Nuovi confini per il Diritto allo Spazio esterno

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L’atmosfera della Terra: lo Spazio esterno è più vicino del previsto. Secondo un astrofisico di Harvard la linea di Kármán, il limite immaginario dell’atmosfera terrestre, è da collocarsi 20 km più in basso. Per la scienza non fa molta differenza: il dibattito è giuridico.

Non è proprio come toccare le stelle con un dito, ma è meglio di niente. In base a un nuovo studio destinato a riaprire un dibattito decennale, la linea di Kármán, il confine invisibile posto a 100 km sopra il livello del mare, che separa per convenzione l’atmosfera terrestre dallo Spazio esterno, è da spostarsi più in basso, verso la Terra, di 20 km.

La proposta, che comparirà nel numero di ottobre di Acta Astronautica, ma che è ora visibile online, arriva da Jonathan C. McDowell, scienziato dell’Harvard-Smithsonian Centre for Astrophysics da tempo fautore (insieme a molti altri) di questa idea.

Perché proprio 100? A 100 km di quota la velocità necessaria a un satellite per mantenere una portanza adeguata in un’atmosfera super rarefatta equivale alla velocità che serve a orbitare intorno alla Terra. A quell’altezza, la velocità orizzontale del satellite è sufficiente a contrastare l’attrazione gravitazionale. Il limite, che prende il nome dal fisico pioniere dell’aerodinamica Theodore von Kármán (1881-1963), segna convenzionalmente il passaggio dal reame dell’aeronautica a quello dell’astronautica, e ha un importante valore giuridico.

Di tutti e di nessuno. Sotto di esso, lo spazio aereo “appartiene” ai Paesi sottostanti, ma al di sopra lo Spazio è da considerarsi libero, senza giurisdizioni che non siano internazionali. Anche per questa ragione non c’è mai stato un reale interesse nel portarlo più vicino alla Terra: significherebbe imporre restrizioni all’operatività dei satelliti militari d’alta quota.

Si orbita anche sotto… Per McDowell questo confine andrebbe spostato a 80 km d’altezza, appena sotto la mesopausa, il punto più freddo dell’atmosfera terrestre. Lo scienziato ha analizzato i moti orbitali di circa 43.000 satelliti, risalendo negli archivi del North American Air Defence Command fino al 1957. La maggior parte dei satelliti opera ad altezze superiori, ma una cinquantina di essi si sono trovati occasionalmente sotto i 100 km, raggiungendo persino gli 80 km in un paio di rivoluzioni attorno alla Terra. «Vogliamo dire che questi satelliti sono nello Spazio e che poi non lo sono ogni due ore?», fa notare McDowell.

Passaggio graduale. Osservando poi i dati di rientro dei satelliti in atmosfera, il ricercatore si è accorto che tra i 66 e gli 88 km di altezza, le forze aerodinamiche passano da dominanti a trascurabili: un altro argomento che fa sembrare il limite dei 100 km troppo alto. Del resto, il Dipartimento della Difesa USA conferisce la spilletta da astronauta a ogni pilota che abbia volato sopra agli 80 km di quota.

Difficilmente queste precisazioni tecniche serviranno a raggiungere una soluzione, della quale, però, ci sarà sempre più bisogno, con l’avvento dei primi voli spaziali e suborbitali privati.

L'atmosfera terrestre dalla ISS, che orbita a circa 400 km di altezza.|NASA
L’atmosfera terrestre dalla ISS, che orbita a circa 400 km di altezza.|NASA
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