Un batterio trasforma in oro i metalli pesanti

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Un batterio trasforma in oro i metalli pesanti
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Batteri come “Re Mida”: trasformano in oro i metalli pesanti. Queste fabbriche di minuscole pepite potrebbero essere usate per bonificare l’ambiente. Al pari di altri microrganismi come i batteri mangia-petrolio o plastica o quelli anti-ruggine.

Speciali batteri “Re Mida” sono potenziali e preziosi alleati dell’uomo nella difesa dell’ambiente. Sono preziosi perché non solo riescono a digerire metalli tossici, ma li trasformano in minuscole pepite d’oro. E questo già sarebbe tanto. Il fatto è che questi batteri – I che si chiamano C. metallidurans, vivono nel suolo e le loro caratteristiche sono illustrate sulla rivista Metallomics – potrebbero essere usati in futuro come batteri “green” per le bonifiche, al pari di altri microrganismi come i batteri mangia-petrolio o plastica o quelli anti-ruggine.Un batterio trasforma in oro i metalli pesanti

Gli studiosi dell’Università tedesca Martin Lutero di Halle-Wittenberg, dell’Università Tecnica di Monaco e dell’Università australiana di Adelaide li hanno analizzati per capire perché fabbrichino oro. Una delle ipotesi è che il metallo faciliti la conversione del calcio, tossico ad alte concentrazioni, in una forma più facile da utilizzare dai batteri. E, in modo indiretto, anche dall’uomo, che potrebbe farseli alleati.È già successo, del resto, con altri batteri “verdi”, che i ricercatori hanno imparato a sfruttare in difesa dell’ambiente. Gli studiosi del Kyoto Institute of Technology, come descritto sulla rivista Science, hanno ad esempio usato batteri in chiave anti-Pet (polietilene tereftalato), un polimero che rende la plastica resistente, usato nelle bottiglie. Speciali batteri mangia-petrolio sono stati usati nell’incidente alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, nel 2010, per eliminare gli idrocarburi sversati in mare. Parlano invece italiano i batteri mangia-ruggine, cuore del sistema anticorrosione ‘Biocorin’ per il recupero di pontili o acquedotti.

Negli ultimi anni, però, i ricercatori stanno anche imparando a imitare la natura, grazie alla biologia sintetica, branca della biologia che usa i computer per progettare il Dna di batteri che non esistono in natura. Ne è un esempio la prima cellula batterica sintetica, Syn 3.0, descritta sulla rivista Science e realizzata dal biologo visionario Craig Venter a partire da un numero minimo di geni, 473, indispensabili per la sopravvivenza. Su questo kit di base sarà possibile in futuro innestare specifiche funzioni per ottenere batteri capaci di produrre biocarburanti o bonificare terreni e acque contaminati.

Altri batteri sintetici potrebbero in futuro entrare in azione anche vicino ai siti di estrazione di metano, per convertirlo in elettricità. È una delle possibili applicazioni dei batteri assemblati dai ricercatori della Pennsylvania State University e presentati sulla rivista Nature Communications.

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