IL DIBATTITO sull’utilità di estendere a 18 anni l’obbligo scolastico, lanciato dal ministro dell’Istruzione Fedeli, si arricchisce di una nuova ipotesi scientifica: ogni anno in più passato a studiare non sarebbe solo un investimento per la carriera, ma anche – a 30-40 anni di distanza – per il funzionamento del cervello. A evidenziare la migliore performance in test di memoria e cognizione che i cinquantenni e sessantenni dotati di titoli di studio più alti hanno sui coetanei con meno anni di studio alle spalle è uno studio pubblicato su Plos One da un gruppo di ricercatori in psicologia della University of California di Berkeley. La ricerca ha coinvolto 196.000 soggetti di età tra 15 e 60 anni iscritti ai giochi di brain training di Lumosity.com.
«Sull’effetto della scuola sul cervello esistono già ricerche interessanti, ad esempio studi basati su dati del servizio militare nei paesi scandinavi che mostrano come ogni anno di scuola superiore innalzi il quoziente d’intelligenza dei ragazzi di 2-4 punti» spiega a Repubblica Silvia Bunge, docente di psicologia dello sviluppo a Berkeley. «Inoltre gli studi che mostrano l’effetto delle riforme scolastiche, come quella norvegese con l’aumento della durata della scuola dell’obbligo da 7 a 9 anni, nei vent’anni successivi evidenziano un beneficio netto di 4 punti nel quoziente di intelligenza. Noi con questo studio abbiamo voluto verificare se più anni di istruzione consentono di mantenere più a lungo un buon livello cognitivo». Perché quello della scuola è un ruolo cruciale? «Perché a scuola non assorbiamo solo nuove nozioni, ma siamo immersi in un ambiente strutturato nel quale dobbiamo rispondere in modo flessibile a richieste diverse, tenere notevoli quantità di informazioni e affrontare di continuo problemi nuovi. Abbandonati gli studi, a meno di non scegliere professioni come lo scienziato, il cervello non sarà più messo così alla prova» osserva Bunge. «Questo sforzo può avere un effetto cumulativo che rende le capacità cognitive più durevoli nel tempo». Come confermano i risultati dei test.
«Abbiamo trovato che un livello più alto di istruzione è associato a migliori performance cognitive lungo tutto il corso della vita, e questo vale più per funzioni elevate, come il ragionamento verbale e aritmetico, che per abilità ‘meccaniche’, come la velocità di elaborazione delle informazioni. Anche nei sessantenni l’istruzione di 40 anni prima ha lasciato una traccia: un cervello che si difende meglio e più a lungo dal normale declino cognitivo legato all’età» spiega la psicologa. Un declino fisiologico – i punteggi nei test di intelligenza hanno un picco subito dopo la conclusione degli studi, confermando l’idea che l’impegno scolastico sia un fattore chiave, e poi iniziano un graduale declino – che per la psicologa ha una radice nella nostra evoluzione. «Considerando la lunga storia dell’Homo sapiens, solo da pochissimo tempo siamo così longevi. Probabilmente il nostro cervello è fatto per rimanere super efficiente solo per quei tre o quattro decenni che sono stati l’aspettativa media di vita per almeno 150.000 anni».
Per fortuna l’istruzione scolastica permette di mettere una toppa che persiste nel tempo. «Abbiamo poi considerato 70.000 soggetti che hanno effettuato un secondo test cognitivo dopo 100 giorni dal primo, e abbiamo riscontrato che la maggiore istruzione è associata a una lieve superiorità nell’apprendere compiti nuovi, come quelli dei test online. E più alto è il livello di istruzione, maggiore è il miglioramento tra il primo e il secondo test, anche se il punteggio di partenza è già più alto. Ciò supporta l’idea che a scuola impariamo ad imparare. E che, in un certo senso, non è mai troppo tardi: gli effetti dello studio sono più forti da giovani, quando il cervello è più plastico. Ma – come suggeriscono nostre ricerche passate – un adulto che si rimette a studiare con dedizione, anche se per un breve periodo di tempo, può ancora cambiare il proprio cervello».
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