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L’effetto lente gravitazionale conferma la teoria della relatività

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L'effetto lente gravitazionale conferma la teoria della relatività
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La danza della stella attorno al buco nero, nuova conferma del genio di Einstein. L’orbita di un astro attorno al buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea corrisponde ai calcoli fatti grazie alla teoria del fisico tedesco, che resiste a più di un secolo dalla sua formulazione

Lì dove le masse si fanno davvero giganti e il tachimetro si avvicina pericolosamente alla velocità della luce, c’è il laboratorio di fisica più estremo che l’uomo ha a disposizione. Siamo al centro della nostra galassia, a circa 26.000 anni luce da noi, e da lì arriva una nuova conferma della teoria della Relatività generale di Einstein. Qui le stelle orbitano attorno al buco nero supermassiccio Sagittarius A*. Gli astrofisici per 30 anni hanno seguito il percorso di una di queste, una giostra vorticosa che la porta a raggiungere il tre per cento della velocità della luce. La sua orbita, distorta dagli effetti relativistici, è stata prevista grazie alla teoria di Einstein, che resta la più elegante e precisa descrizione di come si muovono le cose nell’Universo.

Stella S"S2, la stella in questione, non descrive infatti una semplice ellisse chiusa durante la sua rivoluzione attorno a Sagittarius A*, ma il suo moto disegna un rosone. Il motivo di questa distorsione riguarda proprio la presenza del buco nero al quale la stella passa piuttosto vicino. Parliamo di circa 20 miliardi di chilometri, 120 volte la distanza che separa la Terra dal Sole. Può sembrare un’enormità, ma l’attrazione del gigantesco buco nero si fa sentire con anche qui con tutta la sua forza.

Quando Newton non basta

Isaac Newton aveva descritto il mondo nella maniera più accurata possibile al suo tempo, la legge di gravitazione universale, assieme ai principi della dinamica, sono pilastri della fisica moderna grazie ai quali, per esempio, possiamo calcolare con ottima approssimazione la caduta di un oggetto o le orbite della Terra e di tutti gli altri pianeti. Tranne Mercurio. Dove il campo gravitazionale si fa davvero molto intenso, le formule di Newton infatti non bastano più. Bisognò aspettare un paio di secoli, fino a quando Einstein, con la Relatività generale, non ideò la teoria più precisa mai ottenuta per calcolare anche quello che succede vicino a grandi masse, come quella del Sole o, appunto, di un buco nero.

La danza della stella attorno al buco nero supermassiccio

Mercurio, insomma, non si comporta come Newton aveva previsto, la sua orbita subisce una precessione molto più marcata rispetto a Venere o la Terra. Questo perché è molto più vicino al Sole che curva lo spaziotempo. Allo stesso modo si comporta una stella come S2, che danza attorno a un buco nero che ha una massa stimata di circa quattro milioni di volte quella dello stesso Sole.

La sua orbita, come quella di Mercurio, subisce quella precessione che, ogni volta che si avvicina, la modifica leggermente. La stella S2, è una osservata speciale da almeno 30 anni. Ce ne impiega infatti 16 per compiere un’orbita completa attorno a Sagittarius A*. Ora, un team internazionale di astrofisici, usando gli strumenti del Very large telescope dell’Eso, in Cile, ne ha ricostruito il percorso in questi tre decenni. E il risultato, pubblicato oggi su Astronomy & Astrophysics, è stato quello atteso, perché corrisponde all’orbita calcolata grazie alla Relatività generale di Einstein.

La conferma della teoria di Einstein

In più di un secolo (lo studio della Relatività generale è del 1916) è stata testata e messa alla prova moltissime volte. La prima evidenza empirica di questi effetti relativistici fu quella dell’eclissi del 1919, quando la posizione delle stelle osservate vicino al bordo del Sole oscurato dalla Luna, fu misurata con uno spostamento atteso. Perché anche la luce viene piegata da un oggetto molto massiccio, come aveva descritto Einstein. Lo scienziato divenne una rockstar e la Fisica non fu più la stessa. Questa bizzarria della luce che devia e prende diversi percorsi crea molte stranezze nel cielo. Per esempio le ”croci di Einstein”, immagini diverse dello stesso oggetto (molto luminoso, una supernova o una galassia) che dalla Terra vediamo riprodotte più volte grazie alla interazione di un altro oggetto molto massiccio che sta in mezzo. L’effetto è noto come lente gravitazionale.

Nel 2016, addirittura, fu osservato il ”replay” dell’esplosione di una stella, la cui luce aveva viaggiato per diverse vie, arrivando fino a noi in tempi diversi. Anche questa predizione fu fatta grazie ai calcoli della Relatività.

S2 e le altre stelle che orbitano attorno a Sagittarius A* sono state a lungo oggetto di analisi, sempre per trovare misure sempre più precise per testare la Relatività generale. Nel 2017 ancora la sua orbita fu misurata per testare i calcoli e la Relatività passò l’esame. Attorno a Sagittarius A*, che si conferma straordinario laboratorio di Fisica con masse estreme, adatte a mettere alla prova le formule che descrivono il movimento degli oggetti, nel 2018 il test riguardò l’effetto sulla luce di una stella sempre da quella regione, con uno spostamento verso il rosso, un redshift, che si manifesta in presenza di masse enormi.

Fino ad arrivare alla prima immagine di un buco nero, realizzata grazie ai radiotelescopi sparsi in tutto il mondo. Anche in quel caso, tutto era spiegabile (per esempio la sua forma) con i calcoli elaborati dalla Relatività. Come sempre, si continuerà a provare e riprovare, per cogliere in fallo, per trovare quello che la Relatività non riesce a spiegare. A quel punto saremo di fronte, forse, alle porte di una nuova Fisica, che potrebbe, chissà, aprirsi sulla strada della “Teoria del tutto” che unifichi la spiegazione della gravità descritta dalla Relatività, con la descrizione delle altre forze fondamentali (elettromagnetismo, interazione nucleare debole e forte della fisica quantistica).

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