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Rilanciare la Legge Basaglia per aiutare le residenze di salute mentale

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Pazienti psichiatrici, un disegno di legge per rilanciare Basaglia. Più di 20 mila pazienti sono ospitati in residenze di salute mentale. E alcuni vi rimangono inerti per più di 30 anni. Anche la contenzione fisica, ormai illecita, è talvolta ancora messa in atto: dati che devono essere riconsiderati per una migliore gestione dell’assistenza psichiatrica.

PIÙ DI UNA persona su 100 è affetta da un disturbo mentale grave e ancora numerosi servizi di salute dedicati a queste patologie severe operano la contenzione meccanica del paziente, una pratica, ormai illecita, che serve a contenere la persona e limitarne i movimenti. Si tratta di dati che fanno riflettere, su cui si può fare ancora tanto: a questo proposito, oggi, la Senatrice Nerina Dirindin di Mdp e il Senatore Luigi Manconi del Pd hanno presentato, presso il Senato della Repubblica, un Disegno di legge (Ddl AS 2850) per rilanciare la legge Basaglia, la legge n. 180 del 13 maggio 1978, a quasi 40 anni dal suo compleanno.

In un periodo di crisi economica, sociale e culturale, l’unica evidenza scientifica con cui si manifestano gli effetti negativi di questa crisi si “vede” proprio sulla salute mentale dell’individuo, come sottolinea la senatrice Dirindin: ansia, depressione e patologie che colpiscono la mente anche molto serie rappresentano spesso manifestazione di questo disagio. “Le armi scientifiche e legislative – le stesse fornite dalla legge Basaglia – ci sono, ha spiegato la senatrice Dirindin, sono valide e sono in parte state sfruttate, tuttavia talvolta manca la capacità di metterle in atto in maniera completa e adeguata”. Di qui, la necessità di rilanciare, con un nuovo disegno di legge, il “passaggio dalla teoria alla pratica”. Ecco come fare.

La legge Basaglia. Ben 39 anni fa, questa legge, che prende il nome dal noto psichiatra e neurologo italiano Franco Basaglia, che ha posto le basi del concetto moderno di salute mentale, aboliva i manicomi, sopprimendo il concetto di ospedale psichiatrico come struttura non adeguata, e delineava una fitta rete di servizi alternativi per trattare queste patologie. Una partenza ottima, quella italiana, che ha visto il nostro paese riconosciuto a livello internazionale come precursore nell’ambito della cura della salute della mente. Tuttavia, nonostante siano trascorsi quasi 40 anni, l’impalcatura dell’assistenza psichiatrica non è ancora così forte e sono presenti diversi “buchi” nella sua rete. Un po’ come in una sorta di piramide della cura, tale assistenza si fonda oggi su diversi presidi, che, partendo dalle fondamenta della piramide e salendo verso l’alto, sono i seguenti: i Dipartimenti di salute mentale (Dsm), i Centri di salute mentale (Csm), i servizi psichiatrici di diagnosi e cura e (Spdc) ed altri servizi. Ma in certi casi questa piramide è così solida.

Le criticità. Quali sono i buchi di questa rete? La non sempre adeguata organizzazione e distribuzione dei ruoli dei diversi organismi che costituiscono la rete di cura, prosegue la senatrice. Ad esempio, si legge nel disegno di legge odierno, i dipartimenti Dsm vanno diminuendo in maniera spesso non propria, i centri Csm non sono sempre distribuiti in maniera omogenea sul territorio, mentre il funzionamento dei servizi Spdc, attivi 24 ore su 24, dipende dalle buone fondamenta della piramide. Luoghi di cura a volte degradati, prosegue la senatrice, possono avere effetti negativi non solo sul benessere del paziente, ma anche sull’operatore che viene demotivato: per questo le strutture devono essere riqualificate. “Altro problema – spiega Dirindin –, la necessità di contrastare la pratica della contenzione meccanica del paziente e il bisogno di una migliore gestione dei casi di emergenza-urgenza con il Trattamento sanitario obbligatorio (Tso), cui si ricorre talvolta troppo frequentemente”. Si va da 6 Tso su 100mila persone in alcune regioni a 30 Tso su 100mila in altre regioni. Come mai? Proprio perché si registrano disparità territoriali e una carenza dell’offerta soprattutto nelle fasi iniziali, quando il disagio mentale è ancora sul nascere.

Altro punto critico, proseguono gli esperti, il “dominio” anche economico, rispetto alla ripartizione del budget della spesa per la salute mentale, delle strutture residenziali, dove si stima, anche se i dati sono ancora da verificare, che possano risiedere più di 20mila persone e forse fino a 30mila. E molte persone vi rimangono inerti per più di 30 anni. “Così – ha spiegato a Repubblica lo psichiatra Peppe Dell’Acqua, fondatore della Collana 180, Archivio critico della salute mentale – si rischia di perdere il significato originario e l’obiettivo con cui queste strutture sono state concepite, dato che talvolta queste residenze rischiano di diventare contenitori di emarginazione sociale della disabilità psichica”. Insomma, in questi casi si andrebbe quasi nella direzione contraria rispetto agli intenti di Basaglia.

Ma non tutto è critico e ci sono anche ottimi punti di forza nella rete dell’assistenza psichiatrica, con importanti realtà che hanno dato prova di strutturare i servizi necessari insieme alla persona con disagio, alla sua famiglia, alle associazioni di pazienti e alla realtà sociale più estesa: esempi d’eccellenza che possono rappresentare una sorta di guida su come poter intervenire al meglio.

Il disegno di legge. Dal Piano nazionale per la salute mentale, che prevede interventi pratici, attuativi e preventivi, alla riduzione dello stigma e della discriminazione, fino a regole per articolare i servizi sulla base dei diprtimenti, i Dsm, spesso diminuiti in numero e accorpati, che invece sono il cuore dell’assistenza. Questi sono solo alcuni delle misure previste dal disegno di legge presentato oggi. E poi, vi sono disposizioni per il trattamento della crisi e delle urgenze, vietando esplicitamente nell’articolo 10 la contenzione meccanica, illecita e illegittima, e un raccordo fra i Dsm, gli istituti di pena e le Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza), dove risiedono persone con disturbo mentale che hanno commesso un reato. Senza dimenticare i finanziamenti per il personale, la formazione e la riqualificazione dei luoghi di cura. Insomma, un nuovo spiraglio di luce per accendere la salute nella mente.

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