano segnalare di non aver finito in tempo. In caso contrario, indicavano se avevano scelto il cerchio rosso (prima che diventasse rosso) o un cerchio diverso.

Abbiamo quindi analizzato la probabilità che le persone indicassero una previsione riuscita tra i casi in cui esse pensavano di aver avuto il tempo di compiere una scelta.

All’insaputa dei partecipanti, il cerchio che si illuminava di rosso in ogni prova dell’esperimento era scelto in modo del tutto casuale dal computer. Quindi, se i partecipanti avessero veramente completato le loro scelte quando affermavano di averlo fatto prima che uno dei cerchi diventasse rosso, avrebbero dovuto indicare il cerchio rosso in media una volta su 5.

Ma le prestazioni dei partecipanti deviavano di un irrealistico 20 per cento da questa probabilità, superando addirittura il 30 per cento quando un cerchio diventava rosso in modo particolarmente rapido. Questo modello di risposta suggerisce che la mente cosciente dei partecipanti a volte aveva scambiato l’ordine degli eventi, creando l’illusione che una scelta avesse preceduto il cambiamento di colore quando, in realtà, era stata distorta da quel cambiamento.

È importante sottolineare che la scelta del cerchio rosso segnalata dai partecipanti scendeva a valori vicini al 20 per cento quando il ritardo del cerchio nell’illuminarsi di rosso era abbastanza a lungo da impedire alla mente subconscia di ingannare la coscienza e sussurrare il cambiamento di colore prima che venisse completata una scelta consapevole. Questo risultato ci ha garantito che i partecipanti non stavano semplicemente cercando di ingannarci (o di autoingannarsi) sulle loro capacità di previsione o semplicemente che gli piaceva farci sapere che erano stati corretti.

Infatti, le persone che hanno manifestato l’illusione dipendente dal tempo erano spesso completamente inconsapevoli della loro prestazione superiore alle probabilità quando, nel breve colloquio che seguiva l’esperimento, si informavano su di essa. Inoltre, in un esperimento correlato abbiamo scoperto che il bias della scelta corretta non era stato indotto da confusione o incertezza su ciò che era stato scelto: anche quando i partecipanti erano molto fiduciosi nella loro scelta, hanno mostrato una tendenza a fare la “scelta” corretta un numero impossibile di volte.

Complessivamente, questi risultati suggeriscono che possiamo ingannarci sistematicamente sul modo in cui operiamo una scelta, anche quando abbiamo una forte intuizione del contrario. Ma perché la nostra mente ci ingannerebbe in modo apparentemente così stupido? Questa illusione non dovrebbe essere devastante per la nostra vita mentale e il nostro comportamento?

Forse no. Forse l’illusione può essere spiegata semplicemente con i limiti dell’elaborazione cerebrale delle percezioni, che inducono confusione solo alle scale temporali brevissime dei nostri esperimenti (o di esperimenti simili), ma che difficilmente riguardano il mondo reale.

Una possibilità più speculativa è che le nostre menti siano progettate per distorcere la nostra percezione delle scelte e che questa distorsione sia una caratteristica importante (e non semplicemente un “baco”) del nostro apparato cognitivo. Per esempio, se l’esperienza della scelta è un tipo di inferenza causale, come suggeriscono Wegner e Wheatley, scambiare l’ordine di scelta e azione nella coscienza può aiutarci a comprendere che siamo esseri fisici che possono produrre effetti nel mondo. Più in generale, questa illusione può essere fondamentale per lo sviluppo di una fede nel libero arbitrio che, a sua volta, giustifica la punizione.

Eppure, che ci siano o meno dei vantaggi nel credere che abbiamo più controllo sulla nostra vita di quanto ne abbiamo, è chiaro che l’illusione può andare troppo oltre. Se una distorsione da un quarto di secondo nella nostra esperienza temporale può non essere un grosso problema, distorsioni su tempi più lunghi – come quelle che possono affliggere le persone con problemi mentali come la schizofrenia e disturbo bipolare – potrebbero deformare in modo sostanziale e negativo la prospettiva di fondo di una persona sul mondo. Le persone con queste malattie possono cominciare a credere di poter controllare il tempo o di avere una straordinaria capacità di prevedere il comportamento delle altre persone. In casi estremi, possono anche convincersi di avere poteri divini.

Resta da vedere fino a che punto l’illusione postdittiva della scelta che osserviamo nei nostri esperimenti sia collegata a questi aspetti più preoccupanti della vita quotidiana e della malattia mentale. L’illusione può riguardare solo a un piccolo insieme delle nostre scelte, fatte in fretta e senza pensarci su troppo. O può essere pervasiva e onnipresente, così da governare tutti gli aspetti del nostro comportamento, dalla nostre decisioni più insignificanti a quelle più importanti. Molto probabilmente, la verità sta nel mezzo. Comunque stiano le cose, i nostri studi si aggiungono a un crescente corpo di ricerche che suggeriscono che anche le nostre convinzioni apparentemente più ferree relative al nostro operato e alla nostra esperienza cosciente possono essere del tutto sbagliate.

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