Breve storia del neutrino è un articolo che la Redazione ha dedicato ad una delle particelle più elusive presenti nel Modello Standard della Fisica delle Particelle elementari. Il numero degli articoli dedicati è di per sé indicazione dell’interesse ed attenzione che la comunità dei fisici sta dedicando a questa “trottola fatta di nulla”. Questo percorso in particolare presenta un breve percorso storico di una ricerca che si protrae con altalenanti successi da oltre 90 anni.
La scoperta della radioattività
Si è soliti associare la nascita della fisica moderna con la scoperta della radioattività da parte del fisico francese Henry Bequerel e dei coniugi Pierre e Marie Curie alla fine del XIX secolo. Essi scoprirono che alcuni minerali, contenenti uranio e radio, avevano la proprietà di impressionare delle lastre fotografiche poste nelle loro vicinanze. Le lastre fotografiche, una volta sviluppate, presentavano delle macchie scure. Per questa loro proprietà, elementi come l’uranio, il radio e il polonio (gli ultimi due scoperti proprio da Pierre e Marie Curie) vennero denominati “attivi” e il fenomeno di emissione di particelle venne detto radioattività.Tra le diverse forme di radioattività scoperte vi era la radiazione β , costituita da elettroni . L’origine di questi elettroni rappresentava un vero e proprio enigma. Si era infatti a conoscenza che fornendo energia all’atomo tramite riscaldamento o irraggiamento si poteva strappare uno dei suoi elettroni più esterni, ma i raggi β presentavano caratteristiche molto diverse: gli elettroni venivano emessi senza fornire energia all’atomo.
Decadimento beta e conservazione dell’energia
Si scoprì successivamente che gli isotopi (nuclei con lo stesso numero di protoni ) che contengono un elevato numero di neutroni tendono ad essere instabili [37] , cioè a “decadere” trasformandosi in nuclei diversi. Il neutrone, ad esempio, si può trasformare spontaneamente in un protone emettendo un elettrone, rispettando la legge di conservazione della carica elettrica : n0 = p+ + e–
Esisteva, però un aspetto sconcertante nel decadimento: elettrone e protone emergevano con energia inferiore a quella aspettata. L’energia si conserva, ma si può trasformare tra varie forme: potenziale , cinetica , chimica, calore. A queste possibilità, Einstein aveva aggiunto quella di convertire energia in massa e viceversa secondo la relazione E = mc2.
Il neutrone ha una massa leggermente superiore a quella del protone. Per la relazione di Einstein, l’energia rilasciata nel decadimento è: E= mneutrone c2 – [mprotone c2+melettrone c2] > 0
Questa energia in eccesso che avrebbe dovuto manifestarsi in energia cinetica di protone ed elettrone, sembrava invece scomparire nel nulla. Ad accentuare il mistero, c’era l’evidenza che nemmeno le quantità di moto del protone e dell’elettrone emergenti dal decadimento si sommavano in modo corretto. Il principio di conservazione della quantità di moto predice infatti che se un neutrone si dividesse in due particelle, queste dovrebbero viaggiare in direzioni opposte lungo la stessa retta. Il protone e l’elettrone emergevano invece formando un angolo tra loro, come se al decadimento partecipasse una terza particella invisibile. Questa particella doveva essere senza carica e senza massa. Nell’imbarazzante alternativa di abbandonare i principi di conservazione dell’energia e della quantità di moto, il fisico austriaco Wolfgang Pauli ipotizzò l’esistenza di una particella invisibile nel 1931. Fu Enrico Fermi a battezzarla con il nome di neutrino per distinguerla dal neutrone, già noto.
