La superficie di Mercurio è nera di grafite

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Un’antica crosta di grafite potrebbe essere all’origine dei materiali ricchi di carbonio rilevati su Mercurio dalla sonda MESSENGER della NASA. È la conclusione di uno studio pubblicato su “Nature Geoscience” da Patrick Peplowski e colleghi dello statunitense Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory, che risolve anche un piccolo mistero sulla riflettanza del piccolo pianeta, cioè la capacità di riflettere la luce.

La superficie di Mercurio è infatti più scura di quella della Luna, eppure il ferro, l’elemento che rende scura la superficie dei pianeti privi di atmosfera, è più abbondante sulla Luna che su Mercurio. Per questo motivo, si è ipotizzato che a rendere scura Mercurio sia un altro elemento: il carbonio.

Ma qual è l’origine di questo carbonio? Secondo alcuni, sarebbe presente sul pianeta fin dalla sua origine, mentre per altri sarebbe arrivato sul pianeta per mezzo di impatti di micrometeoriti. La possibilità di dirimere la questione è ora offerta dalle misurazioni effettuate da MESSENGER, lanciata nel 2004 per studiare Mercurio, che dal 2011 ad aprile 2015 ha orbitato attorno al pianeta, prima di schiantarsi sulla sua superficie, come previsto dalla missione.

In particolare, Peplowski e colleghi hanno ricavato dati dalle rilevazioni ottenute con lo spettrometro di neutroni e con quello a raggi X, confermando che il materiale più scuro che si osserva sulla superficie è in effetti ricco di carbonio.

“Grazie al Neutron Spectrometer montato a bordo della sonda abbiamo ricostruito la distribuzione del carbonio, dimostrando che è strettamente correlata con la presenza del materiale più scuro”, ha puntualizzato Larry Nittler, chimico e collega di Peplowski. “Inoltre, abbiamo usato questa tecnica spettroscopica e quella a raggi X per confermare che il materiale oscuro non ha un alto contenuto di ferro, contrariamente a quanto avviene sulla Luna, dove sono i minerali ricchi di ferro a rendere scura la superficie”.

La superficie di Mercurio è nera di grafite
Immagine in falsi colori della superficie di Mercurio: le aree azzurre sono quelle a più bassa riflettanza e appaiono associate ai grandi crateri da impatto (Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington)

Le rilevazioni dimostrano inoltre che il carbonio è associato ai crateri di più grandi dimensioni. Questa osservazione è compatibile con la presenza dell’elemento negli strati più profondi e a una successiva esposizione dovuta a impatti. Le macchie di materiale scuro sarebbero dunque ciò che resta di un’antica crosta di carbonio, frutto dell’evoluzione primordiale del pianeta. Quando Mercurio era molto giovane, infatti, la maggior parte del pianeta era probabilmente così caldo che la sua superficie era costituita da un oceano globale di magma fuso. Da modelli ed esperimenti di laboratorio, gli autori hanno concluso che la maggior parte dei minerali che erano presenti nel magma affondò via via che esso si raffreddava. L’unica eccezione fu quella della grafite, un composto del carbonio, che invece galleggiò, portando alla formazione dell’originaria crosta di Mercurio.

Questa crosta primordiale fu coinvolta in processi geologici successivi, e parte di questo materiale ricco di carbonio si sarebbe mescolato con altri materiali, fino a determinare l’aspetto attuale della superficie di Mercurio.

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