Nuovi studi sulla particella di Majorana: verso l’era dei computer quantistici. La particella di Majorana, che è contemporaneamente particella e antiparticella di se stessa, è stata recentemente scoperta. Oggi un team di Princeton studia meglio le eccezionali proprietà che la rendono idonea a costituire i qubit, le unità dell’informazione quantistica.
La fisica colpisce ancora. Oggi i riflettori sono puntati sulla particella di Majorana, dalle proprietà uniche, dato che è contemporaneamente particella e antiparticella di se stessa. Teorizzata circa 80 anni fa la particella sarebbe stata scoperta per la prima volta nel 2014 da un gruppo di scienziati coordinati dalla Princeton University.
La sua presenza risulta importante perché ci avvicina alla possibilità di realizzare strutture adeguate per la creazione dei computer quantistici: questo perché le caratteristiche della particella di Majorana la rendono adeguata per creare i qubit (o bit quantistici) le unità dell’informazione quantistica.
Oggi, lo stesso team di ricerca della Princeton ha studiato meglio la particella per renderla ancora più solida e resistente. I risultati sono pubblicati su Science.
La storia della particella di Majorana
Nel 1937 Ettore Majorana, noto fisico italiano che faceva parte del gruppo dei ragazzi di via Panisperna teorizzò l’esistenza di una nuova fondamentale particella, che prese il nome da lui. La sua peculiarità è che è contemporaneamente particella e antiparticella di se stessa (e per questo definita spiritosamente bisex dai media). Si tratta di un caso unico, dato che per ogni particella c’è un’antiparticella distinta differente, come ad esempio all’elettrone corrisponde il positrone.
Questa unicità e l’esistenza di una particella del genere sarebbe stata possibile, secondo Majorana, soltanto in condizioni (e materiali) estreme. In un filo sottilissimo di ferro superconduttore si manifestano delle condizioni fisiche particolari in cui sarebbe possibile osservare la particella di Majorana. Questo sembra essere accaduto per la prima volta nel 2014, quando lo stesso gruppo della Princeton ha annunciato di aver scoperto la particella. Successivamente, nel 2018, un team coordinato dalla Delft University of Technology ha confermato l’esistenza della particella, pubblicando i risultati su Nature.
Perché è importante per i computer quantistici
La particella di Majorana ha delle proprietà eccezionali che la rendono idonea per costituire i qubit e custodire l’informazione che è alla base del funzionamento dei computer quantistici. Con questa particella, infatti, si possono ottenere qubit più stabili di quelli conosciuti oggi. L’idea è che essendo allo stesso tempo particella e antiparticella, questa riesce a conservare le informazioni in due diverse postazioni (come se avessimo due estremi in cui i dati vengono immagazzinati) e non può essere distrutta tranne nel caso in cui entrambi gli estremi vengano disturbati dall’esterno.
La particella oggi
Una volta individuata, il problema era capire come renderla quanto più possibile stabile e robusta per utilizzarla nei computer quantistici. Ora gli autori della Princeton hanno cercato un metodo ancora più efficiente per controllare meglio questa particella. I ricercatori hanno combinato un superconduttore, in cui gli elettroni viaggiano senza alcuna resistenza, insieme a un materiale detto isolante topologico, che dentro è isolante ma in superficie assume un comportamento da conduttore: qui gli elettroni scorrono soltanto lungo i bordi.
Secondo le teorie in questi particolari materiali si riesce a far apparire la particella di Majorana. La particella sarebbe stata scovata nel canale che si forma al bordo dell’isolante topologico posto a contatto con un superconduttore. La struttura è stata visualizzata attraverso l’uso un microscopio ad effetto tunnel, uno strumento per lo studio delle superfici a livello atomico. In questo caso grazie alle proprietà dei materiali utilizzati la particella di Majorana risulta ancora più resiliente contro la distruzione dovuta al calore o alle vibrazioni dell’ambiente circostante.
Un altro elemento essenziale riguarda i magneti che sono stati integrati nel dispositivo. La produzione di particelle di Majorana, come spiegano gli autori, è regolata da questi magneti, che, a seconda di come sono caratterizzati, determinano se apparirà o meno, un po’ come dei cancelli che possono essere aperti o chiusi e lasciar passare o meno la particella.
“Con questo nuovo studio ora abbiamo un nuovo modo per costruire le quasiparticelle di Majorana nei materali”, sottolinea Ali Yazdani, docente di fisica e coautore dello studio. “Possiamo verificare la loro esistenza realizzando delle immagini e possiamo caratterizzare le proprietà fisiche previste”.
“Era una previsione che è rimasta ferma lì per tutti questi anni”, sottolinea Yazdani. “Abbiamo deciso di studiare in che modo si possa realizzare questa struttura a causa della sua potenziale capacità di far sì che le particelle di Majorana siano più resistenti alle imperfezioni del materiale e alle temperature”.
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