Postulare l’invisibile L’invocazione di qualcosa di invisibile e sconosciuto per far quadrare i conti non era senza precedenti in fisica: ad esempio, nel 1840 il matematico francese Le Verrier ipotizzò l’esistenza di un pianeta sconosciuto per spiegare le anomalie del movimento di Urano. Il pianeta fu poi effettivamente scoperto nel 1846 e chiamato Nettuno. Questo non può distoglierci dall’evidenziare come l’ipotesi dell’esistenza del neutrino rappresentò un fenomenale e non scontato atto di fiducia nei confronti dei principi di conservazione dell’energia e della quantità di moto. Si pensi che nello stesso periodo in cui Pauli postulava l’esistenza del neutrino, Niels Bohr, uno dei più grandi fisici nucleari del tempo, affermò: «Nello stadio attuale della teoria nucleare possiamo dire che non disponiamo di argomentazioni, empiriche o teoriche, per difendere il principio di conservazione dell’energia nel caso delle disintegrazioni con emissione di raggi β; anzi il tentare di farlo ci conduce a complicazioni e difficoltà ». Era evidente che la nuova particella doveva avere delle caratteristiche assolutamente uniche per sfuggire completamente all’osservazione. In particolare il neutrino doveva essere praticamente incapace di interagire con il resto della materia. Scoprire una particella che non interagisce con il mondo che la circonda era un’impresa disperata e Pauli ne era consapevole. In un’occasione, quasi pentendosi di avere proposto un’ipotesi che sconfinava nel metafisico, ebbe modo di dire: «Ho fatto una cosa terribile: ho postulato l’esistenza di una particella che non può essere rivelata». Anche altri due fisici nucleari dell’epoca, Hans Bethe e Rudolph Peierls , dopo avere fatto alcuni conti, confermarono con sicurezza: «Non si riuscirà mai a vedere un neutrino!». |
Carta d’identità del neutrino
Il neutrino è una delle particelle che fanno parte del del Modello Standard, il modello teorico che unifica la nostra conoscenza attuale sui costituenti della materia. E’ elettricamente neutro ed ha spin [400] semi-intero. Le prove suggeriscono che i neutrini posseggono una massa, ma i limiti superiori stabiliti sono piccolissimi anche su scala subatomica.
I neutrini non trasportano carica elettrica e non sono influenzati dalle forze elettromagnetiche che agiscono su particelle cariche come elettroni e protoni. I neutrini interagiscono solo tramite la forza debole che agisce a livello subatomico, con raggio d’azione assai più ridotto di elettromagnetismo e gravità. Per questo motivo un neutrino attraversa la materia normale senza particolari ostacoli.
Nel Modello Standard esistono tre tipi, o “sapori”, di neutrini: neutrini elettronici, neutrini muonici e neutrini tau. In vari esperimenti è stato osservato che i neutrini possono trasformarsi tra di loro cambiando sapore, come manifestazione di un comportamento peculiare della natura a livello elementare detto “oscillazione” e previsto teoricamente dal fisico italiano Bruno Pontecorvo negli anni Cinquanta.
Per ogni tipo di neutrino esiste un’antiparticella, detta “antineutrino”, anch’essa con carica elettrica nulla e spin semi-intero. Il fisico italiano Ettore Maiorana ipotizzò già nel 1937 che il neutrino potesse coincidere con la sua stessa antiparticella. Questa proposta suggestiva non ha ancora trovato riscontro sperimentale e rimane uno dei misteri ancora irrisolti del neutrino.
La scoperta del neutrino
La prima evidenza sperimentale del neutrino costituisce una delle ricerche più estenuanti e lunghe della storia della fisica moderna. Come menzionato, ci fu addirittura chi, come Hans Bethe (premio Nobel per la fisica nel 1964) aveva dichiarato che non ci fosse modo in pratica di osservare un neutrino.
E’ effettivamente vero che un singolo neutrino attraversa la materia praticamente senza interagire, ma se i neutrini fossero stati tanti e l’osservazione si fosse protratta per un lungo tempo, si sarebbe potuto sperare che almeno uno di essi venisse catturato ed identificato. Il problema era quello di reperire una sorgente di neutrini sufficientemente intensa. Dopo varie ipotesi gli scienziati americani Frederich Reines e Clyde Cowan montarono nel 1953 un rivelatore di grandi dimensioni (per quel tempo) nei pressi del reattore nucleare a fissione del Savannah River nel South Carolina. L’esperimento faceva parte di quello che avevano battezzato “Progetto Poltergeist” dato che l’impalpabilità del neutrino lo rendeva simile ad un fantasma.
In un reattore nucleare a fissione i nuclei di uranio si dividono in frammenti più piccoli, liberando neutroni. Questi neutroni liberi decadono in protoni ed emettono antineutrini (l’antiparticella del neutrino). Tipicamente un reattore nucleare emette nell’ambiente circostante 10000 miliardi di antineutrini al secondo per centimetro quadrato. Se questi antineutrini transitando nel rivelatore interagiscono con i protoni presenti, questi espellono positroni e si trasformano in neutroni. In verità, a quel tempo, Cowan e Reines erano ignari della distinzione tra neutrino ad antineutrino, ma sapevano che se i neutrini fossero esistiti, per la conservazione della carica elettrica, i prodotti della reazione avrebbero dovuto essere un neutrone ed un positrone (cioè un anti-elettrone).
Il positrone appena formato, incontrando un elettrone, si annichila originando due raggi gamma. Il rivelamento di questa radiazione rappresenta il primo segnale della reazione. Un secondo segnale deriva dalla cattura del neutrone appena formato dal nucleo di un atomo particolare, che assorbe il neutrone ed emette fotoni di una precisa energia. Questi due segnali uno successivo all’altro, separati da un ben preciso intervallo temporale, costituiscono la firma inconfondibile di una reazione originata da un neutrino.
