Le streghe, “……. Come era messa la donna nel Medioevo? Diciamo male, anzi malissimo, un pochino peggio di come stavano le afghane sotto i talebani. Non poteva uscire di casa. Non poteva parlare con gli estranei, ne andare a scuola ne occupare posti di potere. (D’altronde, perfino mia madre, vissuta in epoca più moderna, e cioè nella prima metà del secolo scorso, pur appartenendo a una famiglia cosiddetta “per bene”, in quanto femmina, non era andata oltre la terza elementare.
Solo ai maschi era consentito frequentare le scuole superiori. La donna doveva starsene a casa, buona buona, e aspettare che qualcuno (possibilmente ricco) se la sposasse. Quasi sempre la scelta non la faceva la diretta interessata, ma i suoi genitori o un’intermediaria. D’altra parte, come avrebbe potuto scegliersi il futuro sposo se non le era mai stato permesso di cacciare il naso fuori dalla porta di casa?
Il percorso abituale di una donna medioevale, se bruttina, era letto-cucina, o cucina-letto. Se, invece, era bella veniva messa agli arresti domiciliari nel gineceo. Oddio, non che all’epoca di Pericle si vivesse meglio. Un solo episodio per rendersene conto. E’ l’ultimo giorno di vita di Socrate.
Il grande filosofo sta in carcere, circondato dai suoi discepoli, quando ecco apparire sua moglie Santippe. “O Socrate” dice la poverina, cercando di abbracciarlo, “questa è l’ultima volta che ti vedo! Tu muori innocente.” E lui, per tutta risposta, rivolgendosi a Critone: “Che qualcuno la porti via, per favore, altrimenti questa qui non ci lascia parlare”. La donna nel Medioevo era considerata il simbolo vivente del peccato originale. “La porta del diavolo”, per dirla con Tertulliano.
La classifica della stima vedeva al primo posto la vergine, al secondo la vedova e al terzo la donna maritata. Intorno all’anno Mille, poi, non ci voleva niente a far fuori una donna attraente. Bastava mettere in giro la voce che aveva avuto rapporti sessuali col demonio e la sventurata era bella che fritta, o per meglio dire “arrostita”: veniva condannata al rogo dopo aver subito un’adeguata tortura e aver raccontato per filo e per segno tutto quello che aveva fatto col demonio. Una scena del genere è possibile vederla in quel film capolavoro di Ingmar Bergman intitolato Il settimo sigillo. Il crociato interpretato da Max von Sydow si avvicina alla presunta strega e le chiede se davvero ha avuto rapporti con Satana, e lei, poverina, legata a una croce, con i polsi fratturati da precedenti torture, risponde di sì con un filo di voce, non avendo più nemmeno la forza di negare. Dopodiché il rogo.
Racconta Carlo il Buono: “Un giorno il conte di Thierry incontro’ sulla strada di Lillà una donna che gli spruzzò addosso dell’acqua. Ebbene, non ci crederete, ma da quel giorno il povero conte si ammalò di stomaco al punto da non poter più mangiare senza vomitare subito dopo. Ordinai, allora, ai miei cavalieri di rintracciare la strega, di legarla mani e piedi e di bruciarla viva”. Ed era Carlo il Buono: immaginiamoci se fosse stato il Cattivo!
I secoli in cui furono bruciate più donne sono stati il XIII e il XIV, quelli cioè dove a comandare era l’Inquisizione. La prima strega fu bruciata a Tolosa nel 1244. Famoso nel Trecento il supplizio di santa Guglielma la Boema. L’accusa più grave era quella di aver partecipato a un sabba.
Ma che cos’era un sabba? E’ presto detto: innanzi tutto, ci si arrivava volando a cavallo di una scopa, poi si partecipava a un banchetto, il più osceno che si potesse immaginare, e infine c’era la grande ammucchiata: streghe, demoni, scimmioni, cani mostruosi con due organi genitali, lupi, asini e via dicendo. Eccone uno descritto da Tersilla Gatto Chanu. Al sabba partecipavano uomini e donne di ogni tipo, età e ceto, ma soprattutto persone insoddisfatte della vita, donne sole, vedove, zitelle e puttane. Erano le “streghe”, il cui nome deriva da strix, il rapace notturno di ovidiana memoria, simbolo di un mondo tenebroso popolato d’insidie e di orrori.
L’azione si svolgeva secondo un canovaccio fisso: l’arrivo a cavallo di una scopa o di un pezzo di legno, l’omaggio al diavolo, il battesimo alla rovescia, il banchetto, le danze e per finire l’orgia sfrenata che si protraeva fino al mattino Tra le accuse più pesanti, quella di aver praticato l’omaggio a Satana, ovvero di avergli baciato l’ano, di aver succhiato il sangue dei cristiani e di aver mangiato le tenere carni dei neonati.
Tutte cose inventate, ovviamente, ma più che sufficienti per mandare al rogo una povera disgraziata. Una grande dimostrazione di stregoneria per le povere malcapitate era costituita in alcuni paesi dalla “prova di galleggiamento”: l’accusata veniva buttata letteralmente in un fiume e se non andava a fondo significava che era una strega. Si da il caso, pero’, che all’epoca molte donne sotto gli abiti lunghi e pesanti portassero varie sottovesti, sottane, corsetti e mutandoni, e che quindi le probabilità di rimanere a galla, formando con gli abiti quasi una ruota sull’acqua, fossero abbastanza alte…
L’anno che segna il passaggio della donna da essere inferiore a essere umano pari all’uomo è il 1968. Ogni volta che raccontiamo la storia di una donna dobbiamo precisare se i fatti che la riguardano sono avvenuti prima o dopo l’inizio dell’era femminile.
Mia sorella Clara, ad esempio, fino al giorno del matrimonio, avvenuto a trent’anni, non era mai uscita di casa da sola. Ricordo che una volta litigai con mia madre perché pretendeva che io l’accompagnassi insieme al fidanzato a comprare le bomboniere. “Non li lasciare soli” mi disse, “nemmeno nell’ascensore.” “Ma quelli si debbono sposare tra una settimana!” obiettai io. “Sì” ammise mia madre, “ma non si sa mai. E poi se la gente li vede tutti e due soli, che pensa?”
Tutto questo non avveniva nel Medioevo ma a Napoli nel 1953. | Comunque, che la donna fosse un essere inferiore non lo | pensavano solo il popolino, ma anche gli intellettuali. Abelardo, tanto per fare un nome, illustrando il passo della Bibbia dove si dice che Nostro Signore creò: l’uomo a propria immagine e somiglianza, tiene a precisare che l’immagine era da riferirsi all’uomo e la somiglianza alla donna. E san Tommaso, nella Summa cantra gentiles, scrive a chiare lettere che l’anima della donna è un’anima di seconda qualità, in pratica un’animuccia. Eppure, sia Abelardo che Tommaso erano due intellettuali di eccezionale livello.
Un residuo di questi pregiudizi si trova ancora nell’animo di alcuni miei concittadini. A Napoli, ad esempio, quando un automobilista si accorge che l’auto che lo precede ha svoltato all’improvviso senza mettere la freccia e che è guidata da una donna, non può fare a meno di esclamare: “E’ ‘na femmena!…..”
(Storia della filosofia medioevale – Luciano de crescenzo)
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