Un retrovirus endogeno che favorisce la tossicodipendenza. Quando il retrovirus HK2, uno dei molti retrovirus che in epoche remote si sono integrati stabilmente nel genoma umano, si trova in prossimità di un gene che regola il sistema cerebrale della ricompensa, è in grado di alterarne l’attività, rendendo più sensibili al rischio di sviluppare una dipendenza i soggetti che hanno il gene in quella posizione.
Un antico retrovirus che si è integrato nel genoma umano circa 250.000 anni fa sembra in grado di facilitare lo sviluppo di tossicodipendenza in alcuni soggetti.
Più precisamente, il rischio di dipendenza aumenterebbe quando l’integrazione è in corrispondenza di un gene (RASGRF2) che modula l’attività del sistema dopaminergico, o della ricompensa, nel cervello. La scoperta di questo marcatore del rischio di dipendenza è di gruppo di ricercatori dell’Università di Oxford, in Gran Bretagna, e della National and Kapodistrian University of Athens, in Gracia, che firmano un articolo sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”.
Nel genoma umano è presente un numero elevatissimo di “resti” di retrovirus che infettarono i nostri antenati in epoche remote, in genere prima della separazione della nostra specie dagli altri primati. I resti di questi retrovirus, noti come HERV (human endogenous retroviruses) si trovano in tutti o quasi gli esseri umani, e appaiono integrati nel nostro genoma sempre nella stessa posizione.
Fa eccezione un piccolo numero di HERV, fra i quali il retrovirus HK2 (o più propriamente HERV-K HML-2), che non si trova in tutti e che nei suoi portatori può essere integrato in posizioni differenti del genoma.
Nel quadro di una ricerca sulla potenziale pericolosità degli HERV, Aris Katzourakis e colleghi hanno iniziato a studiare HK2. Hanno così scoperto che nelle persone con una storia importante di tossicodipendenza (ossia di lunga data e caratterizzata dall’iniezione endovenosa della sostanza) la presenza di HK2 in prossimità del gene RASGRF2 (che interessa appena il 5 per cento dei portatori di HK2) è molto più elevata – da due a quattro volte – rispetto al campione di popolazione
usato come controllo. Il risultato, sottolineano i ricercatori, si è dimostrato valido sia per i soggetti tossicodipendenti esaminati in Scozia sia per quelli studiati in Grecia.
Successive analisi su topi nel cui genoma era stato inserito HK2 nella stessa posizione hanno poi confermato l’alterazione del profilo di espressione del gene.
Questo è il terzo caso – dopo la scoperta dell’HIV e dell’HTLV – in cui si scoprirebbe una forte correlazione tra un retrovirus umano e una condizione patologica, ma il primo che riguarda un comportamento.
Katzourakis e colleghi ricordano comunque che l’insorgere di una tossicodipendenza è collegato a un insieme molto più complesso di fattori – non tutti i portatori della configurazione genica HK2-RASGRF2 sono tossicodipendenti e non tutti i tossicodipendenti ne sono portatori – ma sottolineano che essere portatori di quella configurazione è predittivo di un maggiore rischio di svilupparla.
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