Il rivelatore costruito dai due ricercatori conteneva una grande quantità d’acqua, le cui molecole sono ricche di protoni, nella quale era sciolto del cloruro di cadmio, che aveva il compito di catturare i neutroni. All’esterno vi erano apparecchi capaci di rivelare la presenza di raggi gamma e di determinarne energia e direzione. Nel 1956, venne annunciato l’avvistamento del primo antineutrino concludendo una caccia durata 25 anni.
Sembra che quando Reines ricordò a Bethe la frase pronunciata molti anni prima, questi replicò: “Beh, non dovresti credere a tutto ciò che leggi!”.
Clyde Cowan morì nel 1974, Frederick Reines per il suo lavoro sulla fisica del neutrino venne insignito del premio Nobel per la Fisica nel 1995, premio che, a detta di molti, avrebbe dovuto essere assegnato parecchi anni prima.
Origine e numero di neutrini
Un secondo dopo il Big Bang , l’enorme numero di neutrini prodotti nell’immane esplosione cominciò liberamente a propagarsi nello spazio. Oggi, di quei neutrini vecchi quasi 14 miliardi di anni, ve ne sono ancora circa 300 in ogni centimetro cubo di spazio! Li chiamiamo per questo “neutrini fossili”. L’energia di questi neutrini fossili è però estremamente bassa e per questo motivo sono attualmente impossibili da rivelare.
Una grande quantità di neutrini viene prodotta all’interno delle Stelle e in particolare del Sole. I neutrini vengono emessi nel nucleo del Sole durante le reazioni di fusione termonucleare , responsabili della produzione dell’energia, successivamente fuoriescono, giungendo fino alla Terra. Basti pensare che ogni centimetro quadro del nostro corpo è attraversato da 60 miliardi di neutrini solari al secondo!
Ad esclusione del Sole, i neutrini prodotti da tutte le Stelle giungono sulla Terra con una intensità molto debole a causa dell’enorme distanza che le separa. Un’eccezione è costituita dall’esplosione delle Supernovae, Stelle massive che, dopo aver esaurito il loro combustibile nucleare, collassano ed esplodono. Esse emettono un’enorme quantità di energia sotto forma di luce, di materia e di neutrini. Una supernova che esplode emette in un minuto l’energia emessa dal Sole in duecento anni. Per giorni, rimane l’oggetto più splendente della notte! Solo lo 0.1% dell’energia dell’esplosione va in luce, il 99.9% va in neutrini!
Il 23 Febbraio 1987 ciascun essere umano fu attraversato da 10000 miliardi di neutrini prodotti nell’esplosione della supernova SN1987A. Si può stimare che circa un milione di persone ebbero uno di tali neutrini interagente nel loro corpo!
All’interno della Terra sono presenti minerali contenenti elementi radioattivi tra cui l’uranio e il torio; i nuclei di questi elementi decadono emettendo antineutrini elettronici ed energia sotto forma di calore. L’energia prodotta corrisponde a circa 20.000 centrali elettriche da 1 GigaWatt (109 Watt) e contribuisce a mantenere incandescente sia il nucleo che il mantello terrestre.
Durante le reazioni di fissione nucleare che avvengono all’interno di un reattore nucleare vengono prodotti, oltre a neutroni e altri prodotti di fissione, anche antineutrini elettronici. Ogni reattore nucleare è quindi una sorgente di antineutrini elettronici. In particolare, un reattore di media potenza produce qualcosa come 100 miliardi di miliardi di neutrini al secondo!
