Chip quantistici per memorie di nuova generazione

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Le nuove memorie quantistiche sono abbastanza piccole da entrare in un chip. Un team di ricercatori americani e italiani sta costruendo una memoria quantistica che sarà 1000 volte più piccola di device simili già presenti sul mercato, a tal punto da poterle inserire direttamente in un chip. La memoria in questione è ancora in sviluppo ma i ricercatori sono già riusciti a provarne il funzionamento.

Il mondo scientifico si sta muovendo in direzione della costruzione di computer quantistici (già esistenti) e della realizzazione delle future reti quantistiche grazie al fenomeno inspiegabile dell’entanglement, sfruttato per il teletrasporto quantistico. C’è anche un settore di ricerca che vuole far convergere il mondo della computazione quantistica verso quella classica che conosciamo oggi basata sull’uso del silicio.

Quel che mancava fino ad ora erano proprio le memoria quantistiche, ma grazie ai recenti sviluppi della ricerca di cui vogliamo parlarvi anche quel campo è stato coperto. Infatti il problema delle memorie è la loro grandezza, eccessiva per poterle inserire in un singolo chip.

La memoria realizzata dai ricercatori ha una larghezza che va dai 10 ai 0,7 micrometri (10-6m), realizzato con un cristallo di Yttrium orthovanadate (YVO4) e piccole quantità di neodimio che formano delle cavità. Queste cavità servono ad intrappolare i fotoni, che non sono altro che i portatori dell’energia elettromagnetiche nonché detentori dell’informazione che si vuole immagazzinare nella memoria (zerouno oppure entrambi, in quanto la memoria è quantistica).

Gli scienziati hanno sparato impulsi laser sul device, che ha fatto sì che i fotoni si incastrassero nel ‘pettine’ che potete vedere nell’immagine in fondo alla news, e che venissero assorbiti. Questi fotoni venivano riemessi dopo qualche decina di nanosecondi e i ricercatori sono riusciti a verificare che l’informazione associata fosse la stessa prima e dopo l’assorbimento, così da stabilire che il dispositivo quantistico funzionasse correttamente.

Fonte: phys.org

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