Modificazioni dell’amigdala originano disturbi comportamentali

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Il disturbo ossessivo compulsivo e le alterazioni della «sostanza bianca». La ripetitività dei comportamenti e delle attività mentali, tipica della patologia, non permetterebbe la realizzazione dei normali cambiamenti strutturali cerebrali.

Migliorano le conoscenze sulle possibili anomalie strutturali presenti nel cervello di chi soffre di un disturbo ossessivo compulsivo. Si tratta di un disturbo caratterizzato da sintomi come idee e impulsi ricorrenti e persistenti riconosciuti come privi di senso dallo stesso individuo (ossessioni) e da comportamenti ripetitivi spesso messi in atto proprio in risposta alle ossessioni, o con lo scopo di prevenire e neutralizzare eventi o situazioni temute (compulsioni). Uno studio realizzato da un ampio gruppo di ricercatori internazionali, pubblicato sulla rivista Translational Psychiatry indica che nella genesi di questo disturbo potrebbero essere coinvolte anche alcune aree cerebrali posteriori, estendendo così il network di aree coinvolte, finora considerate soprattutto quelle anteriori, come i lobi frontali, e i nuclei di sostanza grigia profondi, come il nucleo striato.

Alterazioni molto estese

Disturbo ossessivo compulsivo e ruolo della sostanza bianca«I risultati del nostro studio estendono le conoscenze relative alla localizzazione delle anomalie cerebrali nel disturbo ossessivo compulsivo — dicono Fabrizio Piras e Federica Piras, neuropsicologi e ricercatori del Santa Lucia IRCCS di Roma, e Gianfranco Spalletta, psichiatra e direttore del laboratorio di neuropsichiatria del Santa Lucia IRCCS di Roma —. Nel corso delle ultime decadi è stato stabilito che alla base del disturbo c’è un’alterazione del circuito fronto-striatale – lobi frontali e striato. Successivamente il modello neuroanatomico è stato integrato con le aree cerebrali implicate nell’elaborazione delle emozioni, come la corteccia del cingolo, l’amigdala e l’ippocampo. I risultati del nostro studio indicano ora il coinvolgimento anche di aree cerebrali posteriori e sembrano confermare che il disturbo sia da ricondursi ad alterazioni molto più estese di quanto ritenuto finora». Ma quali sono esattamente le alterazioni alle quali le aree cerebrali vanno incontro in questo disturbo? «Diverse evidenze sperimentali suggeriscono l’esistenza di anomalie nella mielinizzazione della sostanza bianca».

Il processo di mielinizzazione

La mielinizzazione è un processo maturativo delle fibre nervose che le rende progressivamente più isolate e permette così una più veloce ed efficiente trasmissione dell’informazione, quindi una migliore funzionalità. Alterazioni della mielinizzazione oggi sono ritenute potenzialmente responsabili di diversi disturbi psichici. Spiegano ancora i ricercatori: «L’osservazione che alcuni tratti compulsivi sono correlati al processo di mielinizzazione anche nella popolazione normale suggerisce che la compulsiva attuazione di determinati comportamenti o processi mentali possa alterare nel tempo i processi normali di mielinizzazione, con una ridotta crescita della guaina mielinica sin dall’adolescenza.

Poi questi effetti si protrarrebbero nell’età adulta. La ripetitività di comportamenti e attività mentali, tipica del disturbo ossessivo compulsivo, non permetterebbe infatti la realizzazione di quei normali cambiamenti strutturali cerebrali che sono conseguenza dell’interazione con l’ambiente, interferendo quindi con il processo di maturazione delle fibre nervose, guidato dall’esperienza. Anche la scarsità di fattori che stimolano il processo di mielinizzazione, come l’esposizione a stimoli esterni che promuovono l’organizzazione e riorganizzazione della sostanza bianca, potrebbe giustificare le alterazioni osservate nei pazienti adulti affetti da disturbo ossessivo compulsivo. Un ambiente impoverito è, infatti, sia causa sia conseguenza del disturbo ossessivo-compulsivo».

Il ruolo dei farmaci

Sembra inoltre esistere anche una relazione tra integrità di alcuni tratti della guaina mielinica e l’assunzione di farmaci utilizzati per il controllo dei sintomi ossessivo-compulsivi. «L’alterazione della sostanza bianca potrebbe essere anche in qualche modo correlata alla farmacoterapia. Infatti, alcuni dei farmaci utilizzati per il trattamento di questo disturbo, come gli inibitori della ricaptazione della serotonina e certi antipsicotici, potrebbero, nel tempo, influenzare la proliferazione delle cellule responsabili del processo di mielinizzazione. Il funzionamento di questi farmaci è infatti basato sulla riduzione dell’efficienza e velocità di trasmissione all’interno del circuito cerebrale responsabile del disturbo, generalmente caratterizzato da iperattività».

Lo studio è stato realizzato utilizzando la Diffusion Tensor Imaging (DTI), una tecnica che sfrutta i principi della risonanza magnetica per quantificare il movimento delle molecole d’acqua all’interno del tessuto cerebrale. «Tramite l’analisi di alcuni indici derivati da questa metodica è possibile evidenziare le alterazioni microstrutturali a carico dei fasci di fibre che connettono le varie aree cerebrali. Il nostro studio dimostra la presenza di tali alterazioni nella sola popolazione adulta, alterazioni che possono essere considerate un segnale di malattia, dal momento che sono correlate ad alcune variabili cliniche, come l’età di esordio e la durata di malattia, anche se non sembrano correlare con la gravità dei sintomi. Interessante notare che non abbiamo trovato alcun risultato significativo nella popolazione pediatrica e questo fa pensare che le alterazioni microstrutturali possano presentarsi più tardivamente nella progressione della malattia».

Ricorrere alla psicoterapia

Queste ricerche offrono non solo una miglior comprensione dei meccanismi neurobiologici del disturbo ossessivo compulsivo, ma aprono anche a potenziali indicazioni per i possibili trattamenti. «Dato che l’eventuale alterazione del processo di mielinizzazione sembra avere luogo durante l’adolescenza, in corrispondenza con un momento di intenso sviluppo cerebrale, interventi mirati alla promozione del processo maturativo della sostanza bianca potrebbero essere utilmente attuati in questa fase di crescita — concludono Piras e Spalletta —.  In particolare, un ambiente ricco di stimoli cognitivi e sociali potrebbe risultare utile nell’orientare positivamente i processi di riorganizzazione cerebrale che generalmente hanno luogo durante l’adolescenza.  Per quanto riguarda l’età adulta, considerato l’eventuale effetto avverso a lungo termine della farmacoterapia sul processo di mielinizzazione, sarebbe utile considerare tutte le volte che è possibile il ricorso a tecniche psicoterapiche, soprattutto cognitivo-comportamentali, optando per i farmaci solo in caso di un eventuale fallimento della psicoterapia. Poiché anche il cervello adulto mostra un certo grado di plasticità, eventuali interventi di stimolazione e neuroriabilitazione cognitiva potrebbero risultare utili anche dopo l’adolescenza».

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