Corsi e ricorsi di supernove Nel 1054 nel cielo della famosa nebulosa del Granchio brillò una supernova. Il fenomeno si protrasse per oltre 20 giorni anche nel cielo diurno quasi come un altro Sole. Gli astronomi cinesi ed arabi la notarono e scrissero del fatto. In Europa nessuno si prese la briga di scriverlo, solo un frate collegò questo fatto con la morte recente di papa Leone IX e scrisse che l’anima di tale papa brillò nel cielo, anche diurno, per molti giorni. Nel 1572 apparve una nova nel cielo della costellazione di Cassiopea. Vari astronomi, tra i quali il noto Tycho, verificarono con gli strumenti dell’epoca l’estraneità della nova dal mondo sublunare. Questo fatto metteva in crisi l’immutabilità dei cieli conclamata dalla filosofia aristotelica e mutuata dalla teologia tomista. C’erano argomenti sufficienti per mettere in dubbio molte convinzioni radicate e spingere le persone più creative a criticare la cultura antica ed a pensare in modo indipendente. La Supernova 1987a è una supernova risultata visibile dalla Terra a partire dal febbraio 1987 nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea. Fu la prima occasione per gli astronomi moderni di osservare una supernova relativamente vicina. Il flusso di neutrini emesso fu osservato simultaneamente in tre separati rivelatori, che erano stati costruiti per studiare il problema dei neutrini solari. Anche se il numero totale dei neutrini raccolti fu limitato (24 in totale), si trattava di un incremento notevole rispetto al livello di fondo osservato. Fu la prima occasione in cui dei neutrini emessi da una supernova venivano osservati direttamente, e le osservazioni furono coerenti con i modelli teorici di supernova, dove la maggior parte dell’energia del collasso viene dispersa nello spazio sotto forma di neutrini. Il numero di esplosioni di supernove galattiche è di una ogni 30-50 anni in media, dato che da più di 400 anni nella via Lattea non se ne vedono, la prossima non dovrebbe tardare, ma nessuno può prevedere quando. Vari esperimenti puntano alla rivelazione dei neutrini della prossima Supernova che esploderà nella nostra Galassia. Questi esperimenti devono essere necessariamente di grande massa e posti in laboratori sotterranei, per essere schermati dai raggi cosmici che disturberebbero le misure. I fatti straordinari possono essere ignorati se manca la cultura per apprezzarli. Tra l’anno 1000 ed il 1500 c’è stata una vera rivoluzione nella mentalità di molte persone e questo portò alla nascita della scienza. L’esplosione della supernova che cinquecento anni prima rappresentò un evento non degno di nota, mise in crisi il pensiero del tempo. L’esplosione di una supernova nelle vicinanze della Terra ai giorni nostri, rappresenterebbe uno degli avvenimenti più importanti del secolo per le informazioni che ci fornirebbe per mettere alla prova la nostra comprensione dell’Universo. |
Più veloci della luce?
Una delle notizie scientifiche che hanno maggiormente colpito l’immaginario collettivo negli ultimi anni è stata quella riguardante i cosiddetti neutrini superluminali. Nel Settembre 2011 fu annunciato ufficialmente che pacchetti di neutrini prodotti nei laboratori del CERN di Ginevra e inviati verso i laboratori dell’INFN del Gran Sasso giunsero a destinazione, dopo un viaggio di 732 chilometri attraverso la crosta terrestre, con leggero anticipo sui tempi previsti lasciando intravedere la possibilità che i neutrini avessero viaggiato ad una velocità superiore a quella della luce nel vuoto. Ciò era in palese contrasto con la teoria della relatività di Einstein secondo la quale la velocità della luce nel vuoto, indicata con la lettera c e pari a 299.792,458 chilometri al secondo, costituisce un limite irraggiungibile e invalicabile da parte di particelle dotate di massa. La teoria della relatività è una delle teorie fondamentali della fisica moderna e, nonostante numerosi tentativi, non era mai stata contraddetta sperimentalmente.
Dopo il rivoluzionario annuncio, l’intera comunità scientifica mondiale si è attivata per controllare il risultato indipendentemente con altri esperimenti. Finalmente, alla Conferenza Internazionale sulla Fisica del neutrino e astrofisica del giugno 2012, Il direttore di ricerca del CERN ha presentato i risultati sul tempo di percorrenza di neutrini dal CERN ai laboratori del Gran Sasso, a nome di quattro esperimenti (Borexino , Icarus , LVD e Opera ). Tutti e quattro gli esperimenti avevano misurato un tempo di volo dei neutrini al di sotto della velocità della luce, a conferma che i neutrini rispettano il limite di velocità cosmica di Einstein. L’anomalia precedente è stata attribuita ad un elemento difettoso del sistema di cronometraggio delle fibre ottiche dell’esperimento.
L’episodio appena citato è tra quelli con maggior impatto mediatico degli ultimi anni ed ha causato, in un certo immaginario collettivo, una sorta di scetticismo verso la ricerca scientifica stessa. In ambito fisico, la teoria della relatività ristretta che veniva messa in dubbio è una delle teorie più consolidate e confermate sperimentalmente dell’ultimo secolo e su di essa si basano tutte le teorie moderne delle interazioni fondamentali. Eppure molti fisici, appena ricevuto notizia del risultato inaspettato si erano attivati per mettere in discussione tutto ciò che era stato acquisito fino a quel momento ed iniziare una nuova interpretazione del mondo. L’apertura all’analisi di eventi nuovi e contraddittori che possano essere origine di nuove e rivoluzionarie interpretazioni della realtà è una delle condizioni necessarie al progresso scientifico stesso. Le maggiori scoperte scientifiche sono state spesso legate alla capacità dell’uomo di abbandonare le categorie di pensiero acquisite ed ormai consolidate per essere aperto a comprendere quanto rivoluzionaria sia la natura stessa.
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