La doppia faccia dell’antibiotico-resistenza. I geni che rendono i batteri più difficili da debellare si esprimono in modo “più complesso” nelle infezioni umane, rispetto alle colture in provetta. Questo potrebbe spiegare perché, finora, gli studi in laboratorio abbiano sottostimato il problema.
L’ultimo secolo di esperimenti di laboratorio ha permesso di comprendere aspetti importanti della fisiologia e del comportamento dei batteri in condizioni “standard”, cioè nel contesto controllato delle colture in provetta. Il problema con questi organismi è che alcune loro funzioni, comportamenti e modalità di crescita sono fortemente influenzate dall’ambiente in cui si moltiplicano: non è detto, perciò, che quanto studiato in modelli di laboratorio valga anche per le infezioni su pazienti in carne e ossa.
OSSERVAZIONI SUL CAMPO. Che cosa cambia, quindi, e in quale misura? Per provare a rispondere, un gruppo di biologi del Georgia Institute of Technology, ad Atlanta, ha confrontato il trascrittoma, ossia l’insieme di tutti gli RNA presenti nelle cellule, di alcune popolazioni del batterio patogeno Pseudomonas aeruginosa durante casi di infezione umana (in ferite o in polmoni con fibrosi cistica) e di alcune coltivate in vitro con diverse condizioni sperimentali.
Il trascrittoma non è altro che l’informazione genetica trascritta dal genoma, attraverso uno specifico set di enzimi. Se il genoma è il libretto delle istruzioni, o un vocabolario pieno di parole straniere, il trascrittoma è la loro interpretazione, e permette di capire come i geni di un organismo si esprimono.
DUE PESI, DUE MISURE. Usando tecniche di apprendimento automatico per trattare la gran mole di dati, gli scienziati hanno identificato una “firma” caratteristica nel trascrittoma del batterio durante le infezioni umane, che si differenzia in più punti da quella delle colture in vitro. I geni che conferiscono la resistenza antibiotica mostravano livelli di espressione molto più alti nelle infezioni umane, rispetto ai modelli di laboratorio. Questo potrebbe spiegare perché il problema sia spesso più grave nei riscontri reali, che negli scenari prospettati dagli studi scientifici.
COLTO IN FLAGRANTE. Il team ha sfruttato il machine learning per capire quali siano i gruppi di geni la cui espressione subisce le oscillazioni maggiori: anche in quelli coinvolti nella comunicazione cellulare e nel metabolismo del batterio sono state trovate differenze importanti. Conoscere più a fondo l’espressione genetica dei batteri resistenti alle cure è un passo fondamentale per sviluppare terapie farmacologiche più efficaci, e modelli di studio più accurati.
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