Andremo su Marte con i razzi a propulsione termica nucleare

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Dalla Terra a Marte in 100 giorni? Il potere della propulsione nucleare Nel 1961, la NASA e la Commissione per l’energia atomica lavorarono insieme sull’idea della propulsione termica nucleare, o NTP. Il concetto fu introdotto da Werner von Braun, che sperava che entro gli anni ’80 si sarebbero svolte missioni umane su Marte, sulle ali dei razzi nucleari.

Il sistema solare è un luogo davvero grande e ci vuole un’eternità a viaggiare da un mondo all’altro con i tradizionali razzi chimici. Ma una tecnica, sviluppata negli anni ’60, potrebbe fornire un modo per ridurre drasticamente i nostri tempi di viaggio: i razzi nucleari.

Naturalmente, anche il lancio di un razzo alimentato da materiale radioattivo ha i suoi rischi. Varrebbe davvero la pena di provarci?Razzi nucleari

Diciamo di voler visitare Marte usando un razzo a propellente chimico: Dovremmo, per prima cosa sollevarci dal suolo terrestre ed entrare in orbita bassa. Quindi, al momento giusto, dovremmo lanciarci su una traiettoria ellittica che intersecherebbe l’orbita di Marte dopo otto mesi di volo.

Questo è noto come trasferimento Hohmann, ed è il modo più efficiente che conosciamo per viaggiare nello spazio, utilizzando la minima quantità di propellente e portando la maggiore quantità di carico utile. Il problema ovviamente è il tempo impiegato. Durante il viaggio, gli astronauti consumeranno cibo, acqua, aria e saranno esposti alle radiazioni cosmiche dello spazio profondo. Dover pure rientrare sulla Terra raddoppierebbe la necessità di risorse ed il tempo di esposizione alle radiazioni.

E qui si scopre che la NASA aveva già pensato a cosa succederà dopo i razzi chimici già da quasi 50 anni.

Dobbiamo andare più veloci.
Dobbiamo andare più veloci.
Razzi a propulsione termica nucleare. Renderebbero sicuramente più veloce il viaggio, ma non sono privi dei propri rischi, motivo per cui non li hai visti. Ma forse il loro tempo è giunto.

Nel 1961, la NASA e la Commissione per l’energia atomica lavorarono insieme sull’idea della propulsione termica nucleare, o NTP. Il concetto fu introdotto da Werner von Braun, che sperava che entro gli anni ’80 si sarebbero svolte missioni umane su Marte, sulle ali dei razzi nucleari.

Beh, non è successo. Ma furono eseguito alcuni test di successo della propulsione termica nucleare e dimostrarono che funziona.

Un razzo chimico funziona accendendo una sostanza chimica infiammabile e quindi forzando i gas di scarico fuori da un ugello. Grazie alla terza legge di Newton (per ogni azione c’è una reazione uguale e contraria), il razzo riceve una spinta nella direzione opposta dai gas espulsi.

Un razzo nucleare funziona in modo simile. Una sfera di Uranio subisce il processo di fissione, rilasciando un’enorme quantità di calore. Questo riscalda dell’idrogeno a quasi 2.500 C che viene poi espulso dalla parte posteriore del razzo ad alta velocità.Razzo chimico

Molto alta velocità, dando al razzo due o tre volte l’efficienza di propulsione di un razzo chimico.

Ricordi gli 8 mesi di viaggio necessari per andare su Marte con un razzo a propellente chimico? Un razzo termico nucleare potrebbe dimezzare il tempo di transito, sarebbe, forse, possibile perfino percorrere la distanza tra la Terra e Marte in 100 giorni. Ciò significherebbe meno risorse consumate dagli astronauti e un tempo di esposizione alle radiazioni molto inferiore.

E c’è un altro grande vantaggio. La spinta di un razzo nucleare potrebbe consentire alle missioni di partire anche quando Terra e Marte non sono perfettamente allineati. Oggi, con il sistema che usiamo attualmente, perdere la finestra di lancio significa rimandare tutto per due anni; un razzo nucleare, invece, permetterebbe di recuperare eventuali ritardi dei lanci.

