I ricercatori del dipartimento di farmacia e biotecnologie dell’università di Bologna, infatti, sono riusciti a decodificare l’attività neurale che anima una mano nell’atto di afferrare un oggetto: un primo passo per creare protesi robotiche azionate direttamente dal cervello. E i risultati delle ricerca sono stati pubblicati dalla rivista statunitense “The journal of neuroscience” in un articolo il cui primo autore è Matteo Filippini, giovane ricercatore della Scuola di dottorato in scienze biomediche e neuromotorie dell’Alma Mater, diretta dal professor Lucio Cocco.
Quando gli occhi osservano un oggetto da prendere, infatti, il cervello dà vita ad una serie di complesse operazioni: per identificare e localizzare l’oggetto, per programmare l’azione giusta da compiere, e infine per dare inizio al movimento dell’arto. Tutti processi che vengono compiuti senza sforzo da individui normodotati, ma che non riescono ad attivare un movimento corretto negli individui con lesioni spinali, perchè la lesione impedisce al segnale motorio di far muovere l’arto. Ecco quindi la necessità di sviluppare interfacce cervello-macchina in grado di utilizzare direttamente l’attività neurale per azionare una protesi bypassando la lesione del midollo spinale. Per farlo però, è necessario registrare l’attività neurale del cervello e capire come decodificarla.”La regione corticale – spiega la docente Roberta Fattori – non è una regione strettamente motoria, ma è fortemente coinvolta nell’esecuzione del movimento di avvicinamento e afferramento degli oggetti. I risultati dello studio dimostrano che l’attività usata per la decodifica neurale indica con chiarezza quale configurazione della mano verrà usata quando si afferra un oggetto con una specifica forma”.
Quando gli occhi osservano un oggetto da prendere, infatti, il cervello dà vita ad una serie di complesse operazioni: per identificare e localizzare l’oggetto, per programmare l’azione giusta da compiere, e infine per dare inizio al movimento dell’arto. Tutti processi che vengono compiuti senza sforzo da individui normodotati, ma che non riescono ad attivare un movimento corretto negli individui con lesioni spinali, perchè la lesione impedisce al segnale motorio di far muovere l’arto. Ecco quindi la necessità di sviluppare interfacce cervello-macchina in grado di utilizzare direttamente l’attività neurale per azionare una protesi bypassando la lesione del midollo spinale. Per farlo però, è necessario registrare l’attività neurale del cervello e capire come decodificarla.”La regione corticale – spiega la docente Roberta Fattori – non è una regione strettamente motoria, ma è fortemente coinvolta nell’esecuzione del movimento di avvicinamento e afferramento degli oggetti. I risultati dello studio dimostrano che l’attività usata per la decodifica neurale indica con chiarezza quale configurazione della mano verrà usata quando si afferra un oggetto con una specifica forma”.
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