Energia oscura, ma necessaria per spiegare l’accelerazione dell’Universo. Su Nature Astronomy uno studio delle Università di Milano e Durham ribadisce la validità della teoria della relatività generale anche su scala cosmologica: l’energia oscura si conferma una presenza necessaria per spiegare il comportamento del nostro universo.
«Comprendere perché l’espansione dell’universo stia oggi accelerando è probabilmente la domanda più affascinante della cosmologia moderna». Ad affermarlo è Luigi Guzzo, professore ordinario di cosmologia dell’Università Statale di Milano (e ricercatore associato dell’Inaf e Infn) e co-autore di un articolo che esce oggi sulla rivista Nature Astronomy. La ricerca va a testare le due possibili origini dell’accelerazione: nello scenario standard questa richiede l’aggiunta della cosiddetta energia oscura nelle equazioni di Einstein, ma in una visione più ampia potrebbe indicare una possibile incompletezza della teoria della Relatività Generale, più precisamente di un “difetto” nella sua applicazione su scala cosmologica.
Usando un approccio innovativo che ha utilizzato dati sperimentali e simulazioni numeriche, ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e della Durham University (Uk) hanno dimostrato che una modifica anche piccola delle equazioni della Relatività Generale porterebbe ad un universo in cui le galassie si ammassano e si muovono in modo molto diverso dall’Universo reale. Lo studio rende poco plausibile l’ipotesi che l’accelerazione dell’espansione dell’Universo scoperta nel 1998 sia dovuta ad un’incompletezza della teoria di Einstein. Questo ribadisce nel contempo la presenza della misteriosa energia oscura, necessaria a “spingere” l’universo.
La teoria della Relatività Generale, formulata da Einstein nel 1915, ha finora superato brillantemente ogni test sperimentale cui è stata sottoposta. Ultimo di questi la recente e spettacolare rivelazione delle onde gravitazionali. In questo contesto, in cui la teoria della gravità è universalmente accettata, la scoperta che la velocità di espansione dell’universo è maggiore oggi che 7 miliardi di anni fa (che ha fruttato il Premio Nobel per la Fisica 2011) richiede necessariamente la presenza di un ingrediente extra nella “mistura cosmica” che regola il modo in cui l’universo evolve. È questa la cosiddetta costante cosmologica, un contributo di energia “oscura” che produrrebbe un effetto repulsivo in grado di sovrastare il “frenamento” della forza di gravità prodotta dalla materia contenuta nell’Universo stesso.
L’apparente accelerazione potrebbe tuttavia segnalare qualcosa di completamente diverso, e più profondo, ovvero che qualcosa non funzioni più quando la teoria viene applicata a scale molto grandi. Se fosse così, potrebbe non esserci bisogno dell’energia oscura.
In un certo senso staremmo cercando di far indossare all’Universo un vestito troppo stretto: in questa analogia, per riuscire a indossarlo saremmo costretti a stiracchiarlo innaturalmente, e lui cercherebbe di tornare alla sua misura, producendo l’accelerazione. Come capire quindi se dobbiamo buttare via il vestito e comprarne uno nuovo o accettare di indossarlo così com’è, ma completandone la trama con l’energia oscura?
Un modo c’è, e venne evidenziato nel 2008 proprio in un altro articolo su Nature: se modifichiamo le leggi della gravità, cambiamo anche il modo in cui le strutture si aggregano all’interno dell’Universo sotto il suo effetto. Le galassie si muovono seguendo questa crescita gravitazionale, attirate verso le regioni più massicce con una velocità che sappiamo dipendere direttamente dalla teoria della gravità. «Nel nostro lavoro del 2008 (n.d.r. Nature 451, 541) mostrammo che l’effetto di queste velocità sulle mappe tridimensionali di galassie poteva potenzialmente rivelare variazioni della gravità a grandi scale”, continua Guzzo.
«In questo lavoro abbiamo utilizzato la più grande mappa di questo tipo, la Sloan Digital Sky Survey (Sdss), che contiene inoltre informazioni dettagliate sulle proprietà delle singole galassie, come, in particolare, la loro massa totale in stelle», dice il primo autore dell’articolo, Jianhua He, dell’Università di Durham, per quattro anni assegnista di ricerca dell’Inaf. «Questo ci ha permesso di riprodurre le galassie nei nostri “Universi” simulati al calcolatore in modo coerente con quelle vere. La novità del nostro approccio è stata di esser riusciti a confrontare teoria e dati sperimentali laddove finora non era stato fatto».
Jianhua He e collaboratori hanno infatti simulato la distribuzione e le velocità delle galassie nel caso del modello standard basato sulla Relatività Generale assieme ad una lieve variante della medesima [i cosiddetti modelli f(R)]. Il risultato è stato che le galassie simulate con la teoria di Einstein (che include l’energia oscura attraverso la famosa costante cosmologica) riproducono la distribuzione statistica di posizioni e velocità in modo sorprendentemente accurato. Al contrario, la simulazione del modello “modificato” si allontana fortemente dai dati sperimentali.
L’energia oscura si conferma quindi un ingrediente necessario per spiegare il comportamento del nostro Universo. Se sia una manifestazione dell’energia quantistica del vuoto, se sia costante o se evolva nel tempo rimangono domande aperte e affascinanti. Importanti risposte arriveranno da nuovi progetti in corso di preparazione, che si propongono di realizzare mappe delle galassie e della materia oscura ancora più grandi. È questo il caso della missione Euclid dell’Esa, che verrà lanciata nel 2022 e in cui l’Italia, l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Inaf giocano un ruolo primario.
Per saperne di più:
- leggi su Nature Astronomy l’articolo No evidence for modifications of gravity from galaxy motions on cosmological scales di Jian-hua He, Luigi Guzzo, Baojiu Li, Carlton M. Baugh
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