L’antichissimo enigma del Quadrato del Sator. Probabilmente lo avete visto scritto su qualche muro, su qualche parete di anfiteatro romano oppure a lato di una strada, sulla facciata di una chiesa o chissà dove altro. Forse vi siete chiesti cosa rappresentassero tutte quelle parole, magari costituiscono un primo tentativo di parole “intrecciate” dell’antichità, magari un semplice rompicapo degli antichi romani. Non vi siete sbagliati di molto, e non ne sapete molto di meno dei tantissimi che hanno tentato di trovare una soluzione al quadrato “Sator”, risalente al tempo dell’antica Roma.
In realtà ci troviamo di fronte a un gioco di parole curiosissimo, che viene descritto da un numero impressionante di aggettivi per parole e frasi.“Sator Arepo Tenet Opera Rotas”, la lettura delle parole che viene fatta nel tradizionale sistema latino da sinistra a destra, dall’alto in basso, è una frase che può avere molti significati, li vedremo dopo, ma prima di tutto possiamo notare che è palindroma, quindi può esser letta anche da destra a sinistra. Ma non solo. Se leggiamo le parole in verticale, partendo dalla colonna a sinistra dall’alto in basso e seguendo a destra, leggiamo sempre “Sator Arepo Tenet Opera Rotas”, così come se leggiamo partendo dalla colonna di destra ma dal basso verso l’alto.
Come lo si legga lo si legga vien fuori questa frase, ma cosa significa?
Tentiamo di dare una prima interpretazione per soddisfare l’esigenza dei più curiosi. Sator è il soggetto della frase ed è interpretabile come “seminatore”, in qualsiasi significato lo si possa intendere. Può essere figurato nel senso di divinità oppure seminatore nel senso agricolo, oppure seminatore anche nel senso di padre. In tutti i casi l’accezione da dare alla parola è questa, non ci sono tanti dubbi.
Il vero problema è con la seconda parola, “Arepo”. Questa non compare in altri testi latini. Nessuno. E’ esclusiva del quadrato Sator, ed è per questo risulta tanto criptica. La prima possibile interpretazione è quella di un nome proprio, Arepo sarebbe quindi un vocabolo che indica un nome. Però è curioso non compaia in alcun altro scritto, nonostante Arepo sarebbe stato al minimo un nome famosissimo, vista la quantità di quadrati Sator presenti nell’Impero Romano.
Un’altra interpretazione della parola Arepo è quella di “Roncola”, lo strumento che si utilizza per mietere il grano. Nel latino tardo medievale “aripus” significava falcetto, dal greco ἅρπη, uno strumento che veniva associato a Saturno, protettore dell’agricoltura. Quindi “Sator Arepo” sarebbe il seminatore (Saturno) con la roncola.
Le tre parole finali sono le più semplici perché siamo sicuri del loro significato. “Tenet, opera, rotas” significa grossomodo: “tiene con cura le ruote”, oppure “guida con cura le ruote”, ma il concetto non cambia.
Tutta la frase potrebbe significare quindi:
Il Seminatore con la roncola guida con cura le ruote
oppure anche:
Il seminatore Arepo guida con cura le ruote
Altre possibili interpretazioni sono: “Il seminatore, con il carro, guida con cura le ruote”, dal termine gallico “Arepos” che intendeva un carro, oppure anche “pezzo di terra”, quindi “Il seminatore nel campo guida le ruote celesti”. Altri significati attribuiti alla frase sono ancor più distanti e fantasiosi: “Il Seminatore di un arepo mantiene con il suo lavoro il convento”, oppure “Il Creatore delle terre tiene (governa) le ruote celesti”. Insomma ci si può sbizzarrire quanto si vuole andando a cercare significati per Arepo e di conseguenza un’interpretazione fantasiosa delle altre parole, ma la realtà è che Arepo costituisce un “Hapax legomenon”, ovvero una parola che non compare altrove in nessuna forma, e quindi non è identificabile con certezza.
E se le parole fossero acronimi e acrostici?
Quelli di cui vi ho parlato sono i significati leggendo in modo tradizionale le parole del quadrato del Sator. Ma la parole potrebbero anche essere degli acronimi, quindi nascondere significati più complessi. Ad esempio Arepo potrebbe essere “Aeternus Rex Excelsus Pater Omnipotens” (Eterno re eccelso, Padre Onnipotente), e tenet potrebbe essere “Tota Essentia Numero Est Tracta (“L’intera essenza è ottenuta con il numero”) o Tecta Erat Nocte Exordio Terra (“In principio la Terra era ricoperta dalle tenebre”), e così via. Chi l’ha inventato si è divertito parecchio, e ha realizzato un componimento in grado di far scervellare gli appassionati di enigmi per secoli.
A quando risale il quadrato del Sator?
