Laboratoro del Gran Sasso, una donna ricerca la materia oscura

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Una fisica a caccia di materia oscura: “Siate chi volete, sin da piccoli”. Il gender gap? “Va superato a livello culturale”. Intervista a Elisabetta Baracchini, fisica del Gran Sasso Science Institute.

“La passione per la scienza l’ho sempre avuta, ma un giorno ebbi proprio un’epifania: stavo andando al cinema, ero in anticipo. Sono allora entrata in libreria e tra i libri c’era quello di Stephen Hawking ‘Dal Big Bang ai buchi neri’. Lo comprai e mi aprì la mente, avevo sedici anni”. La storia di Elisabetta Baracchini, fisica del Gran Sasso Science Institute (Gssi), comincia da qui e arriva fino alla ricerca dell’insondabile materia oscura che costituisce gran parte dell’Universo. È lei, infatti, ad essersi aggiudicata il Consolidator grant dell’European Research Council, due milioni di euro in cinque anni per sviluppare un rivelatore innovativo per la ricerca di materia oscura sulla base di un’esperienza biennale maturata nei laboratori dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) di Frascati. “Questo Grant è per dimostrare la fattibilità della tecnica sperimentale proposta, che, se si dimostrasse performante come speriamo, diventerà un esperimento molto più grande”, che troverà posto nei laboratori del Gran Sasso, con la partecipazione anche di altri Paesi.

Una fisica a caccia di materia oscura: "Siate chi volete, sin da piccoli"Baracchni, assunta nel 2018 dal Gssi dopo anni di precarietà, ha vissuto sette anni all’estero. Ora vive all’Aquila, “una città in rinascita, con un’atmosfera bella”.

“Non ho cambiato solo domicilio e laboratorio, ma anche ambito- racconta all’Agenzia Dire- Prima mi occupavo di fisica della alte energie. Volevo cambiare, avevo perso un po’ interesse per quel tipo di fisica e non avevo molto prospettive lavorative in termini di possibilità. Così ho cercato una svolta nella mia vita. E tutto è cambiato: i progetti di ricerca sono diventati miei, tutto è diventato più affascinante. Ho lavorato tanto per tornare in italia- spiega- Sono andata all’estero non per scappare dal mio Paese, ma solo per compiere un ulteriore passo nella mia formazione professionale. Volevo, però, tornare in Italia. È stato meno facile di quello che pensavo, all’inizio, ma poi il ritorno è stato molto bello. Mi sono trovata a capo del mio progetto con una libertà e una prospettiva sul futuro diversa”. Un risultato notevole, in un Paese in cui, riportano le statistiche, non c’è cultura scientifica e men che mai tra le donne (solo 12 laureate su 10mila hanno seguito corsi Stem).

Come mai questo disamore per la scienza, tra le ragazze? “Sono convinta che gran parte dei problemi sia nell’educazione di base, a partire da quando si è bambini. Se alle bambine uno continua a regalare bambole o la cucina o lo spazzolone per pulire casa non instilleremo mai nella loro mente che possono essere anche scienziate- ragiona Baracchini- Ma questo problema io lo vedo anche rispetto agli uomini. Perché ai bambini insegniamo che per essere uomini devono fare il soldato, il pompiere, un mestiere che dimostri virilità ecc.? Un uomo può anche fare il casalingo e avere una vita assolutamente soddisfacente. In generale bisognerebbe insegnare a tutti che possono essere quello che vogliono nella vita, basta impegnarsi. Avere la forza di perseguire i propri sogni, con la forza di lavorare duramente, perché niente è gratis. Ma possiamo essere quello che vogliamo indipendentemente dal genere”.

Il tema non è solo italiano. “A me sembra che il gender gap sia un problema generale. La disuguaglianza di genere a livello globale è stata superata. Parlo di possibilità, a livello legale, che vengono date agli uomini e alle donne. Però quello che manca è un passaggio ulteriore a livello culturale. Si dice che per i cambiamenti forti ci vogliano un paio di generazioni perché vengano accettati… per me per lavorare su queste cose bisogna partire fin da piccoli a mantenere la mentalità aperta. Non solo a scuola, ma anche in famiglia”.

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