I primi test sui razzi nucleari iniziarono nel 1955 con il Project Rover presso il Los Alamos Scientific Laboratory. Lo sviluppo chiave era quello di riuscire a miniaturizzare i reattori nucleari abbastanza da poterli mettere su un razzo. Negli anni successivi, gli ingegneri costruirono e testarono più di una dozzina di reattori di diverse dimensioni e potenze.

Con il successo di Project Rover, la NASA cominciò a pensare davvero a missioni umane su Marte che sarebbero dovute seguire ai lander Apollo sulla Luna. A causa della distanza e del tempo di volo, si era deciso che i razzi a propulsione nucleare sarebbero stati la chiave dell’impresa.

I razzi nucleari, però, non sono senza rischi, ovviamente. Un reattore a bordo sarebbe una piccola fonte di radiazioni per l’equipaggio, questo sarebbe compensato dal tempo di volo ridotto. Lo spazio profondo è continuamente percorso da radiazioni cosmiche, emesse dal Sole e di origine galattica, radiazioni che possono danneggiare il DNA degli astronauti. Il ridotto tempo di viaggio compenserebbe la maggior dose di radiazioni ricevuta dal reattore.

Alla fine degli anni ’60, la NASA istituì il programma Nuclear Engine for Rocket Vehicle Application, o NERVA, sviluppando le tecnologie che sarebbero diventate i missili nucleari che avrebbero dovuto portare gli umani su Marte.

Razzo a propulsione termica nucleare

Il primo NERVA NRX fu testato per quasi due ore, durante le quali venne tenuto per 28 minuti a piena potenza. E un secondo motore fu avviato 28 volte e funzionò per 115 minuti.

Alla fine, fu testato il reattore nucleare più potente mai costruito, il reattore Phoebus-2A, in grado di generare 4.000 megawatt di potenza. Spinta per 12 minuti.

Sebbene i vari componenti non siano mai stati effettivamente assemblati su un razzo pronto per il volo, sembrava tutto pronto per lo sviluppo di un’astronave che avrebbe portato gli uomini su Marte.

Ma poi, gli Stati Uniti decisero di non voler più andare su Marte. Si pensò, invece, alla navetta spaziale.

Il programma NERVA fu chiuso nel 1973 e da allora pensò più ad astronavi a propulsione nucleare.

Ora, i recenti progressi della tecnologia hanno reso più attraente la propulsione termica nucleare. Negli anni ’60, l’unica fonte di carburante che potevano usare era l’uranio altamente arricchito. Ma ora gli ingegneri pensano di riuscire a cavarsela con l’uranio a basso arricchimento.

Ciò sarebbe meno pericoloso e consentirebbe a più strutture missilistiche di eseguire test. Sarebbe anche più facile catturare le particelle radioattive nello scarico e smaltirle correttamente. Ciò ridurrebbe i costi complessivi di sviluppo della tecnologia.

Il 22 maggio 2019, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato 125 milioni di dollari in finanziamenti per lo sviluppo di razzi nucleari a propulsione termica. Sebbene questo programma non abbia alcun ruolo da svolgere nel ritorno sulla Luna con il programma Artemis 2024 della NASA, esso – cita – “invita la NASA a sviluppare un piano pluriennale che consenta una dimostrazione di propulsione nucleare termica inclusa la linea temporale associata alla dimostrazione spaziale e una descrizione delle future missioni e sistemi di propulsione e di potenza abilitati da questa capacità“.

La fissione nucleare è un modo per sfruttare la potenza dell’atomo. Naturalmente, richiede l’uranio arricchito e genera rifiuti radioattivi tossici. Che dire della fusione? Dove gli atomi di idrogeno vengono spremuti in elio, rilasciando energia?

