Gli stati di psichedelici della ketamina come cura della depressione

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La tripla vita della ketamina. Anestetico, droga psichedelica, e ora (forse) farmaco antidepressivo: si moltiplicano gli studi su questa sostanza potente, di cui sfugge ancora il meccanismo d’azione.

La ketamina è una sostanza dalle proprietà particolari: abolisce la percezione del dolore, e mantiene la coscienza in uno stato molto simile al sogno. Proprio per queste sue caratteristiche ha conosciuto una sorta di doppia vita, come farmaco e come droga. Utilizzata come anestetico in ambito veterinario fin dalla sua scoperta, negli anni Sessanta, in seguito è diventata anche una delle sostanze più ricercate dagli amanti dei “viaggi” psichedelici. Ora è tornata di nuovo alla ribalta per le sue potenzialità in ambito medico, questa volta come farmaco antidepressivo.

ketamina
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Effetto quasi istantaneo. Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi sulla ketamina come sostanza in grado di combattere le forme più gravi e resistenti di depressione. L’interesse suscitato è forte perché, al contrario di tutti gli altri farmaci noti, sembra in grado di alleviare i sintomi depressivi in maniera quasi istantanea. Nonostante gli studi e il rinnovato interesse, si sa però ancora poco sui suoi meccanismi di funzionamento, sulla reale efficacia nella pratica clinica, e anche sui possibili rischi ed effetti collaterali.

Come la morfina? Gli antidepressivi più noti e utilizzati, quelli della famiglia del Prozac, sono i cosiddetti inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina: in pratica, agiscono aumentando la presenza nel cervello di questo neurotrasmettitore, che a sua volta avrebbe un’azione positiva sull’umore.

Gli effetti anestetici della ketamina dipendono invece dalla sua azione sui recettori del glutammato, un altro neurotrasmettitore, e si era ipotizzato finora che anche l’azione antidepressiva avesse a che fare con lo stesso sistema. Un nuovo studio, appena pubblicato sull’American Journal of Psychiatry, ipotizza però che la ketamina agisca anche sui recettori per gli oppioidi, vale a dire il sistema coinvolto nella risposta fisiologica al dolore, ma anche quello su cui agiscono farmaci antidolorifici come la morfina o droghe come l’eroina.

Prove sul campo. Gli autori dello studio, un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford, hanno avanzato questa ipotesi dopo aver verificato che la ketamina, se somministrata a pazienti depressi dopo un’iniezione di naltrexone, una sostanza che va ad occupare i recettori per gli oppioidi, non ha alcun effetto. Mentre i pazienti che hanno assunto la ketamina dopo l’iniezione di una sostanza inerte, un placebo, hanno avuto la risposta attesa, con i sintomi depressivi quasi spariti nel giro di poche ore.

Dubbi e rischi. Se la rapidità di azione della ketamina è allettante in un campo come quello dei trattamenti antidepressivi, che impiegano nella migliore delle ipotesi alcune settimane per produrre qualche miglioramento dell’umore, dall’altra l’effetto sembra svanire altrettanto velocemente. E il fatto che siano coinvolti, come lo studio recente sembra mostrare, i recettori per gli oppiacei, comporta dubbi sui possibili rischi di dipendenza.

Non solo: non tutti sembrano rispondere all’azione del farmaco. E la somministrazione non è delle più agevoli: viene fatta generalmente per via endovenosa, anche se sono in corso di sperimentazione altri metodi.

In attesa dei dati. Il nuovo studio, comunque, ha coinvolto un numero molto piccolo di pazienti, per cui serviranno altre ricerche per saperne di più. È plausibile che il meccanismo d’azione sia complesso, come il modo in cui la ketamina agisce sui vari sistemi di neurotrasmettitori. A breve, comunque, dovrebbero essere resi pubblici i dati di alcuni ampi studi clinici sull’efficacia di sostanze analoghe della ketamina: uno è uno spray nasale a base di esketamina, testato in pazienti con depressione resistente, che potrebbe aprire (o sbarrare) la strada all’uso di questa sostanza su più larga scala.

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