I nuovi processori quantistici saranno in grafene

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Una ricerca in Germania per realizzare un Microchip in grafene migliaia di volte più veloci di quelli attuali. La tecnologia dei semiconduttori basata sul silicio sembra ormai destinata a non crescere a una velocità compatibile con la legge di Moore, per raggiunti limiti fisici.

Ma il grafene, un materiale di cui si parla tanto, una delle promesse tecnologiche degli ultimi anni -per la verità, ancora tutto da sfruttare- potrebbe consentire ai chip delle prossime generazioni prestazioni sempre maggiori, e sfondare i limiti fisici dei chip al silicio, in uso fin dagli albori della tecnologia dei semiconduttori.

In particolare, il grafene potrebbe consentire di aumentare la frequenza di clock dei microprocessori del futuro, che attualmente – e ormai da qualche anno – non si discosta troppo da un valore vicino ai 5 GHz(5 miliardi di oscillazioni al secondo), a causa di raggiunti limiti fisici legati alla tecnologia attualmente utilizzata e alla necessità di mantenere sotto controllo temperature e consumi dei microprocessori. Il grafene potrebbe consentire di raggiungere frequenze di clock dell’ordine dei TeraHertz (mille miliardi di oscillazioni al secondo). Solo che finora, se questo eccezionale incremento nella velocità dei processori grazie all’utilizzo del grafene era stato previsto in sede teorica, nella pratica i risultati sperimentali non erano ancora stati raggiunti.

Struttura di grafene realizzata in computer graphic . (Marka)
Struttura di grafene realizzata in computer graphic . (Marka)

Ora però un gruppo di ricercatori dell’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (Hzdr) di Dresda, in Germania, ha raggiunto risultati sperimentali assai promettenti. Come dichiara Michael Gensch, capo del gruppo di ricerca High-field THz driven Phenomena, «Ora siamo in grado di fornire la prima prova diretta della possibilità di moltiplicare la frequenza dai GHz ai THz in una struttura di grafene e di generare segnali elettronici nel campo dei THz con notevole efficienza». Questo risultato è stato ottenuto presso Hzdr utilizzando la fonte di radiazioni ad altissima frequenza Telbe. Inoltre, una ricerca parallela condotta presso l’università di Duisburg-Essen (sempre in Germania) da un gruppo capitanato dal fisico professor Dmitry Turchinovich è riuscito a descrivere quantitativamente le misure ottenute, usando un semplice modello matematico basato sui principi della termodinamica.

I ricercatori stanno quindi aprendo la strada verso la realizzazione pratica di nanoelettronica che utilizzi il grafene: «Non solo siamo stati in grado di dimostrare sperimentalmente per la prima volta un effetto a lungo previsto nel grafene, ma anche allo stesso tempo di comprenderlo quantitativamente», ha sottolineato il professor Turchinovich. «Nel mio laboratorio avevamo investigato i meccanismi fisici di base della non linearità elettronica del grafene già da diversi anni. Tuttavia, le nostre sorgenti luminose non erano sufficienti per rilevare e quantificare nella pratica gli effetti della moltiplicazione di frequenza. Per questo, avevamo bisogno di capacità sperimentali che sono attualmente disponibili solo presso la struttura Telbe».

Il grafene genera luce: la trasmissione dati potrà diventare più veloce
Il grafene genera luce: la trasmissione dati potrà diventare più veloce

Gli scienziati hanno usato nella struttura Telbe impulsi elettromagnetici tra 300 e 680 GigaHertz e li hanno convertiti, utilizzando il grafene, in impulsi elettromagnetici con tre, cinque e sette volte la frequenza iniziale, quindi nel range di frequenza dei TeraHertz. «I coefficienti non lineari che descrivono l’efficienza della generazione di questa terza, quinta e settima frequenza armonica erano eccezionalmente alti», spiega ancora Turchinovich. «Il grafene è quindi probabilmente il materiale elettronico con la non linearità più forte finora conosciuta. Il buon accordo dei valori misurati con quelli previsti dal nostro modello termodinamico suggerisce che saremo anche in grado di utilizzare questo modello per prevedere le proprietà dei dispositivi nanoelettronici ad altissima velocità realizzati in grafene».

Il professor Mischa Bonn, direttore del Max Planck Institute for Polymer Research (Mpi-P) di Magonza, Germania, anch’egli coinvolto in questa ricerca, ha sottolineato: «La nostra scoperta è rivoluzionaria. Abbiamo dimostrato che l’elettronica basata sul carbonio può operare in modo estremamente efficiente a velocità ultraveloci. Sono anche concepibili componenti ibridi ultraveloci fatti di grafene e semiconduttori tradizionali».

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