“Offre la stessa qualità di immagine usando la metà dei dati” racconta Katsavounidis. “Il sistema, fatto di tecnologie open source combinate fra loro e migliorate, analizza le sequenze di film e serie tv decidendo se usare più o meno banda: aumenta il flusso di informazioni quando si tratta di una scena d’azione piena di personaggi, lo riduce quando è un dialogo fra due attori magari su un fondo neutro. Senza che l’occhio percepisca alcun cambiamento”.
Come è passato dai neutrini del Gran Sasso agli algoritmi della Silicon Valley?
“Le due cose sono legate. Fare ricerca di base è fondamentale per creare innovazione. In Italia sono arrivato nel 1996, dopo aver finito il dottorato alla University of Southern California. Mio fratello era già sposato con sua moglie, italiana, e lavorava con lei ai L
aboratori del Gran Sasso. Mi sono trasferito lì e ho dato il mio contributo per l’elaborazione dei dati acquisiti dall’esperimento Macro sui neutrini. È stata una splendida esperienza e poi ho imparato l’italiano”.
Utile, finché si vive in Italia.
“Ma no, mi ha aiutato in mille occasioni. Anche quando sono andato in California alla InterVideo, quella del software WinDvd che a quei tempi era diffusissimo. Nel 2003 li aiutai con il lancio della compagnia in borsa, al Nasdaq. Fu l’anno più intenso della mia vita. Seguito dal peggiore della mia vita: avevo deciso di tornare in Grecia a insegnare. Nel 2004 si era aperta una posizione per una cattedra a Tessalia. Volevo vivere vicino a parenti e amici. Feci domanda, mi trasferii in Grecia e fui anche costretto a fare il servizio militare, condizione necessaria per accedere a un impiego pubblico”.
E cosa successe?
“Il ministero scoprì che si erano sbagliati: la posizione per quella cattedra non andava aperta. Era stato un errore”.
Da cervello in fuga a cervello preso a schiaffi.
“Già. Tornai a lavorare per la InterVideo che mi propose di trasferirmi nella sede di Shanghai. Lì conobbi mia moglie e con altri tre colleghi ci mettemmo in proprio fondando una nostra compagnia, la Cidana. Esiste ancora, si occupa di algoritmi video ovviamente. Ma continuavo a voler fare il professore in Grecia. Mi sembrava assurdo che con tutta la mia esperienza non ci fosse un posto per me. Così ci riprovai”.
Andò meglio?
“Dipende dai punti di vista. Nel 2008 ottenni la cattedra da associato, peccato che il Paese l’anno successivo cominciò ad andare a fondo. A volte penso che sia stata colpa mia. Non avrebbero dovuto darmi la cattedra (ride). Ho resistito. Mio padre è morto nel 2010 e io ero lì quando è successo. In seguito, quando non ce l’ho più fatta sono ripartito di nuovo. Netflix due anni fa mi ha chiamato, offrendomi entrare nel loro gruppo di ricerca avanzata sulla compressione dei video, dandomi tutte le risorse e le persone necessarie. Oggi ho raggiunto un equilibrio, ma l’ho raggiunto in California”.
Si dice che dalla Silicon Valley molti europei stiano tornando a casa.
“Davvero? Se qualcuno sta cercando una figura con le mie capacità mandatemi una mail. Dopo quello che mi è capitato, però, prima di rientrare ci penserò non una ma mille volte”.
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