I primi esempi conosciuti del quadrato risalgono a un periodo certamente precedente l’eruzione di Pompei. Nella città sotto il Vesuvio sono stati infatti ritrovati diversi quadrati del Sator, almeno tre, di cui uno nella villa di Paquio Proculo e uno in una colonna della Palestra Grande. Dopo l’eruzione si continuò a riportare il quadrato un po’ ovunque. Lo troviamo in Inghilterra a Cirencester, antica Corinium, ma anche in Francia a Rochemaure, Le Puy-en-Velay, a Oppède in Vaucluse, oppure a Santiago di Compostela in Spagna, nelle rovine della fortezza romana di Aquincum in Ungheria, a Riva San Vitale in Svizzera, e in Italia nelle abbazie di Veroli e Montecassino, nella Pieve di San Giovanni a Campiglia Marittima, nelle chiese di Santa Maria Maddalena in Campo Marzo a Verona e di San Michele di Pescantina, nel Duomo di Siena e in tanti, tantissimi altri luoghi.
E’ interessante notare come il Quadrato del Sator sia stato trovato in contesti spesso legati al cristianesimo, e di come non se ne conoscano esempi antecedenti alla diffusione della nuova religione. A Pompei fra l’altro è certa la diffusione del cristianesimo prima dell’eruzione, quindi i cristiani avrebbero fatto appena in tempo a lasciarci la testimonianza scritta, poco prima di esser sepolti dalle ceneri e lapilli del Vesuvio.
Che il Quadrato del Sator sia un simbolo cristiano?
La soluzione al quesito è interessante, perché “Sator” potrebbe essere interpretato non come Saturno ma come “Dio Padre”, e quindi la frase assumerebbe un significato profondamente differente. La traduzione nel senso più cristiano potrebbe essere “Il Creatore, l’autore di tutte le cose, mantiene con cura le proprie opere”, ma il quadrato può essere anche anagrammato nel modo che vediamo sotto in figura:
Dove la parola “Paternoster” ricorre in una croce greca con quattro lettere di scarto, A e O, alfa e omega, che potrebbero significare, nella simbologia cristiana, l’inizio e la fine (sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco). Secondo l’interpretazione religiosa il quadrato del Sator potrebbe essere un simbolo per i cristiani, un riconoscimento fra gli adepti alla nuova religione durante le persecuzioni romane. In questo caso la storia fa acqua da tutti i buchi perché le prime persecuzioni su larga scala avvennero in epoca molto più tarda rispetto all’eruzione di Pompei, nel III e IV secolo, e quindi questa interpretazione mi sento di dire possa esser considerata una storpiatura della realtà storica.
Un simbolo Apotropaico?
Il quadrato del Sator potrebbe essere un simbolo, un augurio di fortuna e prosperità in grado di scacciare il malocchio, qualcosa di scaramantico. Questa tesi trova vigore nel suo impiego medievale, quando in pergamene, chiese e scritti di diverso tipo viene usato il Quadrato del Sator con funzione benaugurante per un parto, per far catturare un criminale, per migliorare i raccolti e via dicendo. Un amuleto contro il malocchio, da impiegare quando ce n’è più bisogno.
Cosa possiamo dire per concludere?
E’ intrigante pensare che 5 semplici parole latine possano nascondere tanti significati nascosti, un bell’esempio di quanto poco conosciamo del nostro passato. L’interpretazione semplice “Il Seminatore con la roncola guida con cura le ruote” si presta a tantissime deviazioni del significato, e (a parere di chi scrive) potrebbe celare semplicemente un proverbio, un modo di dire che noi moderni tentiamo in tutti i modi di capire senza riuscirvi.
Se avessimo incontrato un pompeiano qualunque nel 78 d.C. di fronte a un Quadrato del Sator ci avrebbe detto con estrema facilità il suo significato. Pensiamolo di fronte a un bambino curioso che gli chiede il significato:
“E’ un proverbio, significa che bisogna saper guidare il carro per raccogliere le messi”, oppure avrebbe risposto diversamente ma con uguale semplicità. Magari Arepo era un nome proprio, come suggerito da alcuni, una maschera divertente come “Arlecchino”, e chissà che significato assumeva per i latini inserito in quella frase.
La realtà è che probabilmente non sapremo mai cosa si nasconde dietro “Sator Arepo Tenet Opera Rotas”, fa parte di quel patrimonio culturale popolare ormai perso fra le sabbie del tempo, un enigma dei nostri avi che ci racconta quanto, senza precisi riferimenti che ci consentono di interpretarlo, il passato, anche abbastanza prossimo come l’epoca Imperiale di Roma, possa risultare completamente inintelligibile, imperscrutabile a noi moderni.
E dire che se l’avessimo chiesto a qualunque ragazzino in giro per Pompei ci avrebbe risposto con facilità: “Significa quello. Sì appunto. Sator Arepo Tenet Opera Rotas. E’ lampante”. Facile per lui, impossibile per noi.
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