Il gigante dell’Amazzonia

Vinci tutto supernealotto e giochi Sisal

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La giungla amazzonica è uno degli ambienti del nostro pianeta in cui, data la sua enorme estensione e la sua estrema impraticabilità, potrebbero trovare rifugio dall’uomo anche animali di notevoli dimensioni, restando del tutto ignoti o venendo travisati e mitificati dai pochi indigeni che li avvistassero.

Tra le tante creature abitanti questa immensa foresta di cui si favoleggia, particolarmente interessante è il cosiddetto mapinguari, avvistato per lo più nello stato brasiliano del Mato Grosso do Sul, lungo il Rio Araguaia.

Chiamato anche isnashi o ucumar, sarebbe alto oltre due metri, con una testa ovale, lunghe braccia dotate di formidabili artigli e una bocca enorme, che secondo alcuni testimoni si troverebbe al centro della pancia. Per altri, addirittura, questa sarebbe una seconda bocca, dalla quale l’animale emanerebbe un fetore paragonabile a un misto di aglio, carne putrefatta ed escrementi se si sentisse minacciato. Sarebbe ricoperto da una folta peluria di colore rossastro che lo proteggerebbe anche da frecce e pallottole. Alcuni osservatori affermano anche che la misteriosa bestia sarebbe monocola, altri che avrebbe i piedi rivolti all’indietro.

Tutti sono d’accordo sul fatto che il mapinguari puzzerebbe terribilmente, tanto da provocare vertigini in chi avesse la sventura di incrociarlo, e sarebbe  sempre accompagnato da sciami di mosche.

Per alcuni esso sarebbe rigorosamente vegetariano, mentre altri lo descrivono come aggressivo e carnivoro, come proverebbero gli avvenimenti accaduti tra il marzo e l’aprile del 1937 nei pressi della cittadina di Barra do Garças. Nel giro di tre settimane in questa zona un centinaio di capi di bestiame fu fatto a pezzi da un essere tanto forte da poter strappare le enormi lingue delle sue vittime: furono ritrovate anche tracce di orme, simili a quelle umane, lunghe 45 centimetri e si udirono urla terrificanti provenire dal folto della giungla.

Molte delle caratteristiche attribuite al mapinguari porterebbero a farlo ritenere un essere del tutto fantastico, senza alcuna attinenza con animali esistenti, eppure proprio alcune di esse potrebbero invece fornire indizi validi a proporre una sua identificazione con una bestia reale, per quanto ritenuta estinta da ormai migliaia di anni.

In particolare, i dettagli della zampe posteriori rivolte all’indietro e della quasi assoluta impenetrabilità del suo corpo rispetto a pallottole o frecce ha richiamato alla mente di alcuni studiosi il milodonte, un gigantesco bradipo terricolo, lungo circa tre metri, che visse in America latina sino a 11.000 anni fa, o almeno così si crede.

In effetti, dal rinvenimento di un frammento di pelle mummificata, nella grotta di Seno de la Ultima Esperanza, nella Patagonia cilena, si è potuto evincere che questo enorme mammifero al di sotto della pelle era dotato di numerosi ossicini semisferici, chiamati osteodermi, che formavano una specie di armatura naturale, robusta e al tempo stesso flessibile.

Anche il particolare delle zampe posteriori rivolte all’indietro potrebbe richiamare questo antico animale: questo infatti, a causa dei lunghi artigli di cui era munito, sarebbe stato costretto a spostarsi sul lato dei piedi, potendo quindi dare l’impressione di averli rivolti al contrario.

Persino la caratteristica più incredibile, quella di una seconda bocca situata sulla sua pancia, potrebbe avere una ragion d’essere, se il mapinguari fosse effettivamente una specie di milodonte sopravvissuto, Si pensa infatti che i piccoli di questa specie si attaccassero al folto pelame del torace della propria madre: potrebbe quindi essere accaduto che, nella concitazione di quell’incontro incredibile, complice anche la penombra della profondità della giungla, alcuni osservatori abbiano confuso il muso di un cucciolo per una seconda bocca.

Gli scettici, che ovviamente sono moltissimi, fanno notare la differenza di habitat tra l’animale preistorico e il presunto abitatore dell’Amazzonia. Infatti, i milodonti sarebbero vissuti nelle grandi pianure sudamericane (le pampas), mentre il mapinguari vivrebbe esclusivamente all’interno della giungla; inoltre i primi erano dotati di una grande coda, sulla quale poggiavano quando si ergevano su due zampe per raggiungere le foglie poste sui rami più alti degli alberi, mentre tutte le descrizioni dell’attuale criptide gli attribuiscono una coda molto piccola.

Ma forse, come per molti altri animali, anche per il milodonte esistevano sottospecie distinte adattatesi a diversi ambienti, un po’ come accade oggi per i gorilla di montagna e quelli di pianura, o forse l’intera specie, cercando di sfuggire alla caccia degli uomini, trovò rifugio nel folto della foresta e si adattò alle nuove condizioni di vita, per quanto questo animale non venga ritenuto abbastanza intelligente da poter compiere una simile evoluzione.

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Informazioni su Roberto Conte 23 articoli
Nato a Taranto il 30/10/1966, laureato in Lettere Moderne presso l'Università degli Studi di Lecce, membro dell'Associazione Culturale ACSI/Prometeo Video Lab, autore del saggio storico-biografico "Giovanni delli Ponti, un d'Artagnan tarantino", edito nel 2012 da Scorpione Editrice. Appassionato di Criptozoologia, Archeologia e di tutto ciò che ha a che vedere con il mistero.

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