Il nostro Sole è una stella di seconda generazione ed ha circa 5 miliardi di anni. Contiene elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio, inclusi ossigeno, carbonio, neon e ferro, sebbene solo in minuscoli percentuali. – Crediti immagine: NASA / Solar Dynamics Observatory.
Il nostro Sole è una stella di seconda generazione ed ha circa 5 miliardi di anni. Contiene elementi più pesanti dell’idrogeno e dell’elio, inclusi ossigeno, carbonio, neon e ferro, sebbene solo in minuscoli percentuali. – Crediti immagine: NASA / Solar Dynamics Observatory.

Il Sole funziona con la fusione, grazie alla sua enorme massa e temperatura interna, ma riprodurre la fusione in modo sostenibile, per produrre energia, ancora non ci riesce molto bene.

Sono in corso enormi esperimenti come ITER in Europa con i quali si spera di riuscire a produrre l’energia di fusione entro il prossimo decennio. Successivamente, non è difficile immaginare che i reattori a fusione vengano miniaturizzati al punto da poter svolgere lo stesso ruolo di un reattore a fissione in un razzo nucleare. Ma anche se non riuscissimo ad ottenere reattori a fusione così efficienti da avere una produzione positiva netta di energia, possono comunque fornire un’enorme accelerazione per la quantità di massa.

E forse non abbiamo bisogno di aspettare decenni. Un gruppo di ricerca del Princeton Plasma Physics Laboratory sta lavorando a un concetto chiamato Direct Fusion Drive, che ritengono possa essere pronto molto prima.

È basato sul reattore a fusione Princeton Field-Reversed Configuration sviluppato nel 2002 da Samuel Cohen. Il plasma caldo di elio-3 e deuterio è contenuto in un contenitore magnetico. L’elio-3 è raro sulla Terra e prezioso perché le reazioni di fusione con esso non genereranno la stessa quantità di radiazioni pericolose o scorie nucleari di altri reattori a fusione o fissione.

Come con il razzo a fissione, un razzo a fusione riscalda un propellente alle alte temperature e poi lo espelle da dietro, producendo spinta.

Funziona allineando un gruppo di magneti lineari che contengono e ruotano plasma molto caldo. Le antenne attorno al plasma sono sintonizzate sulla frequenza specifica degli ioni e creano una corrente nel plasma. La loro energia viene pompata fino al punto in cui gli atomi si fondono, rilasciando nuove particelle. Queste particelle vagano attraverso il campo di contenimento fino a quando non vengono catturate dalle linee del campo magnetico e vengono accelerate dalla parte posteriore del razzo.

In teoria, un razzo a fusione sarebbe in grado di fornire da 2,5 a 5 Newton di spinta per megawatt, con un impulso specifico di 10.000 secondi. Genererebbe anche l’elettricità necessaria al veicolo spaziale lontano dal Sole, dove i pannelli solari non sono molto efficienti.

Un Direct Fusion Drive sarebbe in grado di trasportare una missione di 10 tonnellate fino a Saturno in soli 2 anni o un  veicolo spaziale da 1 tonnellata dalla Terra a Plutone in circa 4 anni. New Horizons ne impiegò quasi dieci per coprire lo stesso percorso.

Poiché il DFD è anche un reattore a fusione da 1 megawatt, fornirebbe anche energia a tutti gli strumenti del veicolo spaziale durante il volo e dopo l’arrivo. Molto più delle batterie nucleari attualmente trasportate dalle missioni nello spazio profondo come Voyager e New Horizons.

Immagina quali tipi di missioni potrebbero essere programmati con questa tecnologia.

So che sono passati decenni da quando la NASA ha testato seriamente i razzi nucleari come un modo per abbreviare i tempi di volo, ma sembra che la tecnologia sia tornata. Per i prossimi anni mi aspetto di vedere nuovi hardware e nuovi test sui sistemi di propulsione termica nucleare. E sono incredibilmente entusiasta della possibilità che i veri motori a fusione ci potranno portare in altri mondi.

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