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Le polveri cosmiche rendono più misteriosi i buchi neri

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Buchi neri misteriosi, oscurati da più polveri del previsto. Osservati con il telescopio spaziale Sofia, nato da una collaborazione tra Nasa e Centro aerospaziale tedesco.

I buchi neri si rivelano doppiamente misteriosi: alla loro natura estrema e compresa solo in minima parte, si aggiunge il fatto che sono avvolti da una cortina di polveri cosmiche molto più densa e compatta di quanto si credesse. La scoperta di ricercatori dell’Università del Texas a San Antonio, pubblicata sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, si è servita del telescopio spaziale Sofia (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy, Telescopio della stratosfera per gli infrarossi), nato da una collaborazione tra Nasa e Centro aerospaziale tedesco.

Quasi tutte le galassie più grandi contengono un buco nero supermassiccio al loro interno: molti di questi oggetti sono in uno stato di quiete, come quello al centro della Via Lattea, mentre altri sono attivi e consumano enormi quantità di materia, emettendo anche moltissima energia. Questi ultimi sono chiamati nuclei galattici attivi e la materia in caduta libera verso di loro forma una struttura a forma di ciambella che li nasconde. I ricercatori guidati da Lindsay Fuller hanno osservato gli infrarossi emessi da 11 buchi neri supermassicci situati a 100 milioni di anni luce o più, analizzando la grandezza, la trasparenza e la distribuzione di ogni “ciambella” di polvere.

La scoperta è che le osservazioni non coincidono con le previsioni: le polveri cosmiche che oscurano i buchi neri sono molto più dense e i buchi neri attivi emettono buona parte della loro energia a lunghezze d’onda non osservabili da terra, perché vengono assorbite dal vapore acqueo presente nell’atmosfera. Sofia, invece, vola al di sopra del 99% del vapore acqueo che circonda la Terra, permettendo le analisi del gruppo di ricerca. “Il nostro prossimo obiettivo sarà usare Sofia per osservare un maggior numero di buchi neri anche ad altre lunghezze d’onda, per avere più dettagli della cortina di polveri che li circondano”, hanno spiegato i ricercatori.

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