
Per venticinque giorni gli scienziati del Dlr hanno lavorato a Piano del Lago, uno spiazzo di alcune decine di metri sull’Etna, per simulare le condizioni extraterrestri. Due rover alti un metro e pesanti 35 chili si sono mossi tra polvere e rocce in piena autonomia, scattando foto, analizzando elementi chimici del terreno, raccogliendo campioni con una paletta, piazzando sismometri in punti predefiniti per registrare i sommovimenti del vulcano e scambiandosi le informazioni come due affiatati compagni di viaggio. Poi uno di loro si è affacciato sul bordo del cratere Cisternazza, ma senza avventurarsi nel dirupo. «Anche la Luna ha un’intensa attività sismica» spiega Wedler. «Lo hanno scoperto le missioni Apollo. Quando atterreremo lì faremo esplodere piccole cariche per misurarne le proprietà. Qui non è possibile. Abbiamo usato un martello».
Etna, due robot sul vulcano: “Li alleniamo per le missioni sulla Luna e su Marte”
Il progetto Un vero e proprio programma per andare sulla Luna, l’Agenzia Spaziale Tedesca in realtà non lo ha. «La Germania non può decidere una missione simile da sola» ammette Wedler. «Ma qualora si presentasse l’opportunità, noi vogliamo essere pronti, con dei rover leggeri in grado di muoversi sia sulla Luna che su Marte. Oggi li abbiamo usati per piazzare sismometri sul terreno. Ma sono ugualmente adatti a trasportare mattoni per una base spaziale».
I test sull’Etna del programma tedesco Robex (Robotic exploration of extreme environments) sono stati decisi con una perlustrazione preliminare lo scorso settembre. Ma il labirinto di permessi necessari (Regione, Parco, Unesco, perfino i privati eredi del pastore che un giorno possedeva questo terreno, dove non si vede un filo d’erba per chilometri) ha fatto girare la testa agli ingegneri del Dlr e stava per far saltare tutto, a febbraio. Poi in extremis la stretta di mano fra italiani e tedeschi si è compiuta a dispetto dei luoghi comuni, anche se a cena al ristorante ognuno ha insistito per pagare il proprio conto in base a quanto aveva mangiato. I test sono andati bene, le comunicazioni Terra-Luna sono state simulate radiocomandando i rover da un hotel di Catania, a 50 chilometri di distanza, e ieri pomeriggio i rover e i pc sono stati rimpacchettati per il viaggio di ritorno a Monaco, in container.
La luce «Le difficoltà più grandi? La polvere che si infilava dappertutto e inceppava gli strumenti, il vento e la luce intensa. Anche sulla Luna la luminosità è molto forte, ma qui sull’Etna ha superato le nostre previsioni. È stato un test importante, mai in laboratorio avremmo potuto imparare tanto» traccia il suo bilancio Peter Lehner, ingegnere robotico responsabile della navigazione autonoma dei due rover. Il vento, in effetti, per tre giorni ha raggiunto i 100 chilometri orari, scuotendo violentemente il braccio di uno dei rover e l’antenna per le trasmissioni radio.
«Anche su Marte possono scatenarsi delle tempeste. Vorrà dire che saremmo pronti ad affrontarle, dopo l’Etna» dice Wedler. Ma se gli si chiede quale sia stata la sfida più dura, lui non esita: «Far lavorare 42 ingegneri tutti insieme» ride. «I due rover non hanno avuto problemi a comunicare fra loro, ma si sa che i robot sono molto più bravi a collaborare di noi umani» aggiunge. E stavolta non fa trapelare se stia parlando sul serio o meno.
Lascia un commento