Google Translate, con l’intelligenza artificiale “errori ridotti del 60%, accuratezza quasi umana”

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A far da interprete Big G metterà presto un algoritmo interamente basato sul deep learning, che promette prestazioni sensibilmente migliori.

Sempre più smart. Google Translate, il servizio di traduzione online offerto da Mountain View che ad Aprile ha spento dieci candeline, promette di migliorarsi. A tal punto da raggiungere un’accuratezza quasi umana. Almeno in alcuni casi. Un affinato acume dietro cui non può che nascondersi un pizzico d’intelligenza artificiale. Perché a far da interprete Big G metterà presto un algoritmo interamente basato sul deep learning, ossia quella tecnologia d’apprendimento automatico sviluppata a partire dagli anni Ottanta che mima il comportamento dei neuroni umani. Chi deve decifrare testi dal cinese all’inglese sia su mobile che su desktop può provarlo da ieri. Ma il nuovo modello matematico sarà messo a disposizione per altre coppie di linguaggi nei prossimi mesi, fanno sapere in un post sul blog ufficiale della compagnia. Un addio ai risultati esilaranti che hanno spesso reso lo strumento oggetto di scherno? Non proprio, però gli errori si riducono in media del 60 per certo, stando a quanto dicono gli scienziati della società.

“Il progresso è un ulteriore esempio del successo del deep learning, che ha aiutato a risolvere molti problemi legati all’intelligenza artificiale negli ultimi anni combinando reti neurali artificiali con enormi dataset”, commenta Davide Castelvecchi sulla rivista scientifica Nature. Una tecnica efficace, basti pensare ai successi che ha ottenuto nel riconoscimento delle immagini,  e non nuova ai colossi dell’hi-tech. Facebook, ad esempio, la sfrutta per DeepText: un sistema annunciato lo scorso giugno e già in grado di capire il contenuto testuale di svariate migliaia di post al secondo, in più di venti linguaggi differenti. Google stessa ne fa uso nella chat app Allo (con relativi problemi di privacy) e nella casella email. Mentre il suo utilizzo in Translate è stato fino ad ora limitato. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli algoritmi di Big G analizzano il testo parola per parola e imparano il modo di associare il significato corrispondente setacciando milioni di traduzioni esistenti. Anche il nuovo algoritmo, chiamato Google Neural Machine Translation system (GNMT), impara dalle traduzioni. Tuttavia, semplificando, lo fa guardando alla frase nel suo intero pur tenendo in mente le piccole parti che la compongono e valutando così il loro peso per la corretta costruzione sintattica. Un po’ come osservare un’immagine, senza dimenticare di prestare attenzione ai dettagli.

Per valutare l’efficacia dello strumento smart i ricercatori hanno tradotto semplici frasi prese da Wikipedia e da articoli di giornale. Il risultato: rispetto al modello precedente “GNMT riduce gli errori di traduzione di più del 55%-85% in parecchie delle maggiori coppie di linguaggi misurati con l’aiuto di un valutatore umano bilingue”, scrivono Quoc Le e Mike Schuster. Mica male. Non è, però, la panacea di tutti i mali. A Mountain View sono cauti. “La traduzione automatica non è affatto risolta”, proseguono, “Il sistema può ancora fare errori significativi che un interprete in carne e ossa non farebbe mai, come tralasciare parole, tradurre in modo sbagliato nomi di persona o termini rari, e considerare la frase isolata piuttosto che nel contesto di un paragrafo o una pagina. C’è ancora un sacco di lavoro da fare”. Ma è stata raggiunta una pietra miliare. Vale la pena festeggiare.

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