La comunicazione quantistisca avviene a velocità maggiore della luce

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Ricercatori cinesi sarebbero riusciti a realizzare la “comunicazione quantistica controfattuale diretta”. I fisici teorici hanno da tempo proposto che la comunicazione quantistica controfattuale diretta dovrebbe essere una forma di comunicazione possibile, ma nel 2017, per la prima volta, sembra che i ricercatori sono stati in grado di raggiungerla sperimentalmente – trasferendo un’immagine in bitmap in bianco e nero da una posizione all’altra senza inviare particelle fisiche.

È vero, può suonare un po’ astruso ma questa è la meccanica quantistica, dopo tutto. È complicata di suo. Ma una volta afferrato il concetto, la comunicazione quantica controfattuale in realtà non è così bizzarra come sembra.

Innanzitutto, vediamo come la comunicazione quantistica controfattuale differisce dalla normale comunicazione quantistica, nota anche come teletrasporto quantistico. In entrambi i casi parliamo di trasferimento di informazioni senza particelle, quindi perché sono diverse?

NOn è esattamente così. Il normale teletrasporto quantico si basa sul principio dell’entanglement – due particelle che diventano inestricabilmente collegate in modo che qualunque cosa accada a una influenzerà automaticamente l’altra, indipendentemente da quanto distanti siano.

Il teletrasporto quantico è ciò che Einstein chiamava “azione spettrale a distanza“, e gli scienziati sono già riusciti ad inviare messaggi su grandi distanze. In realtà, però, il teletrasporto quantico si basa ancora sulla trasmissione di particelle in una forma o nell’altra. Le due particelle entangled, di solito, devono essere vicine prima di essere inviate al destinatario del messaggio (quindi, iniziano in un punto e devono essere trasmesse a un altro prima che possa avvenire la comunicazione tra di loro). In alternativa, le particelle possono essere connesse a distanza, ma questo di solito richiede un’altra particella come un fotone che si sposti tra le due particelle entangled.

La comunicazione quantistica controfattuale diretta, d’altra parte, si basa su qualcosa di diverso dall’entanglement quantistico. Utilizza, invece, un fenomeno chiamato effetto Quantum Zeno.

Molto semplicemente, l’effetto Quantum Zeno si verifica quando viene misurato ripetutamente un sistema quantistico instabile.

Nel mondo quantico, ogni volta che si guarda un sistema o lo si misura, il sistema cambia. E in questo caso, le particelle instabili non possono mai decadere mentre vengono misurate (proprio come il proverbiale bollitore osservato che non bollirà mai mentre lo guardi), quindi l’effetto Zeno quantico crea un sistema freezzato con una probabilità molto alta.

Per chi volesse approfondire l’argomento, il video qui sotto offre una grande spiegazione:

La comunicazione quantistica controfattuale si basa su questo effetto quantistico di Zenone ed è definita come il trasferimento di uno stato quantico da un sito all’altro senza che alcuna particella quantica o classica venga trasmessa tra di loro. Ciò richiede che tra i due siti coinvolti nella trasmissione funzioni un canale quantico, il che significa che c’è sempre una piccola probabilità che una particella quantistica attraversi il canale. Se ciò accade, il sistema viene scartato e ne viene creato uno nuovo.

Per creare un sistema così complesso, i ricercatori dell‘Università della Scienza e della Tecnologia della Cina hanno posizionato due rivelatori a singolo fotone nelle porte di uscita dell’ultimo di una serie di beam splitter. A causa dell’effetto Zeno quantico, il sistema è congelato in un determinato stato, quindi è possibile prevedere quale dei rivelatori farà “clic” ogni volta che un fotone lo attraversa. Una serie di interferometri annidati misura lo stato del sistema per assicurarsi che non cambi.

Funziona basandosi sul fatto che, nel mondo dei quanti, tutte le particelle di luce possono essere completamente descritte dalle funzioni d’onda, piuttosto che come particelle. Quindi, incorporando messaggi alla luce, i ricercatori sono stati in grado di trasmettere questo messaggio senza mai inviare direttamente una particella.

Il team ha spiegato che l’idea di base per questo set-up proviene dall’applicazione dalla tecnologia olografica.

Negli anni ’40, una nuova tecnica di imaging – l’olografia – è stata sviluppata per registrare non solo l’intensità della luce ma anche la fase della luce“, hanno scritto i ricercatori  negli atti della  rivista  dell’Accademia Nazionale delle Scienze nel 2017. “Si può quindi porre una domanda: la fase della luce può essere utilizzata per l’imaging? La risposta è sì.

L’idea di base è questa: qualcuno vuole inviare un’immagine ad Alice usando solo la luce (che agisce come un’onda, non una particella, nel regno quantico). Alice trasferisce un singolo fotone all’interferometro annidato, dove può essere rilevato da tre rivelatori a singolo fotone: D_0, D_1 e D_f. Se D_0 o D_1 fanno ‘clic’, Alice può concludere un risultato logico di uno o zero. Se D_f fa clic, il risultato è considerato inconcludente.

Come Christopher Packham ha spiegato a Phys.org all’epoca:

Dopo la comunicazione di tutti i bit, i ricercatori sono stati in grado di riassemblare l’immagine, una bitmap monocromatica di un nodo cinese, mentre i pixel neri sono stati definiti come logica 0, mentre i pixel bianchi sono stati definiti come logica 1… Nell’esperimento, la fase della luce stessa è diventata portatrice di informazioni e l’intensità della luce era irrilevante per l’esperimento.

Non solo questo è un grande passo in avanti per la comunicazione quantistica, secondo il team, si tratta di una tecnologia che potrebbe essere utilizzata anche per l’imaging di artefatti antichi sensibili che non potrebbero sopravvivere alla luce diretta riflessa su di essi.

I risultati dell’esperimento devono ancora essere sottoposti a peer review per accertarsi che ciò che i ricercatori cinesi hanno visto sia stato realmente un esempio di comunicazione quantistica controfattuale.

Ad ogni modo, è una bella dimostrazione di quanto bizzarro e inesplorato sia il mondo dei quanti.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

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