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“Anche la chiropratica è una professione medica”. Appello al ministro Lorenzin: “L’ha declassata, ci ripensi”

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"Anche la chiropratica è una professione medica". Appello al ministro Lorenzin: "L'ha declassata, ci ripensi"
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Critiche contro la riforma degli Ordini. E nasce una petizione online: “Così si va in controtendenza con l’estero”. A rischio un settore e l’idea di istituire un corso di laurea. Cura senza l’utilizzo di farmaci mal di schiena, cervicale, ernia del disco e numerosi altri disturbi neuromuscoloscheletrici. È la chiropratica, una professione considerata a livello internazionale primaria ma che in Italia è stata appena catalogata semplicemente come una professione tecnica e non medica. Un vero e proprio declassamento che sta mobilitando gli esperti del settore e non solo in Italia.

Un “caso internazionale”. I rettori delle maggiori università estere, infatti, hanno inviato in questi giorni una lettera al ministro Beatrice Lorenzin chiedendo di riconsiderare la decisione di declassare la chiropratica a professione tecnica. A sottoscrivere l’appello, i rettori di importanti università di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Australia, Francia, Danimarca e Sudafrica che parlano di evidente contrasto della legislazione italiana rispetto al contesto internazionale, dove i chiropratici vengono considerati alla stregua dei medici, una professione primaria.

Cosa è cambiato in Italia. In realtà, anche nel nostro Paese i chiropratici finora erano considerati una professione primaria, così come previsto dalla Legge 244/07. L’attuazione di questa Legge sarebbe dovuta avvenire entro sei mesi dalla sua emanazione, ma a distanza di otto anni non è mai arrivata. Anzi: nel ddl Lorenzin sulla riforma degli ordini la chiropratica è stata declassata. “Diciamo no al declassamento della chiropratica a professione tecnica” ha dichiarato il presidente dell’Associazione Italiana Chiropratici, John Williams, in occasione dell’incontro organizzato a Montecitorio in cui è stata ribadita la richiesta della categoria.

La petizione. Per opporsi a questa decisione, l’Associazione ha lanciato anche una petizione online chiedendo una modifica in extremis del disegno di legge: “La chiropratica non utilizza farmaci e conta centinaia di migliaia di pazienti in Italia” spiega il presidente John Williams. “Tutti gli studi internazionali dimostrano la sua efficacia nella riduzione dei costi dei sistemi sanitari e i benefici sulla qualità della vita dei pazienti. In Italia, invece, a livello normativo è stata oggetto di un emendamento che ha di fatto annullato le intenzioni iniziali del Ministro Lorenzin”.

“Chiediamo – continua Williams – da sempre un percorso universitario non inferiore a cinque anni, così come prescritto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità oltre all’attuazione del registro dei chiropratici, unica arma contro l’abusivismo, anche in Italia”.

Nella petizione viene anche ribadito che la chiropratica deve essere una professione sanitaria indipendente con diritto-dovere di esplicare le proprie competenze, tra le quali rientra la diagnosi funzionale dei disturbi neuromuscoloscheletrici e dei loro effetti sulla salute in generale. In pochi giorni sono state raccolte 12mila firma di pazienti, fortemente preoccupati di non essere tutelati e di incontrare dei falsi chiropratici.

L’ipotesi di un corso di laurea. Il declassamento rischia di mandare all’aria anche l’ipotesi dell’istituzione di un corso di laurea in Italia. Lo scorso anno, infatti, una delle più rappresentative università americane, la Life University, aveva annunciato la nascita del primo corso di laurea a Roma nel 2018. Un investimento di svariati milioni di euro che avrebbe permesso anche agli aspiranti chiropratici italiani di poter avere in patria un’università riconosciuta a livello internazionale.

“Gli standard internazionali – spiega Williams – prevedono dai 5 agli 8 anni di formazione universitaria, mentre gli emendamenti del Senato hanno diminuito i corsi a 3 anni, ovvero a una laurea breve”. I chiropratici temono che di fronte a questi cambiamenti normativi in atto la Life University sarebbe pronta a ritirare la sua proposta.

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