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Azuma Hikari, la moglie giapponese è un ologramma

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Azuma Hikari, la moglie giapponese è un ologramma
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Partiti i preordini per Gatebox, un hub casalingo in stile Amazon Echo e Google Home al cui interno vive però una figura femminile in stile manga che gestisce la casa e chatta con l’utente.

IL video di promozione inquieta non poco. Un ologramma dalle sembianze di una waifu, cioè una devotissima moglie in versione anime o manga, gestisce dal suo scrigno virtuale la giornata di un giovane, solitario e non particolarmente caloroso impiegato. Lo sveglia, gli ricorda di mettere in borsa l’ombrello perché pioverà, prepara la casa per il suo rientro orchestrando i dispositivi domotici, dalle luci al riscaldamento. E soprattutto lo bombarda di messaggini, manifestandogli di continuo la sua mancanza. Si chiama Azuma Hikari, ha la voce dell’attrice giapponese Yuka Hiyamizu, ed è appunto una sorta di versione plastica per quanto impalpabile delle assistenti virtuali allaSiri, Cortana o Alexa. Ma soprattutto è empatica.

Azuma Hikari, l’assistente virtuale per single

l gadget in cui prende vita è stato invece battezzato Gatebox ed è un po’ il corrispettivo nipponico di Google Home o del cilindro Echo di Amazon: un hub intelligente per la gestione dell’abitazione e delle necessità che ruotano intorno alla quotidianità, dall’acquisto di un biglietto per uno spettacolo alla ricerca di informazioni su internet fino al controllo dei propri apparecchi audio o tv. La differenza è che Gatebox è animato: custodisce al suo interno questo delicato ologramma con cui interfacciarsi e che, appunto, è in grado di intrattenere con l’utente un rapporto più simile a quello di una moglie forzosamente casalinga – e il drammatico aspetto sessista meriterebbe ovviamente un approfondimento a parte – che di un sistema di intelligenza artificiale per come li abbiamo conosciuti negli ultimi anni.

”Piacere, sono Azuma Hikari”, l’assistente virtuale per single

Si chiama Azuma Hikari, ha la voce dell’attrice giapponese Yuka Hiyamizu, ed è appunto una sorta di versione plastica per quanto impalpabile delle assistenti virtuali alla Siri, Cortana o Alexa. Ma soprattutto è empatica. Vive all’interno del Gatebox, un hub intelligente per la gestione dell’abitazione e delle necessità che ruotano intorno alla quotidianità, dall’acquisto di un biglietto per uno spettacolo alla ricerca di informazioni su internet fino al controllo dei propri apparecchi audio o tv.

Azuma Hikari ha un sito internet dedicato dove scegliere il tipo di voce e ha carattere e gusti ben precisi. Ad esempio, va matta per le arachidi e le ciambelle. Ma la prospettiva è probabilmente quella di arricchire l’offerta, per così dire, rendendo disponibili sul mercato più waifu diverse, con caratteristiche specifiche. I preordini sono partiti lo scorso 14 dicembre. Gatebox realizzato da Vinchu, costerà 2.600 dollari in Giappone, quasi 3mila negli Stati Uniti. Anche se ci vorranno parecchi mesi per la consegna.

Dunque non solo voce. Gli – anzi le, (Google a parte tutte le big company continuano ad attribuire a questi sistemi fattezze e nomi tendenzialmente femminili) – assistenti sono destinati a uscire dagli aggeggi in cui sono rinchiuse. O meglio, a visualizzarsi per il momento al loro interno: Azuma prenderà infatti vita grazie a un cilindro nero da spostare a piacimento. E magari, un domani non troppo lontano, a interagire con visori come Hololens di Microsoft o strumenti Magic Leap.

Magic Leap, il virtuale nella realtà

Gatebox si accoda a quel ricco panorama di dispositivi più o meno destinati a soddisfare le esigenze quotidiane e che tuttavia, quando declinati in chiave esclusivamente robotica, prendono la china di veri e propri sex robot. Basti pensare agli androidi cloni delle proprie star preferite prefigurati dall’esperto David Levy, autore del seminale ”Love and Sex with Robots” pubblicato nel lontanissimo 2007: si va dunque ben oltre la suadente voce di Samantha inHer di Spike Jonze. Secondo il futurologo Ian Pearsons l’anno chiave della robofilia, cioè dell’attrazione sempre più spiccata per i robot, sarà invece 2050. Ma i primi passi si sentiranno già nel 2025 con la comparsa di robot-assistenti nelle case di tutti e non solo nei laboratori o film di fantascienza.
I rischi sono molti. E no, anche questi non riguardano tanto i film, le invasioni, le ribellioni degli androidi, la cosiddetta singolarità, quanto la cultura e l’immagine delle donne che esce da questa fase di transizione. Il passaggio è così delicato che Kathleen Richardson, ricercatrice di Etica della robotica alla DeMontfort University di Leicester, in Gran Bretagna, ha lanciato una durissima campagna contro i sex robot (questo il sito dove reperire materiali e approfondimenti sul tema): l’obiettivo è il bando totale della loro produzione. ”Sono dannosi per la società” ha spiegato. E mettono a rischio le donne: ”Il fatto che l’esperienza di un essere umano possa essere ridotta a pochi atteggiamenti artificiali è un insulto a tutte le donne del mondo”.
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